Ucraina. Scontri concentrati a sud. Per Putin le sanzioni sono ‘azione di guerra’

di Guido Keller

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha tenuto una conferenza stampa denunciando che “Zelensky è dispiaciuto che la Nato non intervenga, (…) cerca di provocare il conflitto contro la Russia con la partecipazione della Nato”. In realtà non da oggi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky auspica l’intervento della Nato contro la Russia, per quanto la cosa si tradurrebbe con tutta probabilità in una guerra su larga scala. Zelensky ha anche attaccato la Nato per aver respinto la richiesta di una “no fly zone” sull’Ucraina, che per essere rispettata avrebbe significato far intervenire gli aerei della Nato, ed ha dichiarato che “i morti saranno anche colpa vostra”.
In realtà Mosca e Washington si confrontano quotidianamente sulla crisi, ed è palese che l’Ucraina sia vittima di un conflitto più ampio, che vede l’espansione della Nato sempre più a est e la Russia determinata a non accettarlo passivamente, per non ritrovarsi basi nemiche al confine. Tant’è che già all’incontro Nato di Bucarest del 2008 era stata annunciata l’intenzione di allargare l’alleanza ad Ucraina e Georgia, ed oggi tra le richieste della Russia vi è la neutralità e la smilitarizzazione dell’Ucraina.
Jo Biden ha di fatto lasciato solo Zelensky, ma diversamente non avrebbe potuto fare, dal momento che l’Ucraina non partecipa alla Nato.
Per il presidente russo Vladimir Putin imporre una “no flyer zone” sull’Ucraina e l’aver introdotto pesanti sanzioni sono atti che corrispondono ad “un’azione di guerra”, ma se per per il primo punto potrebbe avere parzialmente ragione, dal momento che i caccia Nato si troverebbero a combattere nei cieli ucraini per tentare di scacciare gli avversati, per il secondo sbaglia, dal momento che le sanzioni rappresentano un legittimo diritto in risposta all’aggressione di un paese sovrano.
La situazione in Ucraina continua ad essere drammatica soprattutto a sud, dove Putin conta di dare continuità territoriale alla Crimea, e preoccupa in queste ore quanto sta accadendo a Mariupol. Le notizie indicano di aspri bombardamenti, ma il ministero della Difesa russo ha denunciato in via Twitter che “i gruppi di nazionalisti ucraini non hanno permesso ai civili di Mariupol e di Volnovakha di lasciare le città”, e che “l’offensiva è ripresa a causa della riluttanza da parte ucraina ad esercitare pressione sui nazionalisti per prolungare la tregua”. Secondo le autorità ucraine i militari russi non avrebbero rispettato la sospensione delle ostilità.
Scontri sono in corso in diverse altre località del paese, ed anche a Kiev sono suonate le sirene. Gli ucraini sembrano comunque resistere, e le autorità militari hanno reso noto che in 26 ore, soprattutto grazie agli Stinger, sono stati abbattuti 4 aerei da caccia e un elicottero d’assalto russi. Media ucraini hanno inoltre riportato che le forze locali hanno ripreso il controllo di Mykolayv, città portuale del sud, e che si sono impadronite degli armamenti russi trovati in loco. Vi è quindi la possibilità che con il passare del tempo il conflitto si trasformi in guerriglia, cosa che temono i generali russi. Zelensky ha riportato che sarebbero almeno 10mila i militari russi morti ad oggi nell’offensiva.
Intanto la diplomazia continua a muoversi. Il primo ministro israeliano Naftali Bennett si è recato a Mosca dove ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin, in un colloquio durato tre ore, come riportano i media israeliani. Bennet avrebbe discusso della crisi, chiesto tutela per i cittadini israeliani in Ucraina, ed avrebbe parlato della contrarietà di Israele ai colloqui di Vienna sul nucleare iraniano. Domani incontrerà il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino.