
di Riccardo Renzi –
Il recente arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e principale oppositore del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha scosso profondamente la politica turca e suscitato forti reazioni in tutto il Paese e a livello internazionale. Imamoglu, membro del Partito Popolare Repubblicano (CHP) e favorito nelle primarie del suo partito per le presidenziali del 2028, è stato arrestato insieme a decine di collaboratori e altri membri del suo partito con l’accusa di “corruzione”, “terrorismo” e “aiuto al PKK” (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Le accuse, a molti osservatori, sembrano essere un pretesto per fermare la sua ascesa politica e impedire la sua candidatura presidenziale.
Ekrem Imamoglu, eletto sindaco di Istanbul nel 2019, aveva rappresentato una sfida significativa per Erdogan e il suo partito, l’AKP, soprattutto dopo aver strappato la città più importante della Turchia dalle mani del partito di governo, che la controllava da 25 anni. La vittoria di İmamoglu, sancita anche da una seconda elezione ripetuta a seguito di accuse di irregolarità da parte dell’AKP, ha segnato un momento storico per la politica turca, con l’opposizione che ha preso slancio non solo a Istanbul, ma anche in altre città chiave come Ankara.
Negli ultimi anni le tensioni tra Imamoglu e Erdogan sono aumentate, con quest’ultimo che ha utilizzato tutte le leve a sua disposizione per tentare di neutralizzare un rivale sempre più popolare. L’arresto di İmamoglu arriva a pochi giorni dalle elezioni primarie del CHP, in cui era considerato il candidato favorito per le presidenziali del 2028. Inoltre, poche ore prima dell’arresto, l’Università di Istanbul ha invalidato il suo diploma di laurea, un atto che ha suscitato sospetti di un tentativo mirato a impedirgli di candidarsi, dato che la legge turca richiede il diploma di laurea per correre alla presidenza.
Le accuse mosse contro İmamoglu sono pesanti e vanno dalla corruzione al favoreggiamento di un’organizzazione terroristica, il PKK, che da anni è al centro della repressione del governo turco. Tuttavia, le accuse di legami con il PKK appaiono ai più come una mossa strategica per legittimare l’operato del governo e ridurre la popolarità di un avversario sempre più potente. Da tempo Erdogan e il suo governo hanno utilizzato l’accusa di terrorismo per giustificare l’arresto di oppositori politici, attivisti e giornalisti, ma il caso di Imamoglu ha un valore simbolico particolare, dato il suo ruolo di figura emergente nel panorama politico nazionale.
In questo contesto l’arresto di Imamoglu non può essere visto come un episodio isolato, ma piuttosto come l’ennesima tappa di una strategia di accerchiamento politico messa in atto dal governo turco per consolidare il potere nelle mani di Erdogan. Il presidente, infatti, ha spesso messo in atto politiche repressive contro l’opposizione, cercando di minimizzare la capacità di contestazione e di creare un clima di paura tra chi osa sfidarlo.
L’arresto ha provocato una forte reazione da parte della società civile turca. Migliaia di persone sono scese in piazza in diverse città, tra cui Istanbul, Ankara e Smirne, per protestare contro quello che considerano un attacco alla democrazia e alla volontà popolare. Nonostante i divieti imposti dalle autorità, le manifestazioni sono continuate, a dimostrazione della determinazione di coloro che sostengono Imamoglu e la sua visione di un Paese più democratico e meno polarizzato.
A livello internazionale, l’Unione Europea ha sollevato preoccupazioni per il rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto in Turchia. Kaja Kallas, alto rappresentante dell’UE per la politica estera, e Marta Kos, commissario europeo all’allargamento, hanno dichiarato che l’arresto di İmamoglu solleva interrogativi sul rispetto delle tradizioni democratiche del Paese e sulle prospettive future di adesione della Turchia all’Unione Europea.
L’arresto di Imamoglu ha avuto anche ripercussioni sul piano economico. La Borsa di Istanbul ha registrato un crollo significativo, con l’indice Bist che ha perso oltre l’8% in poche ore, mentre la lira turca ha toccato nuovi record negativi nei confronti dell’euro e del dollaro. Il clima di incertezza politica ha spinto gli investitori a vendere azioni, riflettendo la preoccupazione crescente per la stabilità economica e politica del Paese.
Nel frattempo, l’arresto di İmamoglu potrebbe anche avere effetti sull’assetto politico interno. Se da un lato l’opposizione al governo sembra rafforzarsi in risposta alle manovre di Erdogan, dall’altro il governo ha mostrato una determinazione incrollabile a mantenere il controllo del potere. La Turchia si avvicina così a una nuova fase di conflitto politico interno, che potrebbe culminare in elezioni anticipate o in una nuova escalation delle tensioni tra governo e opposizione.
L’arresto di Ekrem Imamoglu rappresenta un momento cruciale nella storia politica della Turchia. Da un lato, segna il tentativo di Erdogan di consolidare il suo potere in vista delle elezioni presidenziali del 2028, ma dall’altro, evidenzia le crescenti tensioni all’interno del Paese, sempre più diviso tra un governo autoritario e un’opposizione che, nonostante le repressioni, sta guadagnando sempre più consensi. In un clima di crescente incertezza politica ed economica, la Turchia sembra trovarsi di fronte a una nuova battaglia per la democrazia, la giustizia e il futuro del Paese.