Turchia. Continuano i colloqui per normalizzare i rapporti con l’Armenia

di Alberto Galvi

Turchia e Armenia si sono impegnate a perseguire la normalizzazione dei rapporti. L’occasione è stata durante i colloqui tra il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu e il suo omologo armeno, Ararat Mirzoyan. Entrambe le parti hanno dato la disponibilità a stabilire relazioni e ad aprire i confini senza alcuna precondizione. Turchia e Armenia avevano già raggiunto un accordo nel 2009 per stabilire relazioni formali e aprire il loro confine, ma l’accordo non era mai stato ratificato a causa della forte opposizione dell’Azerbaigian.
Armenia e Turchia non hanno relazioni diplomatiche, vi è un confine terrestre chiuso e una profonda ostilità radicata nell’uccisione di massa di 1,5 milioni di armeni sotto l’Impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale, che molte nazioni riconoscono come genocidio. Ankara non ha mai affrontato ufficialmente la questione del genocidio armeno ed in proposito ha respinto le richieste da parte della diaspora armena in quanto “astratte e non ufficiali”, “costituite principalmente dai racconti dei discendenti diretti” di coloro che avrebbero vissuto i fatti, non resi ufficiali da parte dell’allora Repubblica Sovietica d’Armenia.
I due paesi hanno nominato a dicembre gli inviati speciali per normalizzare le relazioni, queste caldeggiate da Russia e Azerbaigian. All’inizio di febbraio sono ripresi dopo due anni i primi voli commerciali tra Turchia e Armenia, ma il confine terrestre tra i due paesi è rimasto chiuso dal 1993 come reazione alle forze di etnia armena che hanno preso il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, per lo più abitata da una popolazione di etnia armena, e dei sette distretti circostanti.
Questo recente tentativo di normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Armenia dovrebbe essere inquadrato nel contesto delle conseguenze della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 tra Armenia e Azerbaigian e delle gelide relazioni sul tema tra Ankara e Washington, soprattutto sulla scia del riconoscimento del genocidio armeno da parte del presidente americano Joe Biden.