Turchia. La diga di Ilisu farà sparire il Kurdistan e la sua sotria

di Shorsh Surme –

Mentre alla 76° Assemblea generale dell’Onu si discuteva la tutela dell’ambiante, in Turchia si continuava al complimento della costruzione della diga di Illisu sul fiume di Tigre (Dicle), nel cuore del Kurdistan della Turchia (Nord Kurdistan). Così il governo “democratico e civile” turco distruggerà l’intero territorio del Kurdistan. È iniziato a fine luglio il riempimento della diga di Ilisu, che ha cominciato a cancellare 12 mila anni di storia
Durante tutti gli anni ’90 le forze di sicurezza turche hanno distrutto sistematicamente 3.349 villaggi curdi e reso profughi più di due milioni e seicentomila persone, tra cui cristiani assiro-aramaici.
Fino ad oggi le autorità turche hanno rifiutato la ricostruzione dei paesi, anzi, con la costruzione della diga di Ilisu più di 313 Km quadri di terreno lungo il Tigri stanno inondati.
Tra essi anche parte del sito archeologico e storico di Hasankeyf, nel cuore del Kurdistan, a 32 km da Batman, dove si trovano le rovine della capitale artuchide del XII secolo.
I basamenti attualmente visibili del ponte che un tempo si stendeva sul fiume Tigri, e collegava le due parti della città con il palazzo ora in rovina, situato all’interno della cittadella, evocano i fantasmi di una dinastia svanita.
Hasankeyf è forse il centro più importante per la cultura curda, meta di pellegrinaggio per oltre 30mila persone l’anno. Hasankeyf è sede di luoghi sacri e di siti archeologici di valore inestimabile e una storia di 5mila anni, i cui monumenti attiravano migliaia di turisti ogni anno, prima che la guerra trasformasse il Kurdistan in un immenso campo di concentramento.
Un altro caso lo troviamo nella pianura di Harran, luogo mitico nella storia della civiltà dove sorgeva il leggendario “Tempio del Peccato”, scomparso sotto le acque della prima diga Ataturk sul fiume Tigri (Firat) insieme a più di sei cento villaggi; gli abitanti furono deportati a Istanbul e a Ankara.
Attualmente è in atto una campagna internazionale contro la costruzione della diga di Ilisu; il governo turco pare però intenzionato a proseguire nel suo progetto: non ha mai investito nulla per il mantenimento di questi luoghi e siti archeologici che si trovano nel territorio del Kurdistan, semmai li ha distrutti per cancellare la storia e la cultura millenaria del popolo curdo. La rilocazione forzata minaccia più di 43.700 curdi.
Il megaprogetto della diga Ilisu comprende anche un fattore di rischio sicurezza politica. La Siria e l’Iraq, il cui confine dista a 65 chilometri, già sono in crisi idrica in quanto la Turchia di Erdogan non lascia scorrere le acque, e si teme che venga danneggiata qualità e quantità dell’acqua destinata al paese. 
Ma una guerra a causa dell’acqua è l’ultima cosa che servirebbe a quella regione già in crisi. Esiste il concreto pericolo che la Turchia sfrutti l’attuale guerra in Siria per conquistare il Kurdistan autonomo nel nord della Siria. In questo modo si affosserebbe l’istituzione di una possibile autonomia per le regioni curde.
Ora si spera che tutti i paesi democratici, in primis l’Unione Europea, possano far pressione sul serio e non solo a parole sul governo turco affinché fermi questo mega cantiere, al fine di salvare sia centinaia di villaggi curdi sia il destino di Hasankeyf, che viene considerato patrimonio universale.