Ucraina e Taiwan: un sottile link geopolitico

di Marco Corno –

Il 24 febbraio 2022 è iniziato ufficialmente un nuovo secolo. L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato definitivamente gli equilibri dell’ordine internazionale e il modus vivendi tra i popoli.
Ancora una volta il continente eurasiatico, così come nel XX secolo, è il nucleo geopolitico delle tensioni tra super potenze che potrebbero evolvere in un nuovo conflitto mondiale.
La guerra russo-ucraina mette sempre di più sotto pressione la stabilità del sistema internazionale e aumenta la probabilità che il conflitto destabilizzi altre aree geostrategiche del globo. Il Mar Cinese Meridionale è una di queste e il prolungamento del conflitto in Europa potrebbe generare un’escalation militare tra la Cina e gli USA per Taiwan.
Sia Taiwan che l’Ucraina sono essenziali per la stabilità e il futuro dell’ordine internazionale perché “condizionano” il delicato tripolarismo tra Stati Uniti, Cina e Russia. Taipei, dal punto di vista militare, è ancora più cruciale rispetto a Kiev: nel caso dovesse esserci un’invasione cinese di Taiwan, la risposta americana sarebbe obtorto collo diretta dato che non esiste nessuna area neutrale nel sud-est asiatico tale da evitare uno scontro aperto tra Pechino e Washington. L’Arcipelago di Formosa è collocato nel Mar Cinese Meridionale e lo Stretto di Taiwan è pattugliato da navi militari americane, il che vorrebbe dire che in caso di attacco cinese si troverebbero quasi immediatamente coinvolte nello scontro sino-taiwanese.
La probabile visita di Nancy Pelosi a Taiwan getterebbe inoltre ulteriore benzina sul fuoco e potrebbe causare o un inasprimento, se non una rottura, delle relazioni diplomatiche sino-americane oppure scatenare un conflitto armato che potrebbe svilupparsi in due fasi: nella prima, molto breve, lo scontro si limiterebbe unicamente a Pechino e Taipei nello Stretto di Taiwan, nella seconda invece si assisterebbe ad un intervento diretto degli USA in difesa di Taiwan e, se ciò dovesse accadere, il conflitto potrebbe allargarsi all’intero Mar Cinese, coinvolgendo indirettamente alcuni Stati del Pacifico come il Giappone e l’Australia dalla parte statunitense.
Oramai forse soltanto la diplomazia pontificia può scongiurare il peggio.