Ucraina. Maki Mandela, ‘cara Europa, solo il dialogo porta la pace’

La figlia del nobel anti-apartheid a Roma in occasione giornata mondiale.

Agenzia Dire –

Includere le persone” cominciando dalla propria comunità e aprendosi poi al mondo, ostaggio di nuove guerre causate da avidità, ingiustizie e mancanza di dialogo: è l’appello di Makaziwe Mandela, detta Maki, attivista e stilista, nella giornata in memoria del padre Nelson, eroe della lotta anti-apartheid e Nobel per la pace.
Di conflitti si parla a Roma, anche in risposta a una domanda dell’agenzia Dire. Siamo alla Nelson Mandela Library, una biblioteca comunale dedicata all’icona sudafricana il 14 febbraio 2014, due mesi dopo la sua scomparsa. Volumi su tanti temi con un’attenzione privilegiata per il sociale e anche il “Mandela Corner”, una sezione con libri per adulti, ragazzi e bambini su Africa, pace e libertà.
Si riparte da qui nell’intervista, il 18 luglio, anniversario della nascita dell’attivista anti-apartheid, con una domanda sull’Europa e il conflitto armato deflagrato in Ucraina. La premessa di Maki, 68 anni, figlia del matrimonio di Mandela con Evelyn Mase, è che in realtà “il mondo è nel caos” già da tempo. “L’Africa ha avuto guerre per decenni e ci sono stati i conflitti in Afghanistan, Libia e Siria“, sottolinea. “Credo che ora l’Europa provi dolore e paura perché il conflitto è arrivato ai suoi confini; dopo la Seconda guerra mondiale le nazioni si erano unite e avevano affermato di volersi impegnare per la pace ma questa promessa è stata tradita a causa dell’avidità, del razzismo e della povertà“.
Secondo Maki, a Roma dopo una tappa alla Torino Fashion Week dove è tornata con la sua House of Mandela, casa di abbigliamento streetwear omaggio ai disegni e alle camicie multicolor del premio Nobel, le disuglianze sociali e di opportunità generano inevitabilmente instabilità e violenza. “Il mio messaggio al mondo – sottolinea – è che dobbiamo ritrovarci attraverso il confronto e il dialogo, lottando nelle nostre comunità contro ogni tipo di discriminazione e razzismo e impegnandoci a includere le persone che sono diverse da noi“.
Nella Nelson Mandela Library sono esposti disegni realizzati dell’attivista anti-apartheid prima, durante e dopo i 27 anni trascorsi in carcere ai tempi del regime segregazionista. Mani che si levano al cielo o pugni che spezzano catene, riprodotti nelle “struggle series”, la “serie della lotta” sulle camicie oversize ideate da Maki e da sua figlia Tukwini. A Torino sono state premiate con “La moda veste la pace”, un riconoscimento per chi si distingue per l’impegno in favore dell’inclusione.
La lotta resta però difficile, anche in Sudafrica, a 18 anni dalla fine del regime di apartheid. “Il Paese non è ancora arrivato dove avremmo voluto” ammette Maki. “Ci sono molte sfide da affrontare, come la disoccupazione giovanile, che oggi è del 54 per cento, e come il divario tra ricchi e poveri, che continua ad aggravarsi“. È la conferma, come disse Mandela, che “dopo aver scalato una montagna ti rendi conto che ce ne sono sempre altre da scalare“. Eppure Maki si definisce “inguaribile ottimista“, risponde volentieri a una domanda su papa Francesco (“dice che tutti abbiamo la capacità naturale di fare del bene, sono d’accordo“) e conclude: “Una delle cose che ho imparato da mio padre è che se fai vincere la rabbia finisci solo per uccidere se stessi“.