Turchia. Origine, evoluzione e ruolo della Tika, strumento fondamentale della politica estera

di Armando Donninelli –

La Turkish Cooperation and Coordination-Agency (TIKA) è un dipartimento governativo turco che dipende direttamente dal primo ministro. Fu costituita nel gennaio del 1992 come agenzia tecnica internazionale sottoposta al controllo del Ministero degli Esteri, nel 1999, visto il suo ruolo crescente, passò sotto la diretta dipendenza del capo del governo.
La TIKA fu fondata con lo scopo specifico di operare nel bacino ex sovietico, con iniziative di vario tipo, al fine di cercare di riunire le popolazioni turcofone di tale contesto geografico. Particolarmente rilevante era, in tale fase, il coordinamento degli aiuti provenienti da istituzioni e organizzazioni aventi sede in Turchia.
All’inizio del terzo millennio la TIKA aveva notevolmente ampliato il contesto geografico nel quale operava. Nel 2001 era già operativo in oltre cento paesi del mondo, ciò con progetti di vario tipo ma con particolare attenzione alla realizzazione di infrastrutture e allo sviluppo delle risorse umane in base al know-how turco.
Fra il 1992, anno in cui iniziò ad essere operativa, e il 2002, anno dell’ascesa al potere in Turchia del partito filo islamico AKP, la TIKA realizzò nel contesto geografico citato sopra 2241 progetti. Un ruolo certamente importante che però, una volta arrivato al governo il partito di Erdogan, venne a incrementarsi notevolmente. Basti pensare che nel decennio tra il 2003 e il 2013 il budget complessivo assegnato alla TIKA fu di cinque volte superiore a quello previsto per il decennio tra il 1992 e il 2002.
Il neo primo ministro turco Erdgogan, appena assunto il controllo della TIKA, dedicò particolare attenzione alla cooperazione allo sviluppo con alcuni paesi africani, in particolare del sub Sahara come Etiopia e Senegal. Parallelamente al crescente ruolo di tale agenzia governativa nello sviluppo di alcune zone dell’Africa, anche il ruolo politico della Turchia cresceva in quel continente. Nel 2005 il paese anatolico fu ammesso come osservatore nell’Unione Africana e nel 2008 venne riconosciuto come “partner strategico”, sempre da parte dell’Unione Africana. Un riconoscimento, quest’ultimo, estremamente importante e che apriva al governo di Ankara del prospettive di assoluto privilegio nelle relazioni con i paesi africani.
Basti pensare che nell’agosto del 2008 si tenne il primo dei “Summit Turchia-Africa”, si tratta di vertici quinquennali in cui i capi di stato e di governo adottano decisioni risolutive su quanto è stato già delineato negli incontri periodici tra ministri degli Esteri ed alti funzionari in ordine alle relazioni politiche ed economiche tra Ankara e i paesi africani.
Gli innegabili sforzi e i risultati positivi ottenuti della Turchia nel cercare di favorire lo sviluppo di paesi più arretrati furono apprezzati anche dalle Nazioni Unite che, come forma di riconoscimento, stabilirono la sede della Quarta Conferenza ONU sui paesi in via di sviluppo a Istanbul nel maggio del 2001.
Parallelamente all’Africa la TIKA, sotto la gestione dell’AKP, ha cercato di rafforzare i legami storici e culturali tra la Turchia e la regione da essa dominata per secoli, vale a dire la penisola balcanica. L’importanza che viene attribuita a tale area geografica viene dimostrata chiaramente dal fatto che la TIKA ha aperto sedi operative in tutte le capitali dei paesi della regione. Compito di tali uffici è identificare e sviluppare programmi di assistenza e cooperazione in ambito economico, sociale, culturale ed educativo.
In concreto l’attività di tale agenzia in questo contesto si è sviluppata soprattutto di vecchi edifici risalenti al periodo ottomano, e in tal modo riappropriarsi di un patrimonio culturale inevitabilmente soggetto a decadenza a causa dell’incuria.
In tale encomiabile sforzo le autorità turche hanno dato un’importanza rilevante al ripristino di vecchie moschee risalenti al periodo della dominazione ottomana ma, al tempo stesso, hanno provveduto alla costruzione di moschee completamente nuove. Va rilevato che in tale maniera le autorità religiose turche sono riuscite ad incrementare notevolmente la loro influenza nei luoghi di culto islamici della penisola balcanica, ciò in particolare per quanto riguarda l’interpretazione del Corano e, più in generale, per le questioni di carattere teologico.
In alcuni paesi della penisola balcanica la TIKA è molto attiva nel promuovere il “Progetto Turcologia”, fondato nel 1999 e avente lo scopo di incoraggiare lo studio della lingua turca e di lingue e dialetti ad essa legate. Di conseguenza, in collaborazione con Università locali, sono stati avviati programmi per l’insegnamento della lingua e della letteratura turca, con il supporto della TIKA, in Albania, Kosovo e Bosnia Erzegovina.
