Turchia. Tombe dei miliziani curdi profanate. Stessa cosa nel Rojava

di Gianni Sartori

Mentre in Bakur (Kurdistan del Nord, sotto amministrazione turca) l’esercito turco va distruggendo con sistematicità le tombe dei combattenti curdi, in Rojava le bande islamiste filo-turche si scatenano contro quelle dei curdi yazidi. Nell’ultimo mese si è assistito sia ad un significativo incremento di azioni vandaliche nelle province di Van e Amed (Diyarbakir), sia all’espansione di tale operato in altre regioni. Molte tombe di guerriglieri sono state distrutte dai soldati turchi nella provincia di Bingol.
L’esercito turco non si accanisce, profanandole, soltanto sulle tombe di esponenti del PKK, ma anche contro quelle di militanti maoisti. Come nel recente caso di Sevda Serinyel, combattente di HKO (Halkin Kurtulus Ordusu – Esercito popolare di liberazione), uccisa in combattimento nel 2017 nel distretto di Ovacik (provincia di Dersim) e sepolta nel cimitero di Karer (distretto di Adakli).
Alla sua famiglia, convocata al distretto militare il 14 aprile, veniva ordinato di togliere sia la foto sulla pietra tombale, sia l’ iscrizione “Noi siamo morti per vivere”, in quanto sarebbe stata illegale. Dato che i familiari si sono rifiutati di eseguire, i soldati sono intervenuti direttamente.
Tra le altre tombe profanate dai militari turchi quelle dei caduti delle HPG nei cimiteri di Gozeler, Karer e di un’altra decina di villaggi curdi alaviti. Anche qui era stato ordinato alle famiglie di togliere le pietre tombali, poi l’esercito è intervenuto in prima persona.
In Rojava (Kurdistan Siriano) sono soprattutto i curdi yazidi di Afrin, in gran parte rifugiati a Shehba, che denunciano le devastazioni operate contro i loro cimiteri e luoghi di culto. Responsabili sono le bande criminali filo-turche che si sono impossessate della regione nel nord della Siria.
Accusati di essere “infedeli”, “zoroastriani” e “adoratori del diavolo” (un classico!) gli esponenti di questa minoranza religiosa rischiano di diventare nuovamente vittime sacrificali delle milizie islamiste, stavolta alleate (o forse meglio mercenarie) di Ankara.
Oltre a numerose tombe, recentemente veniva devastato il santuario Sheikh Ali a Basufan. Stando alle dichiarazioni dei rifugiati, dall’inizio dell’occupazione i santuari distrutti sarebbero oltre una decina.