Ucraina. Non solo Russia e NATO, ma un fronte unico euroasiatico

di Arduino Paniccia * –

L’atteggiamento del presidente russo Vladimir Putin, le dichiarazioni dei suoi ministri e la mobilitazione che prosegue ormai da mesi delle forze terrestri e aeronavali ci fa innanzitutto capire che il post pandemia è segnato da un marcato ritorno ad una competizione non soltanto militare e tecnologica, ma anche economica e geopolitica tra il blocco occidentale e l’alleanza russo-cinese.
È stata sicuramente la Federazione Russa, con le crescenti intimidazioni, ammassamenti di truppe e manovre navali e negli spazi aerei a rendere incandescenti i rapporti con la NATO e con gli Stati Uniti.
È evidente che Mosca intenda tenere in mano l’iniziativa sul fronte esterno, rinsaldare la sua popolarità in declino sul fronte interno e mantenere stretta l’alleanza con la Repubblica Popolare Cinese, già sancita da ormai oltre un decennio nell’ambito dell’Organizzazione di Shangai SCO.
Il recente monito del presidente Putin al temine del primo round di negoziati è stato chiaro: ha avvertito Washington di fare attenzione perché l’atteggiamento statunitense sta trascinando nel conflitto la Federazione Russa che ha invece, sempre secondo il suo presidente, l’obiettivo di stabilizzare i confini Est Europei determinando la fine dell’espansione NATO che, dal momento della caduta del Muro di Berlino, ha associato 15 Paesi, dei quali molti dell’ex Patto di Varsavia.
Il filo delle trattative tuttavia non è interrotto, né nessuna delle parti ha abbandonato il tavolo diplomatico in atto. Ma la Russia, sostanzialmente, non vuole che ai suoi confini diretti non solo stazionino truppe e armamenti della NATO, ma anche un folto schieramento di missili e di basi militari.
Sembrerebbe quasi che, a 30 anni dalla caduta del Muro, l’epoca nella quale i Paesi hanno diritto di procedere con la propria autodeterminazione e la scelta delle alleanze, anche militari, sia conclusa.
Potremmo, quindi, affermare che il ciclo trentennale apertosi nel momento in cui si considerava, con l’implosione dell’Unione Sovietica e il crollo del comunismo, che fosse arrivata la fine della storia, come scrisse Francis Fukuyama, stia terminando e si stia profilando un nuovo ciclo economico, politico e strategico completamente diverso e, per il momento, immerso nelle nebbie di un futuro non chiaro. Un nuovo gioco tra potenze, o meglio un braccio di ferro tra potenze, nel quale sostanzialmente alle autocrazie asiatiche si contrappongono, in qualche momento senza una forte coesione e decisione, le democrazie occidentali, l’Europa e la NATO, anche se proprio le posizioni della Germania, il problema dell’energia e dei gasdotti sono alcune delle cause dell’atteggiamento apparentemente poco fermo dell’Unione Europea.
Non possiamo fare a meno di notare, tuttavia, che la temuta chiusura dei rubinetti del gas da parte della Federazione Russa provocherebbe certamente sconforto, nell’inverno, alle famiglie di mezza Europa ma, e questo è l’aspetto più strategico, anche per la Russia, che fornisce il 40% del gas all’Europa, la perdita per i mancati introiti avrebbe un impatto enorme sul bilancio e, quindi, sulla sopravvivenza della Federazione che, come sappiamo, vive di vendite di energie e di armamenti.
Quindi, primo punto da sottolineare è che la questione del gas non è solo a svantaggio dell’Europa, ma va valutata in forma più strategica.
Il secondo punto riguarda più propriamente il pericolo dell’invasione. È molto improbabile che Mosca non abbia valutato tutti gli svantaggi e i rischi di una offensiva in Ucraina, compreso quello più volte richiamato di un governo filorusso instaurato contro un fortissima opposizione popolare.
Nonostante il precedente della fine della grande crisi che ha squassato le economie occidentali dal 2007 al 2012, al termine della quale Putin ha avviato la sua fase di espansione con le operazioni in Siria, Crimea Libia e nel Caucaso, risulta difficile pensare che ora, al termine della pandemia, che peraltro ha colpito fortemente anche le due autocrazie della cooperazione di Shanghai, Mosca si imbarchi in una avventura militare dagli esiti molto dubbi.
Anche il pattugliamento della flotta russa nel Canale di Sicilia attiene alla vicenda dell’utilizzo dell’arma del gas come elemento di pressione verso un Paese NATO, la cui proiezione nel Mediterraneo è fortemente strategica, quale è l’Italia. Se da un lato Putin assicura benevolmente a Draghi che non farà mai mancare il gas all’Italia, dall’altro la presenza della flotta russa ricorda che per tutte le vicende nordafricane, al contrario di un tempo, non esiste solo la flotta NATO ma, oggi, bisogna tener conto che nel Mediterraneo ci sono le basi marittime che ospitano navi militari russe, dalla Siria fino alla Libia, passando per l’Egitto.
Dobbiamo, quindi, ritenere che l’operazione di Putin abbia uno scopo strategico di deterrenza verso la NATO e verso schieramenti troppo improvvisi dell’Ucraina e che, in realtà, sia più tesa alla ridefinizione degli equilibri sul fronte euroasiatico nel quale la Russia ottenga le sufficienti garanzie e, naturalmente, qualche possibile vantaggio nei confronti dello schieramento “avversario”.
Il vero obiettivo è che non avvenga la paventata adesione dell’Ucraina alla NATO e, nel breve-medio periodo, che l’Ucraina resti anche al di fuori dell’Unione Europea.
In una situazione così complessa strategicamente, va compreso che l’alleanza sempre più stretta con la Cina impedisce che la Federazione Russa resti completamente isolata, quindi l’illusione che le dure sanzioni possano condurre a molti più miti consigli la dirigenza della Federazione è, come è accaduto con le sanzioni nel corso degli ultimi 50 anni, qualcosa che finisce per assomigliare ad una illusione perché, probabilmente, l’unico risultato che esse finirebbero per avere sarebbe un concreto aumento degli scambi tra Russia e Repubblica Popolare, non solo militari ma anche economici e tecnologici, con una contropartita di una ulteriore importante riduzione del mercato e degli scambi europei.
Per concludere, la riflessione strategica vera alla base di questo nuovo scontro tra potenze è che l’Occidente, i suoi Governi e i suoi Stati Maggiori devono considerare il fronte euroasiatico come sempre più unico, con tutto quello che ne deriva dal punto di vista delle decisioni politiche, militari e diplomatiche
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* Arduino Paniccia, presidente ASCE Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia.

Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.