di Sebastian Di Pietro Hidalgo –
Fin dall’inizio del conflitto ucraino l’Unione Europea ha perso la sua verginità, e invece di promuovere la mediazione necessaria a prevenire e poi fermare le ostilità, si è schierata apertamente contro la Russia. D’altronde già nel 2008 la vertice di Bucarest la Nato aveva stabilito l’assorbimento di Georgia e Ucraina, e a seguito del colpo di Stato di Maidan in cui è stato deposto Viktor Yanukovic Bruxelles ha promosso una retorica dichiaratamente russofobica con lo scopo dichiarato di far entrare il paese europeo sia nell’Alleanza Atlantica che nell’Ue.
Dopo quasi tre anni di guerra, con i russi che avanzano nel Donbass, l’economia disastrata e il popolo ucraino allo stremo, la politica bellicista dell’Unione Europea insiste nel procedere con un conflitto che sta rischiando l”escalation dagli esiti imprevedibili, il tutto a spese dei contribuenti sia in modo diretto che indiretto, attraverso la minor spesa nel welfare e la triplicazione dei costi dell’energia. Il tutto per forniture (cioè vendere) armi all’extracomunitaria Ucraina, che per corruzione e oligarchismo batte ampiamente la Russia.
Non è conosciuto il numero delle vittime civili e militari da entrambe le parti, ma è un fatto che il presidente Volodymyr Zelensky, lo stesso che se l’era auto vietato con un apposito decreto, vorrebbe giungere a trattative per fermare le ostilità, ma continua a trovarsi di traverso i suoi sponsor, chiamiamoli pure padroni, a Washington, Londra e Bruxelles.
Così oggi il neo Parlamento europeo, recentemente semi-eletto dal momento che la metà degli europei, fortemente disillusi, non si è recata alle urne, ha chiesto con una maggioranza di 425 voti a favore, 131 contrari e 63 astensioni di “eliminare le restrizioni che impediscono all’Ucraina di utilizzare i sistemi di armamento occidentali contro obiettivi militari legittimi in Russia”.
Sia il presidente russo Vladimir Putin che il vicecapo del Consiglio di sicurezza Dmitri Medvedev hanno messo in guardia gli europei minacciando risposte adeguate fino al nucleare, e proprio perché l’Italia diverrebbe, per i 70 missili nucleari statunitensi a Ghedi e ad Avano e le 120 basi ufficiali Nato sul territorio, obiettivo di una guerra atomica, il governo si è chiamato fuori, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha ribadito la contrarietà al via libera ad attacchi in Russia, specialmente con armi italiane.
Nella risoluzione non vincolante l’Europarlamento sottolinea “che le forniture insufficienti di munizioni e le restrizioni sul loro uso rischiano di annullare l’impatto degli sforzi compiuti finora e deplora la diminuzione del volume degli aiuti militari bilaterali all’Ucraina da parte dei Paesi dell’Ue. I deputati ribadiscono l’invito agli Stati membri a rispettare l’impegno assunto nel marzo 2023 di consegnare un milione di munizioni all’Ucraina e ad accelerare la consegna di armi, sistemi di difesa aerea e munizioni, compresi i missili Taurus. Ribadiscono inoltre la loro posizione secondo cui tutti i Paesi Ue e gli alleati della Nato dovrebbero impegnarsi collettivamente e individualmente a fornire all’Ucraina un sostegno militare annuale non inferiore allo 0,25% del loro Pil”.
Nonostante l’inutilità di tali misure, con l’economia russa in crescita ben oltre quella europea, “Nella risoluzione si chiede agli Stati membri di mantenere ed estendere la politica di sanzioni Ue contro la Russia, la Bielorussia e i Paesi e le entità non appartenenti all’Ue che forniscono alla Russia tecnologie militari e a doppio uso. I deputati condannano il recente trasferimento di missili balistici dall’Iran alla Russia e chiedono un rafforzamento delle sanzioni contro Teheran e la Corea del Nord per il loro coinvolgimento nel sostegno alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Inoltre, auspicano l’aggiunta di un maggior numero di individui ed entità cinesi all’elenco delle sanzioni dell’UE, nonché misure più severe per affrontare sistematicamente la questione dell’elusione delle sanzioni da parte di società con sede nell’UE, di terzi e di Paesi non Ue”.
Inoltre, “pur invitando l’Ue e i suoi Stati membri a lavorare attivamente per ottenere il più ampio sostegno internazionale possibile per l’Ucraina e individuare una soluzione pacifica alla guerra, gli eurodeputati affermano che qualsiasi risoluzione del conflitto deve basarsi sul pieno rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Ritengono inoltre che la responsabilità per i crimini di guerra russi e i risarcimenti e altri pagamenti da parte di Mosca siano aspetti essenziali di qualsiasi soluzione. A tal fine gli eurodeputati chiedono all’Ue e ai partner che condividono la stessa posizione di stabilire un regime giuridico per la confisca dei beni statali russi congelati dall’Ue come parte degli sforzi per compensare l’Ucraina per gli ingenti danni subiti”.
Gli eurodeputati non hanno tenuto presente dei motivi che hanno condotto all’aggressione russa ad iniziare dalle stragi di massa del dichiaratamente neonazista battaglione Azov nel 2015, come neppure della mancata osservazione da parte ucraina dei Protocolli di Minsk che prevedevano ad esempio il riconoscimento delle autonomie del Donbass. Tuttavia lascia pensare la poca considerazione dei principi e delle logiche internazionali inclusa la legge non scritta della simmetria, per cui se gli europei congelano i beni russi, i russi congelano quelli europei, e ciò si è visto anche di recente con il controllo temporaneo delle sedi russe di grandi gruppi occidentali, compresi italiani.