Proprio il paese citato da ultimo è quello ove la TIKA ha profuso l’impegno maggiore all’interno della regione. Già estremamente attiva nella ricostruzione postbellica, oggi le attività dell’agenzia di Ankara si concentrano in particolare in ambito culturale e religioso. Ciò con un notevole dispendio di risorse economiche, si pensi che questo piccolo paese, in termini di popolazione, è il terzo maggior beneficiario al mondo degli interventi della TIKA per quanto riguarda gli importi spesi.
Come ha sottolineato l’ex capo della TIKA a in Bosnia Erzegovina, Zukuf Oruc, “la missione è quella di creare un futuro attraverso la ricostruzione della storia e del passato”. Tale intensa attività culturale è però considerata con sospetto da alcuni che, con fondate motivazioni, vedono la costante presenza di alti funzionari turchi a inaugurazioni di strutture culturali e religiose finanziate dalla TIKA come una sorta di crescente minaccia di dominio neo-ottomano sul paese.
Molto rilevante è anche l’impegno TIKA in Serbia. Qui le somme spese sono nettamente inferiori a quelle utilizzate in Bosnia Erzegovina, tuttavia lo sforzo dell’agenzia turca in Serbia copre un ambito molto vasto che comprende la salute, i servizi sociali, lo sviluppo economico, infrastrutturale e l’efficienza delle forze di sicurezza. Ma ciò che rende tale sforzo molto interessante è che è diretto ad aiutare anche le popolazioni di zone a grande maggioranza cristiana ortodossa e non solo la parte sud occidentale a prevalenza islamica.
Tutti questi interventi improntati alla cooperazione e gestiti dal governo turco tramite la TIKA hanno incrementato notevolmente il peso politico di Ankara nella penisola balcanica. In alcuni casi, come nell’ambito delle relazioni tra la Turchia e la Serbia, tali interventi hanno facilitato la creazione di una vera e proprie alleanza tra tali due paesi, facendo così passare in secondo piano quelli che potevano essere motivi di profondo disaccordo, anche radicati nel tempo.
Va rilevato che i due contesti geografici sopra citati, vale dire l’Africa sub sahariana e la penisola balcanica si caratterizzano per una notevole differenza di legami storici con la Turchia, scarsi nel primo caso e molto forti nel secondo. Tuttavia in entrambi i contesti il paese anatolico è riuscito grazie in particolare all’azione capillare ed efficace della TIKA a giungere al medesimo risultato, cioè relazioni molto forti e che preannunciano di rafforzarsi ulteriormente in futuro facendo così di Ankara un riferimento internazionale.
A quasi 30 anni dalla sua fondazione la TIKA è una grande realtà che ha realizzato oltre 30mila progetti di aiuto allo sviluppo in circa 170 paesi del mondo, alcuni dei quali in cui vi è una popolazione di fede islamica numericamente limitata, come ad esempio nel caso dell’America Latina. Va evidenziato che il 90% di tali opere è stato realizzato dopo il 2002, cioè da quando l’AKP ha assunto il controllo del governo turco e quindi anche della TIKA.
Il ruolo crescente della TIKA nel mondo sotto la gestione AKP ha condotto ad associare sempre di più le azioni dell’agenzia umanitaria con le politiche del leader dell’AKP, vale a dire l’attuale presidente della Turchia Erdogan. Basti pensare che nel luglio 2018, a seguito delle critiche di quest’ultimo ad una nuova legge approvata dal parlamento israeliano, il Consiglio di sicurezza nazionale dello stato ebraico ha consigliato al proprio governo di limitare l’azione della TIKA nei territori sottoposti al proprio controllo. Ciò con la motivazione che tale agenzia non sarebbe altro che la longa manus di Erdogan.
Questa analisi viene confermata dal fatto che, a fronte di un’innegabile crescita del ruolo della TIKA nella cooperazione allo sviluppo, anche l’interconnessione tra TIKA ed Erdogan appare in costante aumento. Basti pensare che quest’ultimo, in misura nettamente maggiore che in passato, è sempre più presente ad inaugurazioni di opere realizzate da tale agenzia e tende sempre più ad annunciare impegni in giro per il mondo che il governo turco realizzerà proprio tramite la TIKA.
Tutto ciò avviene nel contesto di un tentativo del presidente Erdogan di rafforzare le relazioni diplomatiche con i paesi in cui la TIKA opera e, nel caso di popolazioni turcofone o anche di religione islamica, incrementare i legami con tali comunità soprattutto con progetti a lungo termine.
La TIKA ha ampiamente dimostrato di essere un agenzia molto efficiente per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo, tuttavia appare estremamente chiaro che la sua finalità è altresì quella di aprire la strada all’influenza più o meno diretta di Ankara. Di ciò devono tenerne conto i paesi che consentono l’azione sul proprio territorio, con il fine apparentemente esclusivo di favorire lo sviluppo del territorio, da parte di tale agenzia.