Ue. I “prestiti” di Ursula von der Leyen

di C. Alessandro Mauceri

Dopo aver messo in rete un video in cui faceva vedere canticchiando l’inno europe come ci lava le mani, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato quali saranno gli aiuti economici ai cittadini europei e alle imprese. Una notizia accolta con piacere da molti, specie dopo le ripetute “fumate nere” seguite alle riunioni dei ministri dei vari paesi che non erano riusciti a trovare alcun accordo.
Forse è per questo che i giornali di tutta Europa hanno riempito le prime pagine di titoli a tre colonne con foto della presidente della Commissione europea che annunciava aiuti per quasi tremila miliardi di Euro, una cifra superiore addirittura a quella promessa da Trump agli americani!.
Durante conferenza di presentazione, la von der Leyen ha parlato degli aiuti in modo piuttosto generico mentre alle sue spalle veniva proiettata una slide con una cifra piena di zeri: €2.770.000.000.000 (deumilasettecentosettantamiliardi di euro…).
Quanto basta per far girare la testa ai presenti che non hanno più potuto ascoltare con attenzione le sue parole: “Ad oggi l’Ue, e cioè le istituzioni europee e gli Stati membri, hanno mobilitato 2.770 miliardi di euro”. “E’ la più ampia risposta finanziaria ad una crisi europea mai data nella storia”. Nessuno ha ponderato bene queste parole: “mobilitato” non vuol dire “concesso” o “stanziato”. Nè tanto meno “regalato”.
Agli osservatori più attenti però non è sfuggito che sulla stessa diapositiva dove era riportata questa cifra astronomica, c’era un’altra cifra, in caratteri molto più piccoli: 100 miliardi di Euro. Sarebbe questa (e non 2.770 miliardi di Euro) la somma destinata al fondo SURE, un “mezzo acronimo” di Support to mitigate unemployment risks in emergency (manca la M di Mitigate, ma certamente gli esperti di marketing hanno pensato fosse più importante infondere “sicurezza” ai cittadini europei). Ancora una volta il condizionale: “sarebbe”. Il motivo è sempre lo stesso: come ha ammesso la stessa von der Leyen, non c’è ancora niente di certo: “L’iniziativa sarà presentata all’Eurogruppo e confido che sarà adottata velocemente”.
“Questa è solidarietà europea”, ha dichiarato la von der Leyen. Una solidarietà strana. Quelli annunciati dalla presidente della Commissione europea non saranno “solidarietà”, ma solo un “prestito”: SURE, infatti, non sarebbe che un fondo per finanziare le casse integrazioni nazionali e per proteggere i posti di lavoro. In altre parole, un semplice prestito che i paesi beneficiari potranno richiedere ma dovranno anche restituire. E con gli interessi, pare ridotti, ma non c’è ancora niente di certo). Anzi, come se non bastasse a fornire garanzie per questo prestito non saranno né il Parlamento europeo né (figurarsi) la Commissione europea: saranno gli stati europei che dovranno fornire almeno 25 miliardi di Euro di garanzie “volontarie”, ed ancora una volta l’uso delle parole ricorda più un trattato di marketing o la campagna per la vendita di una merendina che un piano finanziario di portata storica.
É tutta qui la geniale trovata della Commissione europea per aiutare i paesi e le aziende in difficoltà. A confermarlo il commissario Paolo Gentiloni. il quale ha dichiarato che si dovranno raccogliere risorse sui mercati (un eufemismo per far uscire questi soldi ai cittadini e alle banche capaci di investire) emettendo bond con tripla A, che prevedono tassi bassissimi. Lo stesso Gentiloni aveva bollato sia i Coronabond che il Mes come misure inefficaci. Il fondo SURE invece sarebbe “la prima risposta comune dei Paesi europei” a questa crisi e “il primo esempio concreto, un passo forse storico”.
“Oggi l’Europa si mobilita al fianco dell’Italia”, ha dichiarato Ursula von der Leyen, “presentando un pacchetto di misure solidali”. Dimenticando che fino a quando l’epidemia di corona virus ha riguardato l’Italia, nessuno in Europa aveva fatto niente di niente. Solo dopo che la situazione è diventata critica per tutti i paesi dell’Unione si è pensato di fare qualcosa. Ad ammetterlo è stata la stessa presidente della Commissione: “Va riconosciuto che nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria”.
“Sento che molti invocano un nuovo piano Marshall. Il budget dell’Unione dovrebbe essere il nostro piano Marshall”, ha dichiarato la Presidente della Commissione europea.
Una citazione preoccupante. Forse la von der Leyen sperava che i suoi ascoltatori non conoscessero la storia. Il cosiddetto “piano Marshall” venne presentato dal generale e poi segretario di stato degli USA, George Marshall, durante un discorso tenuto all’Università di Harvard, il 5 giugno 1947. Marshall parlò di un piano di ricostruzione economica dell’Europa, ma esattamente come ha fatto la von der Leyen nei giorni scorsi non entrò del dettaglio rimandando questa decisione a successivi interventi e soprattutto alle decisioni prese nei successivi 4 anni dall’ OECE, Organization for European Economic Cooperation, creato a tale scopo.
Secondo molti il piano Marshall non fu solo un modo per aiutare economicamente l’Europa: fu lo strumento per porre le basi della futura unione dei paesi europei.
C’è chi ritiene che a fronte di innegabili aspetti positivi questi aiuti (14 miliardi di dollari in quattro anni) non abbiano avuto gli effetti sperati sull’economia europea: la crescita fu molto più lenta di quella sperata e dovuta più al basso costo del lavoro (cosa però che portò ad un ristagno nella spesa e nei consumi) che ai finanziamenti concessi dagli USA. Gli stati europei chiesero all’ECA, l’organismo che si occupava del coordinamento degli aiuti e rispondeva a Washington, di sanare gli squilibri microeconomici che si erano creati tra le diverse regioni europee, ma questo obiettivo rimane ancora oggi una mera chimera. Di certo, il piano Marshall servì a favorire gli scambi commerciali tra Europa e USA. Cosa questa che fu molto utile per l’economia americana: la disoccupazione passò in pochi anni da 10 milioni di lavoratori senza lavoro stabile a soli 2 milioni.
E’ presto per dire se il fondo SURE avrà lo stesso risultato: probabilmente più che ad “aiutare” i paesi europei servirà a legarli a filo doppio ai finanziamenti concessi dalle banche, le quali in cambio avranno una forma di investimento sicuro, non è un caso la tripla AAA dichiarata da Gentiloni prima ancora della definizione e dell’emissione sul mercato, per compensare le speculazioni e le perdite subite in questo periodo.
Sempre che i SURE diventino realtà: il premier olandese Mark Rutte, che non ha messo in rete alcun video mentre si lavava le mani canticchiando l’inno nazionale, ha già presentato una controproposta: un fondo di emergenza Covid-19 per aiutare gli Stati membri più colpiti dalla pandemia e far fronte alle spese legate all’emergenza sanitaria, senza alcuna condizionalità.