
di Enrico Oliari –
Tra le critiche di Ursula von der Leyen e di Charles Michael, per i quali la presidenza dell’Ue non dà diritto a iniziative proprie, il premier ungherese Viktor Orban si è recato a Mosca per discutere della crisi ucraina con il presidente russo Vladimir Putin. Dopo l’inutilità della conferenza di pace tenutasi a metà giugno in Svizzera, alla quale la Russia non è stata incredibilmente invitata, Orban ha deciso di prendere in mano l’iniziativa, quasi certamente in concerto con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan. Così se la visita dei giorni scorsi di Orban a Kiev non ha prodotto effetti immediati, con Volodymyr Zelenky determinato a proseguire il conflitto nonostante le evidenti difficoltà, a Mosca il premier ungherese ha detto che “l’Europa ha bisogno di pace, che è la cosa più importante”, per cui “riteniamo che questo sia il compito principale del semestre di presidenza ungherese”. Ha considerato che le posizioni tra Mosca e Kiev restano distanti, “e quindi c’è ancora molto lavoro da fare”.
Putin ha sostanzialmente detto che “difficilmente Kiev accetterebbe una tregua”, dal momento che “ciò significherebbe per il paese andare a nuove elezioni” come previsto dalla Costituzione ucraina, ovvero la fine del potere per Zelensky. Ha poi insistito che per arrivare alla pace gli ucraini dovrebbero ritirare le forze militari dalla Novorossiya e dal Donbass, come pure che l’Ucraina non aderisca alla Nato.
Orban sta facendo insomma quello che l’Ue di Ursula von der Leyen non ha voluto fare, ovvero mediare per prevenire e poi fermare il conflitto, incarnando cioè quella missione pacifista dell’Europa che i burocrati di Bruxelles e delle cancellerie occidentali hanno calpestato.
Tant’è che Orban si è ritrovato bersaglio di un fuoco a 360 gradi da parte dei paesi membri, o meglio delle rispettive cancellerie, e il portavoce della Commissione europea Eric Mamer ha riportato che “qualsiasi sia il messaggio portato dagli ungheresi sono è quello giusto: questa è pacificazione, non pace, ed è in contrasto con la nostra determinazione volta ad arrivare alla fine della guerra”. Ha inoltre annunciato che non si terrà la tradizionale visita della Commissione nel paese presidente dell’Ue.
Per l’italiano Antonio Tajani, Orban “è andato a Mosca come primo ministro, anche se non mi è sembrato il caso”, mentre il tedesco Olaf Scholz ha avvertito che “il nostro sostegno all’Ucraina continuerà comunque”; il premier svedese Ulf Kristesson ha definito Orban “irresponsabile” e “sleale”, la premier estone Kaja Kallas ha sostenuto che il collega ungherese “genera confusione”, mentre il premier ceco ha dichiarato che “la nostra posizione è chiara: Putin è l’aggressore, noi stiamo con l’Ucraina”. Orban è “irresponsabile” e “sleale” anche per il premier finlandese Petteri Orpo, mentre l’incontro con Putin “è inaccettabile” per la premier lettone Evika Silina. Per il presidente lituano Gitanas Nauseda “la decisione unilaterale di Orban mina la credibilità della presidenza ungherese dell’Ue.
Intanto da Kiev sono giunti i ringraziamenti ai “pacifisti” europei per le forniture di armi, e in particolare a Danimarca e Paesi Bassi per gli F-16 il cui arrivo è previsto in estate e il cui impiego è previsto sul Mar Nero per strapparne il controllo russo. La Lituania invierà 2.500 droni da combattimento a breve.
Il belligerante Jen Stoltenberg ha sottolineato che “Orban non rappresenta la Nato: ci ha avvisati del viaggio, mi aspetto che ne renda conto quando saremo a Washington”. Il segretario della Nato ha anche detto di aspettarsi “dal vertice Nato che si terrà negli Usa dal 9 all’11 luglio “un accordo per un più sostanziale pacchetto di aiuti militari all’Ucraina”, paese che a suo dire aderirà all’alleanza presumibilmente entro il 2034.