Ucraina. I paesi nordici determinati nel sostegno contro la Russia

di Giuseppe Gagliano

L’impegno congiunto di Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Norvegia, Polonia e Svezia nel rafforzare il sostegno all’Ucraina rappresenta un ulteriore tassello nel delicato equilibrio geopolitico dell’Europa orientale. La decisione, annunciata al vertice di questi giorni svoltosi ad di Harpsund, risponde a un’esigenza duplice: garantire la continuità della resistenza ucraina e al contempo consolidare la deterrenza collettiva contro la Russia.
Questi Paesi, molti dei quali confinano direttamente o sono vicini alla Russia, condividono un senso di urgenza derivante dall’imprevedibilità della politica del Cremlino. Definire Mosca come “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza” non è solo una dichiarazione politica, ma una presa d’atto delle vulnerabilità strutturali di una regione che, dal 2014, vive in stato di allerta permanente.
L’industria della difesa, messa al centro della cooperazione, diventa così uno strumento strategico per rispondere alle nuove sfide. L’aumento della produzione di munizioni, oltre a garantire un flusso costante di materiali verso Kiev, rafforza la capacità di risposta collettiva della NATO in un’eventuale escalation più ampia.
I 24 miliardi di euro già stanziati dai Paesi nordici, baltici e dalla Polonia evidenziano il peso crescente che questa regione assume nel conflitto ucraino. Non si tratta solo di un impegno economico: è una dichiarazione di intenti che sposta l’asse della sicurezza europea verso il nord-est, rafforzando un’area che fino a pochi anni fa era considerata periferica rispetto ai grandi centri decisionali dell’Europa occidentale.
La partecipazione della Polonia al vertice segnala inoltre una convergenza strategica tra Stati che condividono interessi comuni, ma che in passato hanno avuto approcci diversi al rapporto con Bruxelles e Washington. Questo nuovo asse nordico-baltico-polacco potrebbe trasformarsi in un blocco coeso, capace di esercitare maggiore influenza all’interno della NATO e dell’UE.
I danni ai cavi sottomarini nel Mar Baltico aggiungono una dimensione inquietante al conflitto in corso. La possibilità che un attore statale, come la Russia, possa orchestrare sabotaggi alle infrastrutture critiche attraverso mezzi indiretti, in questo caso una nave commerciale cinese, sottolinea la crescente complessità della guerra ibrida.
Il Mar Baltico, già teatro di pattugliamenti aerei NATO, si conferma un punto critico per la sicurezza europea. La proposta polacca di un sistema congiunto di monitoraggio navale non è solo una reazione all’incidente, ma un tentativo di strutturare una risposta preventiva e coordinata contro future minacce. Tuttavia, resta da vedere se questa iniziativa riceverà il sostegno pieno degli altri Stati membri e se sarà in grado di integrare le diverse capacità tecnologiche e operative dei Paesi coinvolti.
Questo sviluppo rientra in una dinamica più ampia, in cui la Russia cerca di sfruttare ogni strumento per destabilizzare l’Occidente, mentre l’Europa fatica a trovare una strategia coerente. Il coinvolgimento indiretto della Cina, se confermato, apre interrogativi inquietanti sulla portata delle sue ambizioni e sul ruolo che Pechino intende giocare nella sfida tra Mosca e l’occidente.
In conclusione, il rafforzamento degli aiuti all’Ucraina e la crescente cooperazione tra i Paesi nordici, baltici e la Polonia rappresentano una risposta determinata, ma non definitiva, alle sfide poste dalla Russia. Tuttavia, la strada verso una sicurezza duratura passa per la capacità dell’Europa di superare le divisioni interne e affrontare con visione strategica un conflitto che, nel breve termine, non mostra segni di risoluzione.