Ue. PNRR, allarme della Corte dei Conti, ‘Ritardi negli investimenti, a rischio obiettivo 2026’

di Mariarita Cupersito

La Corte dei Conti Ue lancia l’allarme sui ritardi nell’erogazione dei fondi e nell’attuazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr), evidenziando che le richieste di pagamento presentate a fine 2023 sono “notevolmente inferiori” rispetto a quanto previsto negli accordi. Si teme dunque che il rallentamento dei pagamenti possa rendere i ritardi non recuperabili al termine del dispositivo. Come fa notare la Corte, per l’Italia nel 2026 andranno finalizzati il 62% degli investimenti previsti; negli ultimi 8 mesi all’agosto 2026 saranno poi il 28% le misure da realizzare (target e milestone), legate al 19% dei fondi da ricevere, con un divario dovuto ad una concentrazione delle riforme nella parte iniziale del piano.
In attesa del dialogo sul nuovo budget Ue, che prenderà forma il prossimo autunno con il nuovo collegio dei commissari, si torna a riflettere su possibili modifiche per i fondi 2028-2034 che permettano di introdurre un meccanismo per condizionare la Coesione a delle riforme, come riportato dal Financial Times che prevede “uno dei negoziati politici più complessi e tesi dell’Ue”, probabilmente con “un forte disaccordo tra i 27 Stati membri dell’Unione”. A tenere banco saranno soprattutto i Paesi destinatari netti dei fondi di Coesione come Slovacchia, Ungheria, e Paesi Baltici.
Ancora in riferimento al Recovery, si osserva che se nel 2026 l’Italia dovrà finalizzare il 62% degli investimenti, nello stesso anno a livello europeo andranno realizzati in media il 39% degli investimenti e il 14% delle riforme. Il dato italiano si raffronta inoltre con una quota del 30% di investimenti che dovrà realizzare la Spagna e una quota del 70% nel caso della Polonia.
“Un assorbimento tempestivo del Pnrr è indispensabile: aiuta a evitare strozzature nell’esecuzione delle misure verso la fine del ciclo di vita del dispositivo e riduce il rischio di spese inefficienti e irregolari”, ha dichiarato Ivana Maletic, responsabile dell’audit Ue. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i paesi Ue hanno attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti e sono avanzati per meno del 30% verso i 6.000 traguardi e gli obiettivi prefissati”.
L’eventualità che si profila è che non tutte le misure previste siano completate in tempo utile. Molti Stati, tra cui l’Italia, hanno preliminarmente realizzato le riforme prima di attuare gli investimenti. La Corte dei Conti Ue fa però notare che concentrare gli investimenti nella parte finale del periodo utile può aggravare ancora di più i ritardi e rallentare l’assorbimento. Inoltre, proseguono i revisori di Lussemburgo, le cifre erogate non rispecchiano necessariamente la quantità e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi, quindi potrebbero essere assegnate somme importanti senza che le relative misure siano portate a termine.
La Corte evidenzia infine che la normativa non prevede il recupero dei fondi se i traguardi e gli obiettivi saranno raggiunti, ma le misure non vengono completate. Se ci fosse una proroga, ha dichiarato Maletic, la Corte dei Conti non sarebbe contraria a patto che “i soldi non siano sprecati e siano usati per quello per cui sono stati assegnati”.