Turchia. Caso Brunson: gli Usa introducono le sanzioni. Possibile escalation tra paesi distinti e distanti

di Enrico Oliari

È ancora tutta da prevedere l’escalation che potrebbe innescarsi per le sanzioni Usa alla Turchia, minacciate ieri ed attuate oggi a seguito dell’arresto (ora ai domiciliari) del pastore evangelico Andrew Brunson, accusato di cospirazione e terrorismo per aver avuto all’indomani del fallito golpe (presunto o vero che sia stato) del 15 luglio 2016 contatti con il Pkk e con seguaci dell’imam Fethullah Gulen, ritenuto dal regime di Erdogan essere la mente della presunta azione eversiva.
Si tratta della prima volta che gli Usa adottano sanzioni verso un alleato Nato, ma senza essere troppo dietrologisti vien da pensare che forse è il casus in cui il presidente turco Recep Tayyp Erdogan sperava, dal momento che i rapporti fra i due paesi sono tutt’altro che rosei: negli Usa, a Philadelphia, vive il nemico giurato numero uno, il ricco imam Fethullah Gulen, che Washington si è rifiutata di estradare, come pure la Turchia sta stringendo rapporti sempre più stretti con la Russia di Vladimir Putin, che in Turchia sta costruendo una centrale nucleare, da cui acquista gas e armamenti e a cui vende beni di ogni genere, soprattutto l’agroalimentare.
Per ora – ma siamo ancora agli aspetti retorici – il segretario di Stato americano Usa, Mike Pompeo, ha voluto far vedere ad Ankara la “determinazione”, e sarà da vedere cosa uscirà dall’incontro a Singapore con il collega turco Mevlut Cavusoglu.
L’impressione che si ha è però che piano piano si arrivi ad una sorta di resa dei conti della Turchia con l’occidente, paese per la sua politica estera oggi distinto e distante sia dall’Ue che dalla Nato.
Per ora le sanzioni interessano Suleyman Soylu, ministro dell’Interno, e Abdulhamit Gul, ministro della Giustizia, “titolari – è stato spiegato dal dipartimento di Stato Usa – dei dicasteri maggiormente responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani avvenute finora in Turchia”.
Sono una ventina i cittadini statunitensi oggi imprigionati in Turchia, ma le accuse rivolte a Brunson potrebbero costargli 35 anni di reclusione, in un paese dove basta un nulla per finire dietro alle sbarre.