Ucraina. Fondi russi congelati dall’Ue: l’Ungheria si mette di traverso

di Giuseppe Gagliano

La decisione dell’Ungheria di non sostenere la modifica delle sanzioni dell’Unione Europea sugli asset immobilizzati della Russia rappresenta un’importante battuta d’arresto per i piani del G7, che mira a utilizzare i profitti generati da questi beni per finanziare un prestito di 45 miliardi di euro all’Ucraina. Questa posizione è particolarmente significativa, poiché blocca temporaneamente l’accesso a una fonte di finanziamento cruciale per sostenere Kiev nella sua guerra contro la Russia, in un momento in cui gli alleati occidentali cercano modi per continuare a sostenere l’Ucraina senza gravare ulteriormente sui loro bilanci nazionali.
Il progetto del G7 è stato concepito per utilizzare i proventi inattesi dei beni russi congelati per rimborsare progressivamente il denaro destinato all’Ucraina, esentando così i paesi occidentali dal dover affrontare direttamente i costi. Tuttavia la resistenza dell’Ungheria a tale piano sottolinea il complesso contesto politico dell’UE, in cui le divergenze tra gli Stati membri su questioni legate alle sanzioni contro la Russia e al sostegno a Kiev sono sempre più evidenti. L’Ungheria, sotto la leadership del primo ministro Viktor Orbán, ha adottato una posizione ambigua rispetto alla guerra in Ucraina, opponendosi spesso alle misure più dure contro Mosca e mantenendo relazioni più strette con il Cremlino rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea.
A porre il veto è stato il ministro delle Finanze ungherese Mihaly Varga, per cui la cosa slitta perlomeno alla prossima discussione di novembre.
Dal punto di vista politico la decisione di Budapest potrebbe essere interpretata come un tentativo di guadagnare tempo e attendere l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti il mese prossimo. L’Ungheria potrebbe sperare che un cambiamento nell’amministrazione statunitense, con un possibile ritorno dei repubblicani alla Casa Bianca, porti a un atteggiamento meno interventista nei confronti dell’Ucraina, influenzando così anche la politica europea. La posizione di Orbán è coerente con la sua strategia di mantenere una politica estera indipendente, cercando di equilibrare le relazioni con l’Occidente e la Russia.
Sul piano economico la mancata approvazione delle modifiche alle sanzioni potrebbe rallentare l’afflusso di fondi all’Ucraina, che dipende fortemente dagli aiuti occidentali per sostenere la sua economia e le sue operazioni militari contro la Russia. L’Ungheria potrebbe utilizzare questa leva per ottenere concessioni da parte dell’UE su altri fronti, come la gestione dei fondi europei o altre questioni politiche interne, sfruttando la sua posizione di veto all’interno del Consiglio Europeo.
In conclusione la decisione ungherese ha implicazioni significative sia a livello politico che economico. Da un lato, mette in luce le divisioni all’interno dell’UE riguardo alla guerra in Ucraina e alla gestione delle sanzioni contro la Russia; dall’altro, potrebbe rallentare il flusso di aiuti economici cruciali per Kiev, creando ulteriori incertezze sul futuro sostegno internazionale all’Ucraina in un momento cruciale del conflitto.