di Giuseppe Gagliano –
Da oltre un anno l’analista geopolitico francese Eric Denece ha assunto attraverso i suoi numerosi interventi una posizione controcorrente rispetto ai colleghi in relazione al conflitto fra Russia e Ucraina.
Denécé è direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement di Parigi, e attribuisce agli Stati Uniti una responsabilità significativa nell’innesco del conflitto attuale. Secondo lui le azioni degli Stati Uniti sono state caratterizzate da una serie di decisioni che hanno progressivamente aggravato le tensioni con la Russia. Denécé inizia il suo ragionamento ricordando che, dalla fine della Guerra fredda, gli Stati Uniti hanno costantemente mancato di rispettare gli impegni verbali di non espandere la NATO verso i confini russi. Questo è stato percepito da Mosca come una minaccia diretta alla sua sicurezza nazionale. Inoltre l’installazione di missili balistici in Polonia e Romania, a pochi minuti di volo dal Cremlino, ha ulteriormente esacerbato la situazione. Questi missili rappresentano una minaccia immediata e hanno contribuito a creare un senso di accerchiamento.
Denécé evidenzia poi l’evento chiave del 2014, quando il presidente ucraino Viktor Yanukovich, legalmente eletto, fu rovesciato in un colpo di Stato sostenuto e finanziato dall’occidente. Questo evento ha segnato una svolta nelle relazioni tra Russia e occidente, poiché Mosca ha visto il rovesciamento di Yanukovich come un tentativo di portare l’Ucraina sotto l’influenza occidentale, allontanandola definitivamente dalla propria sfera. Dal 2014 gli Stati Uniti hanno costantemente incoraggiato Kiev a inasprire la sua posizione nei confronti della Russia. Washington ha fornito addestramento militare e supporto ai servizi speciali ucraini spingendoli a riprendere il controllo del Donbass, una regione a maggioranza russofona. Denécé sottolinea che questa politica ha ignorato le preoccupazioni e le richieste di Mosca, che da anni chiedeva di considerare i suoi interessi di sicurezza.
Denécé sostiene che gli Stati Uniti erano ben consapevoli che la Russia non avrebbe potuto restare a guardare indefinitamente. Tuttavia credevano di poter attirare Mosca in una trappola: se la Russia non avesse reagito, avrebbe visto la NATO espandersi ulteriormente verso i suoi confini; reagendo, sarebbe stata dipinta come l’aggressore. Putin ha scelto di reagire, ma secondo Denécé la trappola americana non ha funzionato come previsto. Nonostante i primi insuccessi dell’esercito russo, la strategia Usa ha fallito clamorosamente, provocando una devastante guerra con centinaia di migliaia di morti.
Denécé critica anche la capacità degli Stati Uniti di gestire i conflitti che hanno iniziato. Egli ricorda le caotiche ritirate da Saigon nel 1975 e più recentemente da Kabul, descrivendo gli americani come “apprendisti stregoni” che spesso falliscono miseramente. Questo indica una tendenza a iniziare guerre che non sanno come finire, lasciando dietro di loro situazioni di caos. Tuttavia Denécé riconosce che gli americani sono estremamente pragmatici, molto più degli europei. Sono capaci di fare svolte di 180 gradi quando necessario, spesso lasciando agli alleati il compito di gestire le conseguenze delle loro azioni. Questa capacità di adattamento può essere un vantaggio, ma al momento Denécé non vede segnali concreti di una possibile uscita dalla crisi prima delle elezioni presidenziali statunitensi di novembre.
In sintesi Denécé dipinge un quadro complesso in cui gli Stati Uniti, pur avendo contribuito significativamente all’escalation del conflitto, potrebbero teoricamente svolgere un ruolo nel porvi fine. Tuttavia la storia delle loro decisioni e azioni recenti suggerisce che un cambiamento di rotta significativo potrebbe non avvenire nel breve termine.