Arabia Saudita. Mbs, ‘600 mld di dollari di investimenti negli Usa’

di Giuseppe Gagliano

Mohammed bin Salman, principe ereditario dell’Arabia Saudita, ha annunciato l’intenzione di voler investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni, fatto che rappresenta un passo strategico che va oltre il semplice rafforzamento dei legami economici tra Washington e Riad. È un chiaro segnale di come la geopolitica e la geoeconomia si intreccino sempre più strettamente nel contesto attuale, dove gli interessi strategici degli Stati si giocano su molteplici piani, spesso intrecciati.
Questa mossa saudita deve essere interpretata alla luce di due dinamiche fondamentali. La prima riguarda il consolidamento dell’asse tra Stati Uniti e Arabia Saudita, un rapporto che, nonostante le tensioni degli anni passati, soprattutto a seguito dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, rimane centrale per entrambi i Paesi. Gli Stati Uniti, con Donald Trump nuovamente alla presidenza, sembrano intenzionati a rafforzare il proprio peso nel Golfo, un’area cruciale per gli equilibri energetici e strategici globali. L’Arabia Saudita, dal canto suo, cerca di rafforzare la propria posizione come partner indispensabile per Washington, consapevole del ruolo che la cooperazione con gli Stati Uniti gioca nella sicurezza del Regno e nel sostegno ai suoi ambiziosi piani di modernizzazione.
La seconda dinamica riguarda la trasformazione interna dell’Arabia Saudita attraverso il piano Vision 2030, un progetto che mira a diversificare l’economia saudita, tradizionalmente dipendente dagli idrocarburi. Gli investimenti annunciati verso gli Stati Uniti potrebbero essere letti anche come una strategia per garantire l’accesso alle tecnologie avanzate e al know-how necessari per trasformare il regno in un hub tecnologico ed economico. Il progetto Neom, con i suoi obiettivi futuristici, rappresenta un esempio emblematico di questa ambizione. Tuttavia, le difficoltà economiche legate al calo dei prezzi del petrolio e alla necessità di finanziare progetti così mastodontici mettono Riad di fronte a sfide significative.
Sul piano geoeconomico, la promessa di 600 miliardi di dollari si collega anche alla competizione globale per il controllo delle tecnologie e delle risorse. Una parte significativa di questi investimenti sarà probabilmente destinata all’acquisto di sistemi di difesa e armamenti statunitensi, consolidando la dipendenza saudita dall’industria militare americana. Ma non si tratta solo di armi: l’Arabia Saudita potrebbe sfruttare questa occasione per rafforzare la propria collaborazione con gli Stati Uniti in settori strategici come l’intelligenza artificiale, l’energia rinnovabile e le infrastrutture avanzate, posizionandosi come un attore centrale nella transizione tecnologica globale.
Non bisogna sottovalutare il contesto geopolitico in cui questa decisione si inserisce. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita stanno rispondendo a una Cina sempre più presente in Medio Oriente e a un Iran che, seppur contenuto dalle sanzioni, rappresenta ancora una minaccia per gli equilibri regionali. Rafforzare il legame tra Washington e Riad invia un messaggio chiaro: la partnership strategica tra i due Paesi rimane solida e pronta a contrastare le influenze avversarie.
Ma questa vicinanza ha anche le sue ombre. Le critiche interne agli Stati Uniti per il sostegno a un regime spesso accusato di violazioni dei diritti umani potrebbero aumentare. Allo stesso tempo, l’Arabia Saudita rischia di dipendere troppo dal sostegno americano, in un momento in cui il mondo si sta frammentando in blocchi e la competizione tra potenze sta ridefinendo i confini della globalizzazione.
Infine c’è da considerare l’effetto simbolico di questa mossa. Per Trump, che punta a rafforzare la narrativa del “Make America Great Again”, l’annuncio saudita è una vittoria politica e mediatica. Per Riad, è un modo per riaffermare la sua centralità nel panorama internazionale, non solo come fornitore di petrolio, ma come partner strategico in grado di influenzare le grandi dinamiche globali.
Questi 600 miliardi di dollari sono quindi molto più di una semplice cifra. Rappresentano il punto di incontro tra due strategie: quella americana, volta a riaffermare il proprio peso globale, e quella saudita, mirata a consolidare il proprio ruolo in un mondo in trasformazione. La loro concreta realizzazione definirà non solo i rapporti tra i due Paesi, ma anche il futuro degli equilibri globali in un’epoca di incertezze e sfide crescenti.