Ucraina. Orban vede il cinese Xi

di Giuseppe Gagliano

Viktor Orban, primo ministro ungherese, è al centro di un vortice diplomatico che ha scosso l’Unione Europea e oltre. Dopo aver assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’UE il 1 luglio, Orbán ha intrapreso un tour diplomatico che ha visto incontri con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il leader russo Vladimir Putin, e il presidente cinese Xi Jinping, e che culminerà con la sua partecipazione al summit NATO di Washington. Questo frenetico susseguirsi di incontri ha sollevato numerosi interrogativi sulla strategia del premier ungherese. Orbán, spesso criticato per il suo autoritarismo e l’antieuropeismo, sembra voler posizionare l’Ungheria come un mediatore indipendente, un ruolo che nessuno si aspettava e che ha sorpreso molti leader europei. Tuttavia l’iniziativa di Orbán non è priva di scetticismo. Le sue dichiarazioni di allineamento con il piano di pace di Xi Jinping, respinto dagli Stati Uniti, e la sua continua cooperazione energetica con la Russia suggeriscono che le sue mosse siano motivate da interessi economici e geopolitici piuttosto che da un sincero desiderio di pace. La reazione dei politici europei è stata di furiosa incredulità, mentre la NATO ha minimizzato l’importanza dei colloqui di Orban. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha sottolineato che Orban non ha alcun mandato NATO, una puntualizzazione che appare quasi superflua, ma che riflette la confusione generale suscitata dalle azioni del premier ungherese. La mossa di Orbán può essere vista come un tentativo di guadagnare prestigio internazionale e di rafforzare la sua posizione interna, presentandosi come un leader capace di dialogare con tutte le parti in conflitto.
Tuttavia è improbabile che questi colloqui portino a risultati concreti, data la determinazione dell’UE e degli USA a perseguire una sconfitta militare della Russia. Orban propone un approccio diametralmente opposto: negoziare prima di tutto e con tutti, inclusa la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping, ma questa strategia è vista con sospetto da chi crede che fermare la guerra senza una chiara vittoria potrebbe significare una sconfitta per l’occidente.
I legami economici di Orban con la Cina, evidenziati dai progetti multimiliardari in Ungheria, e la dipendenza energetica dalla Russia, rendono evidente che le sue azioni non sono disinteressate. Questa dinamica mette in luce la complessità della situazione geopolitica attuale, dove ogni attore ha interessi propri che spesso si sovrappongono e confliggono con quelli degli altri. La vera sfida rimane fermare la guerra, un obiettivo che, nonostante le dichiarazioni di principio, appare sempre più distante.