Ucraina. La controffensiva di Kiev accende il dissenso in Russia

Kiev propone un surrogato dell’adesione alla Nato. Medvedev, ‘Preludio alla terza guerra mondiale’.

di Guido Keller

L’esercito ucraino continua nella controffensiva che sta vedendo i russi indietreggiare sempre più verso il Donbass, e la viceministra alla Difesa Hanna Malyar ha reso noto attraverso la Unian che nella regione di Kharkiv è stato ripreso il controllo di 3.800 km quadrati di territorio, ovvero 300 centri abitati per un totale di 150mila abitanti.
L’operazione in corso ormai da una settimana sarebbe stata concordata con il Pentagono, e come ha riferito lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è stata possibile grazie agli armamenti procurati dall’occidente.
Il successo dell’offensiva ha spinto Kiev ad alzare la posta del cessate-il-fuoco: il capo dello staff presidenziale, Andriy Yermak, ha presentato un “Trattato sulla sicurezza di Kiev” elaborato con l’ex segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen (ma si dice anche con Washington) che di fatto aggirerebbe l’adesione alla Nato dell’Ucraina, stabilita al vertice di Bucarest nel 2008 ed affossata nei primi mesi di conflitto. Esso prevede una serie di paesi garanti della sicurezza ucraina, nella fattispecie l’Italia, gli Usa, il Regno Unito, il Canada, l’Australia, la Polonia, la Turchia, la Germania, la Francia e non specificati “paesi baltici e dell’’Europa centrale”. La proposta di trattato include “misure preventive di natura militare, infrastrutturale, finanziaria, informatica, tecnica e di intelligence” da attuare in caso di aggressione, nonché sanzioni verso chi aggredisce; vi sono anche forniture di armamenti difensivi come missili per il contrasto alla minaccia aerea, ma anche “un impegno pluridecennale di investimenti nell’industria bellica, nonché esercitazioni con la Nato e l’Unione Europea.
Da Mosca è intervenuto via Telegram il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Dmitry Medvedev, che ha definito la bozza di trattato un “preludio alla terza guerra mondiale”, e per quanto Yermak avesse precisato che “non sostituisce l’adesione alla Nato”, l’ex presidente russo ha osservato che “è come applicare l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica”, il quale prevede l’intervento dei vari paesi membri in caso di aggressione. “Certo è – ha continuato Medvedev – che se questi imbecilli continueranno a rifornire di armi sempre più pericolose gli ucraini, prima o poi la campagna militare passerà a un altro livello”.
Sul campo è probabile che i russi stiano preparando la resistenza nel Donbass, dove ci sono le due repubbliche, Lugansk e Donetsk, che la Russia riconosce come indipendenti, anche perché Vladimir Putin difficilmente potrebbe accettare l’idea della sconfitta e perdere il controllo di territori a maggioranza russofona. Che la situazione per i russi sia difficile è fuori di dubbio, e già i militari starebbero facendo rientrare le proprie famiglie dalla Crimea, ma il colpo di scena oggi è stato la richiesta di dimissioni di Putin arrivata da 18 deputati russi delle circoscrizioni di San Pietroburgo e di Mosca. Si tratta di poca cosa, se si pensa che alla Duma siedono 350 deputati, ma è il segnale della crescita del dissenso interno che ora le autorità russe non riescono più a censurare.
Una situazione imbarazzante per il Cremlino, tanto che il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, è intervenuto quasi minacciando gli oppositori: “Fino a che le critiche sono nei limiti di legge fanno parte del pluralismo – ha affermato -, ma il confine è sottile, bisogna stare attenti”. Per Peskov “è normale che vi sia chi reagisce in modo emotivo, ma i russi sono con Putin”.
Intanto anche oggi vi è stato un “incidente”, dopo quello che ha portato alla morte del presidente di Lukoil Ravil Maganov il 1 settembre: a rimetterci la pelle è stato il 39enne Ivan Pechorin, direttore generale della Far East and Arctic Development Corporation, considerato vicino a Putin. Il corpo dell’uomo è stato rinvenuto sull’isola di Russky, nel Mar del Giappone, probabilmente caduto da uno yacht ubriaco.
La controffensiva ucraina (e l’appoggio sempre più forte dell’occidente) saranno al centro dell’incontro di Putin con il collega cinese Xi Jinping, previsto a Samarcanda per giovedì.