Ucraina. Reazione del Medio Oriente: una prospettiva dello scenario

di Michele Magistretti e Emanuele Volpini * –

L’invasione russa dell’Ucraina ha comportato alcune ripercussioni nel panorama politico-strategico del Medio Oriente. Anche gli orientamenti di voto all’interno degli organi ONU hanno delineato una varietà di approcci differenti rispetto al dossier.

Israele e Turchia: tra condanna e diplomazia pragmatica. Paesi come la Turchia e Israele, pur condannando l’azione aggressiva di Mosca in modo diretto e nelle organizzazioni internazionali, rimangono tra gli attori in prima linea a non aver assunto una posizione di contrasto ferreo al Cremlino, per varie ragioni.
Nel giorno successivo all’invasione, Israele ha emesso una cauta condanna senza menzionare direttamente la Russia e il suo presidente. Questa iniziale tiepidezza, in realtà in essere già durante le tensioni del periodo precedente, è dovuta a una necessità di bilanciare l’alleanza con il resto del blocco occidentale e i buoni rapporti con Mosca. Israele da tempo gode della benevola inazione russa riguardo i suoi raid in terra siriana contro i proxies iraniani. Successivamente, Israele ha deciso di inviare aiuti umanitari a Kiev e lo stesso presidente Zelensky ha più volte chiesto la mediazione israeliana per eventuali negoziati con Mosca.
Il 5 marzo, il premier israeliano Naftali Bennett, si è recato, violando lo Shabbat, a Mosca dove ha intrattenuto intensi colloqui con il presidente russo. Israele gode di buoni rapporti con entrambi i belligeranti, ospita una copiosa comunità di ebrei sia ucraini sia russi, con quest’ultimi che superano il milione di unità. Inoltre, lo stesso presidente ucraino è di origine ebraica.
L’altro attore mediorientale più attivo sul dossier ucraino è la Turchia. Pur condannando le azioni russe, non si è accodata all’Occidente nell’imposizione del pesante ed eterogeneo pacchetto sanzionatorio. Il primo incontro tra i ministri degli esteri di Ucraina e Russia, Kuleba e Lavrov, si è tenuto ad Antalya, con la mediazione dell’omologo turco, Çavuşoğlu. Pur non avendo prodotto molti risultati concreti, questo meeting diplomatico ha permesso alla Turchia di promuovere la propria immagine di mediatore e di lanciare un messaggio a Washington come partner che si adopera per la risoluzione delle crisi regionali. Questo nuovo slancio diplomatico da parte turca è da leggere anche alla luce delle recenti difficoltà sul versante economico e dai rischi che Ankara potrebbe correre assumendo una posizione più dura nei confronti di Mosca.

Siria e Iran: tra sostegno e neutralità di facciata. Il sostegno siriano non è sicuramente una sorpresa per la comunità internazionale. Storicamente parlando il Paese e la famiglia degli Assad sono alleati di Mosca. Dallo scoppio della guerra civile nel 2012, inoltre, l’alleanza tra Damasco e la sua controparte russa è andata via via rafforzandosi. In una proiezione geostrategica più ampia, il rapporto tra i due attori è di reciproco scambio e beneficio: dalla parte siriana, l’aiuto militare e diplomatico russo è fondamentale per contrastare i ribelli e i challenger regionali. Inoltre, non bisogna dimenticare la questione alimentare: la Russia provvede alla produzione della maggior parte del grano esportato in Medioriente e in Siria quasi 12 milioni di persone vivono e lottano contro l’insicurezza alimentare. Dall’altra parte, Putin e il Cremlino vogliono sfruttare la posizione siriana per monitorare ed eventualmente espandere l’influenza di Mosca nella regione mediorientale e in direzione del mediterraneo orientale, estremamente importante per il settore energetico.
La posizione iraniana rimane ufficialmente quella della neutralità. Durante le votazioni del 2 marzo, Teheran si è astenuta dallo schierarsi contro o a favore dell’intervento russo. Tuttavia, i messaggi del governo iraniano sono relativamente espliciti. La partnership con Mosca ha acquisito sempre più importanza nell’ultima decade, vedendo i rapporti tra i due attori rafforzarsi sotto molti punti di vista. A livello politico-diplomatico, il sostegno iraniano alla “special military Operation” è da leggere in chiave anti-americana. Dopo quasi mezzo secolo di lotta ideologica all’imperialismo delle grandi potenze, l’Iran e i suoi vertici dichiarano formalmente di comprendere e sostenere le azioni del presidente Putin. Dall’altra parte, Teheran spera di ottenere tramite questa presa di posizione proficui vantaggi: a livello economico, militare (la Russia è il principale fornitore di armi dell’Iran) e politico. Non va dimenticato che l’Iran, prima delle sanzioni che hanno reso la Russia il paese più colpito al mondo, era il paese con il maggior numero di sanzioni a proprio carico. Tuttavia, l’astenersi dalla votazione ha evidenziato come di fatto tra Teheran e Kiev vi siano rapporti diplomatici, dopo che nel 2018 l‘Iran aveva mediato la crisi degli stretti di Kerch tra l’Ucraina e la Russia e dopo che nel 2020 i sistemi missilistici iraniani avevano abbattuto un volo di linea ucraino uccidendo tutti i passeggeri.

* Analisti di geopolitica – Mondo Internazionale.

Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.

(Foto: Depositphotos).