Ucraina. Condanna del soldato russo Shishimarin: un’analisi giuridica

di Federico Quagliarini *

Nelle prime giornate del conflitto russo-ucraino, scoppiato lo scorso 24 febbraio, Vadim Shishimarin, giovane soldato di 22 anni, era impiegato all’interno della quarta divisione d’élite dei carri armati denominata Kantemirovskaya. Shishimarin è originario di Ust-Ilimsk, facente parte dell’oblast di Irkutsk e situata della macroregione della Siberia. Secondo quanto dichiarato da sua madre a un’agenzia di stampa russa, Shishimarin si sarebbe trasferito a Mosca dopo il diploma e avrebbe iniziato a lavorare in un negozio di pneumatici. Secondo sua madre, non aveva alcuna intenzione di arruolarsi nell’esercito russo, ma lo avrebbe fatto solo e unicamente per sostenere la sua famiglia, soprattutto i quattro fratelli minori.
Lo scorso 28 febbraio, mentre combatteva nel villaggio di Chupakhivka, nel nord est dell’Ucraina, lui e i suoi compagni avrebbero rubato un’auto e successivamente sarebbero stati attaccati, costringendoli ad abbandonare l’auto e a dividersi. In seguito, Shishimarin e i suoi compagni avrebbero incontrato un uomo di 62 anni, Oleksandr Shelipov, mentre era in bicicletta e stava parlando al telefono. Shishimarin gli avrebbe sparato alla testa almeno tre colpi con un kalashnikov uccidendolo sul colpo, nel timore che potesse rivelare la loro posizione. Subito dopo questo episodio Shishimarin e i suoi compagni sono stati catturati dalle forze ucraine.
Il processo a carico di Shishimarin si è aperto lo scorso 4 maggio e si è concluso il 23 successivo portando alla sua condanna all’ergastolo.
L’Ucraina è giurisdizionalmente competente? La prima domanda che risulta spontanea è chiedersi per l’appunto se le autorità ucraine abbiano o meno competenza sul caso, ovvero se non spetti a un tribunale ad hoc come la Corte Penale Internazionale (CPI). La risposta è affermativa poiché negli ordinamenti penali vige il principio di loci commissi delicti secondo cui la competenza di giudicare un caso appartiene all’autorità nella quale è stato commesso l’illecito.
Inoltre, bisogna considerare che i tribunali internazionali appositamente costituiti, come per l’appunto la CPI, operano come istituzioni complementari, cioè si attivano nel momento in cui le autorità del Paese dove sono stati commessi i reati non possono perseguire quei determinati reati.
I riferimenti normativi dell’accusa – Il processo si è svolto tenendo in considerazione sia le fonti normative interne che quelle del diritto internazionale. In particolar modo l’accusa, impersonificata nella procuratrice generale nazionale Iryna Venediktova, si è mossa partendo dal Codice Penale ucraino, il quale prevede per l’omicidio volontario di civili da un minimo di dieci anni di reclusione all’ergastolo.
Allo stesso tempo la Corte di Kiev ha preso in considerazione anche i riferimenti normativi della IV Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra (a cui sia Ucraina che Russia hanno aderito). In particolare, si fa riferimento all’art. 3 della Convenzione, il quale enuncia il trattamento delle persone non belligeranti, secondo quanto segue:
“Sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate [le persone non partecipanti direttamente al conflitto]:
le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;
la cattura di ostaggi;
gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti;
le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili.”
Conclusioni – Il processo nella sua interezza è comunque sostenuto da solide basi legali. Le condanne, infatti fanno riferimento sia al diritto interno (nel caso in questione al Codice penale ucraino) che alle Convenzioni internazionali. È notevole comunque come il processo, diversamente da come ci si può immaginare, è stato celebrato di fronte ad una corte interna e non di fronte ad un tribunale speciale.
Sicuramente, dal punto di vista politico, questa condanna esprime con grande forza la volontà delle autorità ucraine di voler proseguire nella persecuzione dei reati commessi durante il conflitto.

* Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.