Riccardo Renzi * –
Ormai quotidianamente si sente parlare delle continue proteste che imperversano nelle città della Turchia, la quale vive un momento cruciale della sua storia politica. Mentre il paese si avvicina alle presidenziali del 2028, la tensione tra un sistema democratico in via di erosione e una crescente deriva autoritaria sembra raggiungere il suo apice. La recente vicenda che ha visto l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, un leader di opposizione di grande rilievo, ha messo in luce le sfide imminenti che il paese dovrà affrontare nei prossimi anni. Imamoglu, simbolo di un’opposizione unita e della speranza per una Turchia democratica, è stato arrestato con accuse che molti considerano politicamente motivate. Questo arresto, avvenuto a pochi giorni dalla sua candidatura alle primarie per le elezioni presidenziali del 2028, ha acceso le proteste in tutta la nazione, portando milioni di turchi in piazza per chiedere la sua liberazione e elezioni anticipate.
Nel contesto di un Erdogan sempre più concentrato nel consolidare il suo potere, la Turchia rischia di trovarsi a un bivio: potrà evolversi in una democrazia matura o scivolerà ulteriormente verso un regime autoritario? Il presidente turco, che ha saputo legare le istituzioni statali a sé e neutralizzare ogni forma di dissenso, sembra determinato a mantenere il controllo. A livello internazionale, Erdogan gode di una sorta di protezione geopolitica, con gli Stati Uniti che vogliono mantenere la Turchia come alleato strategico nel Medio Oriente e l’Unione Europea che, pur criticando la situazione interna, non può ignorare l’importanza del paese nel quadro della sicurezza regionale, in particolare nei confronti della Russia.
La resistenza interna, tuttavia, non è mai stata così forte. Le manifestazioni, che sono iniziate subito dopo l’arresto di Imamoglu, sono alimentate dalla frustrazione di una popolazione che si sente tradita dal governo. I giovani, spesso definiti i “fratelli minori di Gezi Park”, scendono in piazza non solo contro Erdogan, ma per difendere i principi fondamentali della democrazia, come la libertà di espressione, di stampa e di manifestazione. Se il governo risponderà con ulteriori repressioni, rischia di intensificare la polarizzazione sociale e di spingere il paese verso un conflitto politico ancora più profondo.
Il punto cruciale della transizione turca sta nell’equilibrio tra la volontà di democrazia dei giovani e la forza di un regime che appare sempre più resistente al cambiamento. La Turchia, infatti, si trova a un crocevia: o avrà successo un movimento per il rafforzamento della democrazia, o Erdogan riuscirà a consolidare un sistema che potrebbe definirsi, a tutti gli effetti, una dittatura. Ma la scelta non riguarda solo la Turchia: l’Unione Europea si trova di fronte a una decisione importante riguardo il suo rapporto con Ankara. Se la Turchia non sarà in grado di riprendersi un percorso democratico, rischia di allontanarsi ulteriormente dalla sua aspirazione di aderire all’UE, un processo che è stato ostacolato dalla mancanza di progressi in materia di diritti umani e libertà civili.
La risposta dell’UE alla crescente repressione in Turchia sarà determinante. In passato, l’Unione ha mostrato un approccio pragmatista, concentrandosi sulla sicurezza e sull’importanza strategica della Turchia nella regione. Tuttavia, ora potrebbe essere il momento di spingere per una vera democratizzazione, non solo per il bene della Turchia, ma per l’intera stabilità della regione. Se la Turchia non sarà in grado di sviluppare una democrazia funzionante, rischia di diventare una pedina nelle mani di alleanze geopolitiche che potrebbero mettere in discussione la sua posizione come punto di equilibrio tra l’Occidente e l’Est.
Le prossime elezioni presidenziali potrebbero essere un punto di svolta. Se il partito di Erdogan, l’AKP, manterrà il controllo, la Turchia potrebbe consolidare un sistema autoritario, facendo cadere definitivamente la maschera della democrazia. D’altro canto, un successo dell’opposizione, rappresentata da figure come Ekrem Imamoglu, potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase, caratterizzata da una ripresa delle libertà civili e della democrazia.
L’arresto di Ekrem Imamoglu, sebbene drammatico, ha avuto l’effetto di galvanizzare l’opposizione. Mentre il Partito Repubblicano del Popolo (CHP) raccoglie firme per chiedere elezioni anticipate e la liberazione di Imamoglu, la pressione sulla leadership di Erdogan cresce. L’opposizione, che ha visto un notevole aumento di adesioni, ha saputo canalizzare la frustrazione sociale in un movimento che non si limita più a chiedere il rilascio di un leader politico, ma invoca un cambiamento radicale del sistema politico turco. Le manifestazioni che hanno avuto luogo in diverse città della Turchia sono l’espressione di un desiderio di cambiamento che non si ferma all’elezione di un singolo leader, ma mira a trasformare il paese in un luogo in cui i diritti fondamentali siano rispettati.
Erdogan, tuttavia, è consapevole del sostegno internazionale che la Turchia può ancora raccogliere. Nonostante le critiche all’interno del paese e dalla comunità internazionale, in particolare dall’Unione Europea, Erdogan ha saputo navigare una geopolitica volatile in Medio Oriente. La sua gestione della crisi siriana, la sua posizione sulle migrazioni e il controllo strategico dei passaggi energetici sono tutte leve che lo hanno reso un interlocutore fondamentale, sia per gli Stati Uniti che per la Russia. Questo supporto internazionale gli conferisce una posizione relativamente solida all’interno del paese, ma le sfide interne potrebbero rivelarsi determinanti per la sua permanenza al potere.
Il futuro della Turchia appare incerto, ma non sono dubbi sulla sua centralità geopolitica. La Turchia deve decidere se proseguire lungo un sentiero autoritario che ha visto una progressiva limitazione delle libertà civili e un consolidamento del potere presidenziale, o se intraprendere un percorso di democratizzazione che potrebbe rimettere in discussione l’intero sistema politico turco. Con la crescente opposizione giovanile e la resistenza della società civile, il paese è destinato a un periodo di grande instabilità politica. Le prossime elezioni e la risposta della comunità internazionale saranno decisive per determinare se la Turchia riuscirà a resistere alla tentazione autoritaria e a tornare su una strada che possa finalmente portarla verso una democrazia più completa e funzionante.
* Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia, Notizie Geopolitiche e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.