Ucraina. Tregua: l’occidente in attesa della risposta di Putin

di Riccardo Renzi *

Negli scorsi giorni molte testate giornalistiche mainstream avevano riportato la notizia di come l’abbandono degli ucraini della zona del Kursk facesse parte delle strategie per la tregua dei trenta giorni concordata dagli USA, ma le analisi militari e la chiamata tra Trump e Putin rivelano tutt’altro scenario, che è bene andare ad esaminare.
Il diplomatico russo Yuri Ushakov, consigliere presidenziale per la politica estera, ha sottolineato che la proposta di cessate-il-fuoco avanzata dagli Stati Uniti, accettata dal governo ucraino, non sarebbe che una “mossa frettolosa”. Secondo Mosca un accordo di tregua che non affronti in modo completo le problematiche centrali, come la neutralizzazione dell’Ucraina rispetto alla NATO e la definizione dei confini territoriali, non avrebbe valore a lungo termine. In particolare la Russia si è espressa in modo fermo sull’impossibilità di discutere l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica come parte di un accordo di pace.
Le richieste avanzate dalla Russia per una tregua di 30 giorni sono esplicite: la non adesione dell’Ucraina dalla NATO, l’assenza di militari stranieri sul territorio ucraino e il riconoscimento internazionale della Crimea e delle quattro province separatiste come parte integrante della Federazione Russa. In particolare Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia sono viste da Mosca come territori russi, un punto cruciale che le autorità russe non intendono negoziare.
Questa posizione di Mosca non è una sorpresa, poiché da tempo la Russia ha manifestato la sua determinazione nel mantenere una sfera di influenza sulla regione e nel definire nuovi confini che rispecchiano la sua visione di sicurezza nazionale. L’intransigenza russa sul riconoscimento di queste annessioni suggerisce che Mosca consideri la questione come un “affare chiuso”, rendendo ogni ulteriore discussione su tali territori un punto di conflitto con l’Occidente.
La comunità internazionale, e in particolare gli USA, sta cercando di mediare tra le esigenze della Russia e quelle dell’Ucraina con l’obiettivo di portare a una de-escalation. Tuttavia la Russia non ha mostrato segnali concreti di una volontà di pace immediata, come evidenziato dalle parole di Ushakov, che ha definito la proposta di tregua come un’opportunità per Kiev di “riprendersi dalla pressione”. Mosca ha chiaramente indicato che la sua condizione per ogni cessate-il-fuoco deve essere legata a una risoluzione politica più ampie, in cui le sue richieste territoriali siano riconosciute.
La diplomazia americana ha cercato di allentare la tensione, con l’inviato speciale Steve Witkoff che ha raggiunto Mosca per discutere la tregua. Tuttavia i negoziati sembrano ancora lontani da una soluzione concreta, con Mosca che non ha ancora risposto ufficialmente alla proposta di cessate-il-fuoco avanzata a Gedda. La continua mancanza di risposte chiare dalla parte russa suggerisce che il Cremlino non sia ancora pronto ad abbandonare la sua strategia di massima pressione per ottenere concessioni politiche.
Dal lato ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso preoccupazione per l’atteggiamento russo, accusando Mosca di cercare di “prolungare la guerra” e di “posticipare la pace”. La sua denuncia, ovvero che la Russia non stia rispondendo in modo significativo alle proposte di tregua, riflette una crescente frustrazione con la mancanza di un impegno costruttivo da parte di Mosca. Zelensky ha sottolineato che la pressione degli Stati Uniti potrebbe essere cruciale per costringere la Russia a sedersi al tavolo dei negoziati in modo più serio.
L’alleanza tra Ucraina e occidente, specialmente con gli Stati Uniti, rimane una parte centrale nella strategia di difesa di Kiev. Washington ha infatti continuato a supportare l’Ucraina militarmente e diplomaticamente, anche con nuovi aiuti economici e militari, come dimostra l’ultimo pacchetto di aiuti da 200 milioni di euro annunciato dalla Finlandia. Tuttavia il continuo rinvio di risposte dalla Russia rende difficile prevedere un rapido allentamento delle ostilità.
Nel frattempo la guerra sul terreno non mostra segnali di diminuzione. La Russia sta concentrando i suoi sforzi sul controllo di Kursk, una regione cruciale per la sua strategia militare. Le forze russe hanno continuato a lanciare attacchi contro le posizioni ucraine, mentre Mosca ha dichiarato di aver abbattuto numerosi droni lanciati dall’Ucraina nelle ultime ore. Questo scenario di violenze quotidiane si inserisce in un contesto più ampio, dove la diplomazia fatica a fare progressi concreti, mentre le operazioni militari avanzano su entrambi i fronti.
Le richieste russe, se accettate, potrebbero segnare una significativa modifica dell’ordine geopolitico europeo, con la Russia che consoliderebbe la sua influenza sull’Ucraina e sull’Europa orientale. Il riconoscimento internazionale delle annessioni di Crimea e delle province separatiste potrebbe stabilire una nuova realtà territoriale, con implicazioni enormi per la sicurezza e la politica internazionale. D’altra parte l’occidente potrebbe continuare a considerare questa mossa inaccettabile, continuando a supportare l’Ucraina in una guerra che rischia di prolungarsi senza una fine visibile.
Il conflitto in Ucraina quindi non è solo una guerra regionale, ma un conflitto globale che coinvolge potenze che cercano di ridisegnare la mappa geopolitica. La Russia, che cerca di affermare la sua sicurezza e la sua influenza nella regione, e l’occidente, che vede nell’indipendenza dell’Ucraina un simbolo di resistenza contro l’autocrazia, sono ormai in un’impasse difficile da superare. La risoluzione del conflitto potrebbe richiedere non solo compromessi politici, ma una ridefinizione degli equilibri di potere tra le grandi potenze.
La Russia, con la sua posizione fermamente radicata, sta cercando una soluzione che vada oltre il conflitto immediato e punti a un riassetto geopolitico duraturo. Le sue richieste, che comprendono la neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento dei territori annessi, non sono semplicemente un punto di negoziazione, ma rappresentano una parte fondamentale della sua strategia di sicurezza nazionale. Tuttavia il mondo sta aspettando una risposta chiara da Mosca, e la diplomazia internazionale dovrà affrontare difficili sfide per evitare che questo conflitto si prolunghi ulteriormente, con tutte le sue implicazioni globali.

* Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.