Ucraina. Morico (Soleterre), ‘La guerra non ferma i ritorni e il lavoro’

Agenzia Dire

In Ucraina, oltre alle bombe, la popolazione fa i conti con la scarsità di medicine e strumentazioni mediche, i blackout continui e le difficoltà a integrarsi in zone nuove, lontane da casa. Ma con la guerra la gente ha anche “sviluppato un forte attaccamento alla nazione, e quindi resilienza. In tanti stanno tornando nelle zone che sono state liberate, pur sapendo che potrebbero trovare le loro case distrutte e manchino i servizi”. Lo riferisce all’agenzia Dire da Kiev Valentina Morico, capomissione in Ucraina per Soleterre. La Fondazione, continua Morico, lavora “sull’emergenza ancora in atto: mancano cibo, coperte, alloggi e denaro. Facciamo quindi distribuzioni di prodotti di base, cercando di raggiungere le comunità periferiche e rurali, in collaborazione con le municipalità locali, e poi offriamo sostegno in ambito sanitario. Collaboratiamo con 14 ospedali, in cinque dei quali abbiamo sportelli psicologici permanenti”.
Oltre al sostegno ai minori oncologici, attività che la onlus svolgeva già prima della guerra, “ci occupiamo dei bambini e delle loro famiglie rimaste colpite dagli attacchi sia nel fisico che nella mente. I medici con cui collaboriamo- avverte Morico- lamentano la paura di restare senza medicinali e attrezzature, anche perché le istituzioni impiegano la maggior parte dei fondi per fare fronte alla guerra”, che non accenna a rallentare.
Soleterre lavora anche su “progetti di sviluppo, che prevedono azioni continuative” dice la capomissione, che prosegue: “abbiamo portato il sostegno psicologico fuori degli ospedali per raggiungere la popolazione vulnerabile, come gli sfollati o i residenti nelle zone più esposte, anche grazie all’attivazione di una ‘hotline’ che conta in media 350 chiamate al mese”. L’organizzazione fornisce anche formazione ai medici, “l’ultimo è stata a Leopoli- dice Morico- e ha riguardato una tecnica che stimola la rigenerazione delle cellule dei tessuti per accelerare la guarigione delle ferite di guerra che, nei casi più gravi, rischiano di non rimarginarsi mai”.
Morico illustra poi i progetti futuri: “presto inizieremo attività per consentire l’integrazione di giovani e adulti a livello sociale e lavorativo, non solo per ricostruire il senso di comunità, ma anche per dare formazione e supporto occupazionale”. A causa dei combattimenti in tanti hanno dovuto lasciare le zone natie e le difficoltà di integrazione “riguardano soprattutto i russofoni. In generale- continua la responsabile- non è facile ricostruire una vita lontani dal proprio contesto”.
La guerra, informa Morico, ha anche lasciato senza lavoro tante persone, ma “il mercato del lavoro è dinamico”, assicura: “la partenza delle famiglie o i tanti uomini chiamati al fronte hanno creato buchi occupazionali, mentre il flusso di fondi donati da tutto il mondo vengono impiegati, come scelta etica precisa, soprattutto nelle aziende locali, che quindi stanno crescendo” conclude la capomissione.