di Giuseppe Gagliano –
Nelle vie di Dnipro, città industriale dell’Ucraina meridionale, un annuncio insolito è comparso sui muri: si cercano candidati di lingua russa per lavorare in un call center. Nulla di strano, si potrebbe pensare, in un Paese che ha fatto della resilienza il suo mantra. Ma dietro a quelle poche righe si cela una realtà inquietante, una nuova frontiera del crimine organizzato ucraino: i call center della truffa informatica.
Secondo un’inchiesta condotta da Intelligence Online, questi centri non sono semplici luoghi di frode telematica, ma vere e proprie fabbriche di estorsione digitale, gestite con precisione militare dalla mafia locale. Un’organizzazione che si muove nell’ombra, ma con una missione dichiarata: finanziare lo sforzo bellico dell’Ucraina contro l’invasione russa.
A Dnipro, città nota per il suo ruolo strategico nella logistica militare ucraina, il crimine organizzato ha trovato un nuovo modello di business: estorcere denaro ai cittadini russi attraverso truffe informatiche. Operando con totale impunità, questi centri lavorano giorno e notte, con migliaia di operatori che orchestrano frodi telefoniche e phishing su larga scala. I proventi, spesso convertiti in criptovalute, vengono in parte destinati al sostegno delle forze armate ucraine.
Secondo fonti locali, l’organizzazione avrebbe stretto accordi con alcuni battaglioni volontari, fornendo fondi per l’acquisto di equipaggiamenti e droni. La mafia ucraina, storicamente legata a traffici di droga e armi, avrebbe quindi messo la sua esperienza al servizio di Kiev, trasformando un’attività criminale in una forma di “patriottismo alternativo”.
Questi centri di truffa non sono improvvisati. I candidati vengono reclutati con annunci apparentemente innocui, per poi essere addestrati in tecniche avanzate di ingegneria sociale. L’obiettivo principale sono i cittadini russi, spesso scelti tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Attraverso finti investimenti, richieste di pagamento o attacchi di ransomware, i criminali riescono a sottrarre milioni di dollari ogni mese.
Il sistema gode di una certa “tolleranza” da parte delle autorità locali, che vedono in queste attività un modo per colpire economicamente il nemico. Una strategia non ufficiale, ma che si inserisce nel più ampio quadro di una guerra totale, dove ogni risorsa diventa cruciale.
L’utilizzo del crimine organizzato per sostenere lo sforzo bellico rappresenta una delle tante sfaccettature della guerra cibernetica in Ucraina. Kiev, già nota per le sue capacità tecnologiche, sta sfruttando ogni strumento a disposizione per resistere all’avanzata russa. Oltre alle truffe informatiche, il Paese ha investito massicciamente nella produzione di droni e nella difesa elettronica.
Un esempio emblematico è il “mercato delle pulci” della tecnologia dei droni, noto come Rynok, dove vengono assemblati dispositivi improvvisati ma efficaci per il campo di battaglia. Parallelamente, l’Ucraina ha iniziato a fornire tecnologia avanzata ai ribelli siriani, dimostrando una capacità unica di adattamento e innovazione in tempo di guerra.
Tuttavia l’uso del crimine organizzato per finanziare la guerra solleva interrogativi etici e legali. È giusto tollerare attività illegali, se il fine ultimo è la difesa della sovranità nazionale? E quali saranno le conseguenze a lungo termine di una simile strategia?
Per ora l’Ucraina sembra disposta ad accettare questi rischi, consapevole che ogni mezzo può fare la differenza in un conflitto che non concede tregua. Ma la storia insegna che il crimine organizzato, una volta consolidato, è difficile da smantellare. E la linea tra patriottismo e opportunismo può diventare pericolosamente sottile.
In un conflitto dove nulla è convenzionale, nemmeno i call center di Dnipro possono essere considerati semplici luoghi di lavoro. Sono, piuttosto, un’altra tessera di un mosaico complesso, dove la guerra si combatte anche con la tastiera e la voce, e dove il confine tra vittima e carnefice è sempre più sfumato.