Ucraina. Il ruolo dell’Unione Europea

Maurizio Delli Santi * –

I media stanno ampiamente illustrando le sequenze dell’escalation senza precedenti che sta incrinando i rapporti tra Stati Uniti e Russia sulla questione dell’Ucraina. In queste ore si seguono gli ultimi incontri tra il Segretario di Stato USA, Blinken, e il suo omologo russo, Lavrov, che tutti auspicano possano fermare la minacciata invasione dell’Ucraina, un evento di fronte al quale l’Occidente non potrebbe rimanere inerme. Tuttavia, tranne rare eccezioni, sono in pochi i commentatori che hanno illustrato nel dettaglio i temi in discussione, che sono incentrati sulle ultime richieste che la Federazione Russa ha rivolto agli USA e alla NATO. Si tratta di formali accordi che Mosca ha titolato “garanzie di sicurezza”, in cui – è bene subito sottolinearlo – si pone in discussione lo stesso modello euroatlantico della NATO.
È opportuno, dunque, anche in questo caso procedere con cautela all’analisi delle fonti in questione. La Russia ha presentato agli Stati Uniti due documenti, un progetto di trattato di carattere generale e un progetto di accordo su meccanismi bilaterali di risoluzione delle controversie. Nel trattato, agli articoli 1 e 2 si prevede che ciascuna parte «non intraprenda azioni che incidono sulla sicurezza dell’altra parte» e che «si adoperi per garantire che tutte le organizzazioni internazionali e alleanze militari a cui partecipa aderiscano ai principi della Carta delle Nazioni Unite».
Fondamentali sono quindi gli articoli 3 e 4: si pone l’obbligo di «non utilizzare i territori di altri Stati allo scopo di preparare o effettuare un attacco armato contro l’altra parte»; poi si specifica che «gli Stati Uniti non stabiliranno basi militari nel territorio degli Stati dell’ex URSS che non sono membri della NATO». E, per di più, «eviteranno l’adesione di Stati dell’ex URSS alla NATO, impedendo una sua ulteriore espansione ad Est».
Ma non è finita. All’articolo 5 si precisa che «le parti si astengono dal dispiegare le loro forze armate e i loro armamenti, anche nell’ambito di alleanze militari, nelle aree in cui tale dispiegamento può essere percepito dall’altra parte come una minaccia alla propria sicurezza nazionale» e che «si astengono dal far volare bombardieri equipaggiati con armamenti nucleari o non nucleari e dallo schierare navi da guerra nelle aree, al di fuori dello spazio aereo e delle acque territoriali nazionali, da cui possano attaccare obiettivi nel territorio dell’altra parte».
In base all’articolo 6 le parti assumono l’impegno di «non usare missili terrestri a gittata intermedia o corta al di fuori dei loro territori nazionali, nonché nelle zone dei loro territori da cui tali armi possano attaccare obiettivi sul territorio dell’altra parte».
Infine, all’articolo 7 si prescrive che «le due parti si asterranno dallo schierare armi nucleari al di fuori dei loro territori nazionali e riporteranno nei loro territori le armi già schierate al di fuori» e che «non addestreranno personale militare e civile di Paesi non nucleari all’uso di armi nucleari, né condurranno esercitazioni che prevedano l’uso di armi nucleari».
Infine, nel progetto di accordo si stabiliscono intese finanziarie e in particolare «meccanismi delle consultazioni e informazioni bilaterali, comprese linee telefoniche dirette per contatti di emergenza».
I più autorevoli analisti occidentali hanno evidenziato che si tratta di una proposta irricevibile per gli Stati Uniti e per la NATO, che a questo punto dovrebbero arretrare sulle posizioni di una nuova Yalta: Putin intende riproporre l'”area di influenza” che Mosca aveva prima del crollo della ex Unione Sovietica.
Altri osservatori hanno anche ipotizzato che la proposta russa sia una mossa al rialzo ben studiata per indurre gli USA ad un rifiuto netto, per poi consentire a Putin di giustificare come reazione l’invasione dell’Ucraina. Probabilmente anche per questo Biden formalmente ha dato disponibilità a una intesa diplomatica, ma non solo bilaterale, parlando piuttosto di «canali multipli», con riferimento evidentemente al coinvolgimento della NATO, il vero soggetto posto in discussione per la sua presenza nell’Europa orientale e in Asia centrale, e dell’Unione Europea.
Ma in questi momenti cruciali quello che manca è proprio il ruolo dell’Unione Europea. L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha tenuto a sottolineare la necessità che l’UE partecipi ai colloqui sulle “garanzie di sicurezza” tra Mosca e Washington, ma ciò non sta accadendo.
L’Europa deve guardare alla stabilità dei suoi confini, e tutelare le scelte che ha fatto nel sostenere il suo partenariato euroatlantico, ed è giusto che si faccia sentire. Mai come in questo momento sarebbe necessario che la “bussola strategica” europea inizi a essere realmente declinata, con fatti concreti. Il che non significa necessariamente rispondere con la minaccia delle armi, perché sarebbe più che sufficiente ricordare alla Russia che se si continua nel minacciare l’integrità dell’Ucraina potrebbero essere posti in gioco i rapporti economici, inclusi quelli energetici, che al momento legano la Russia all’Unione Europea, ma non incondizionatamente.

* Membro dell’International Law Association.

Articolo in mediapartnership con Il Gionale Doplomatico.