Ue. Rohingyia: sospeso il premio Sakharov a Aung San Suu Kyi

di Elisabetta Corsi

La conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha deciso di sospendere il premio Sakharov a Aung San Suu Kyi su richiesta dei vincitori del premio.
La decisione della conferenza dei presidenti di escluderla da ogni attività della comunità del premio Sakharov è una risposta al suo fallimento nell’agire e nella sua accettazione dei crimini contro la comunità Rohingya nel Myanmar.
La comunità del premio Sakharov connette le istituzioni, laureati, e la società civile per incrementare la cooperazione a difesa dei diritti umani a Bruxelles e a livello internazionale. Un canale di comunicazione fra laureati e il Parlamento per operare contro la violazione dei diritti umani.
Heidi Hautala, vice presidente del Parlamento europeo e responsabile per la democrazia, i diritti umani e la comunità di Sakharov, ha dichiarato così che “Il Parlamento Europeo ha deciso oggi formalmente di sospendere il premo Sakharov a Aung San Suu Kyi. Io ho appoggiato fortemente questa decisione. Il Premio Sakharov per la libertà di pensiero viene assegnato, tra gli altri criteri, per gli eccellenti risultati ottenuti nella difesa dei diritti umani, nella salvaguardia dei diritti delle minoranze e nel rispetto del diritto internazionale. Nel 1990, Aung San Suu Kyi ha ricevuto il Premio Sakharov per aver incarnato la lotta del popolo birmano per la democrazia. La decisione odierna esclude Aung San Suu Kyi da tutte le attività dei vincitori del Premio Sakharov. Il parlamento europeo ha seguito da vicino la situazione della minoranza rohingya in Myanmar e ha espresso in numerose occasioni ha espresso in numerose occasioni la sua profonda preoccupazione per la gravità e la portata delle violazioni dei diritti umani. Sebbene Aung San Suu Kyi sia da molti anni un simbolo di libertà e democrazia, la nostra istituzione ha notato con preoccupazione che, nella sua funzione di consigliere di Stato e ministro degli Esteri del Myanmar, non si è avvalsa delle posizioni da lei occupate per difendere e salvaguardare i diritti del popolo rohingya. Al contrario, ha espresso chiaramente il suo sostegno all’esercito che ha guidato l’assalto contro i rohingya. La decisione di oggi è una chiara risposta alla sua mancanza di azione, al suo aiuto e alla sua capacità di rendere possibile la persecuzione dei rohingya in Myanmar e alla sua negazione della responsabilità del governo del suo paese per i crimini in corso contro questa comunità. Ha ignorato le richieste del Parlamento europeo e non è stata all’altezza dei valori per cui è stato assegnato il Premio Salharov”.
I Rohingya sono una minoranza etnica di fede islamica perseguitata prima dai monaci e dai fedeli buddisti della Birmania, e poi costretti alla fuga dall’esercito del paese di cui Aung San Suu Kyi è di fatto leader incontrastato. Proprio le persecuzioni operate dai buddisti, che si erano tradotte in interi villaggi dati alle fiamme e la popolazione sterminata, avevano portato ad una resistenza armata verso la quale l’esercito birmano era ricorso persino ai carri armati e agli elicotteri, costringendo un milione di Rohingya alla fuga in altri paesi, soprattutto in Bangladesh, dove nel distretto di distretto di Cox’s Bazar era sorto un enorme campo profughi di oltre 900mila persone, fatto di povertà e di disperazione.
Già prima le autorità birmane avevano reso i Rohingya apolidi in quanto avevano tolto loro cittadinanza e documenti al fine di impedirne il voto e l’esercizio dei loro diritti.
Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha da tempo presentato un rapporto per chiedere che i vertici militari birmani vengano incriminati per genocidio e crimini di guerra contro la minoranza musulmana dei Rohingya, dopo che un’apposita missione d’inchiesta ha documentato uccisioni di massa, stupri ed altre gravi violazioni. Lo stesso rapporto accusa Aung San Suu Kyi di non aver usato la sua posizione politica e la sua autorità morale per impedire quanto stava accadendo nel Rakhine.

(Foto Unicef).