di Mariarita Cupersito –
L’arresto in Francia del fondatore di Telegram, il franco-russo Pavel Durov, continua a far discutere e a tenere alta l’attenzione di Mosca. “La cosa più importante, ovviamente, è che ciò che sta accadendo in Francia non si trasformi in una persecuzione politica”, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, come riportato dall’agenzia Interfax. “Sappiamo che il presidente francese ha negato qualsiasi legame con la politica, ma d’altra parte vengono mosse determinate accuse. Vedremo cosa succederà dopo”.
Il presidente francese Emmanuel Macron difende la decisione del 2021 di concedere la cittadinanza francese a Durov, argomentando che tale decisione di naturalizzazione si inserisce in una precisa strategia che coinvolge “donne e uomini” che “fanno lo sforzo di imparare la lingua francese” e che “brillano nel mondo”. Macron nega, al contempo, di aver fatto un qualsiasi invito a Durov o di essere a conoscenza della sua visita in Francia.
La Commissione europea sta intanto indagando su eventuali violazioni di Telegram del Digital Services Act (Dsa), la normativa digitale dell’Unione europea, fornendo numeri al ribasso dei propri utenti al fine di evitare disposizioni più severe applicabili alle grandi piattaforme online, come riportato dal Financial Times. I funzionari ipotizzano infatti che i 41 milioni di utenti dichiarati da Telegram siano stati consapevolmente sottostimati per non superare la soglia che rimanda ad una supervisione più incisiva, fissata dall’Unione europea a 45 milioni di utenti.
“Abbiamo un modo, attraverso i nostri sistemi, per determinare quanto siano accurati i dati degli utenti”, ha dichiarato Thomas Regnier, portavoce della Commissione in materia digitale. “Se pensiamo che qualcuno non abbia fornito dati accurati sugli utenti, possiamo assegnarli noi unilateralmente sulla base della nostra stessa indagine”, ha proseguito.
L’indagine europea si aggiunge a quella francese su possibili attività illegali di Telegram, che ha comportato l’arresto di Durov a Parigi. Durante il suo fermo, il fondatore della piattaforma avrebbe fatto riferimento a dei legami con il Capo dello Stato, Macron. Al termine del fermo, Durov è stato condotto dinanzi a un giudice istruttore che ha lo ha messo sotto inchiesta per “rifiuto di comunicare le informazioni necessarie alle intercettazioni autorizzate dalla legge”. L’accusa è dunque quella di complicità in reati e crimini che sarebbero organizzati sulla piattaforma, dalla pedopornografia al traffico di stupefacenti, dal riciclaggio alla truffa. Rimesso in libertà, Durov è ora sotto stretta sorveglianza con divieto di lasciare la Francia.