Ue. Scarsa vigilanza sui controlli alle frontiere Schengen durante la pandemia

Eca

A causa dei limitati strumenti a sua disposizione, la Commissione europea non ha esaminato a sufficienza le sfide poste dalla pandemia di COVID-19 in relazione al diritto alla libera circolazione delle persone. Questa è la conclusione generale di una relazione speciale pubblicata oggi dalla Corte dei conti europea. La vigilanza sui controlli alle frontiere interne ripristinati dagli Stati membri da marzo 2020 non ha salvaguardato appieno l’applicazione della normativa Schengen che agevola la libera circolazione nell’UE. Inoltre, la Corte attira l’attenzione sulla mancanza di coordinamento sulle restrizioni di viaggio imposte dagli Stati membri, nonché sulle incongruenze rispetto alle linee guida e alle raccomandazioni dell’UE.
Tutti i cittadini dell’UE hanno il diritto di circolare liberamente nel suo territorio. Ciò è reso possibile dall’eliminazione dei controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen, che comprende 22 paesi UE e 4 non-UE, e che ha dato vita a uno spazio nel quale è possibile spostarsi senza controlli alle frontiere interne. Tale diritto può tuttavia essere limitato per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Dal 2015, diversi paesi dell’UE hanno ripristinato controlli alle frontiere interne in risposta alla crisi migratoria o a minacce alla sicurezza (principalmente il terrorismo). Più di recente, durante la pandemia di COVID-19, nel tentativo di limitare la diffusione del virus, molti Stati membri hanno adottato misure per restringere la libertà di circolazione nell’UE. Quando ripristinano i controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen gli Stati membri sono tenuti a notificarlo alla Commissione, che mantiene la responsabilità di valutare la conformità delle restrizioni proposte alla normativa UE e di verificare che queste che non violino il diritto alla libera circolazione delle persone.
“Considerando che la libera circolazione delle persone è una delle quattro libertà fondamentali garantite dall’UE ed è al centro del progetto europeo sin dalla sua creazione, la Commissione avrebbe dovuto verificare attentamente che le restrizioni introdotte ai tempi della COVID fossero tutte pertinenti e giustificate”, ha dichiarato Baudilio Tomé Muguruza, il Membro della Corte responsabile della relazione. “Il nostro auspicio è che quanto evidenziato da questo audit alimenti il dibattito in corso sul riesame del sistema Schengen”.
La Corte ha esaminato tutte le 150 notifiche di controlli alle frontiere interne trasmesse alla Commissione dagli Stati membri tra marzo 2020 e giugno 2021, 135 delle quali si riferivano esclusivamente alla COVID-19. Da tale esame emerge chiaramente che le notifiche non dimostravano a sufficienza che i controlli alle frontiere costituissero di fatto una misura di ultima istanza, che fossero proporzionati e avessero durata limitata. La Commissione peraltro non ha avviato alcuna procedura di infrazione in relazione ai controlli a lungo termine introdotti prima della pandemia.
Inoltre, la Commissione non ha ottenuto tutte le relazioni che avrebbe dovuto ricevere entro quattro settimane dalla soppressione dei controlli alle frontiere interne. Come avvenuto per le misure di controllo imposte a seguito della crisi migratoria e delle minacce alla sicurezza prima della pandemia di COVID-19, la Commissione non ha né richiesto informazioni supplementari né emesso alcun parere sulla questione. Per la Corte non c’è ombra di dubbio: la Commissione non ha controllato adeguatamente se il ripristino dei controlli alle frontiere interne fosse conforme alla normativa Schengen.
Nel vigilare sulle restrizioni di viaggio connesse alla COVID-19, la Commissione si è inoltre confrontata a difficoltà dovute ai limiti del quadro giuridico esistente. Nonostante l’applicazione di tali restrizioni sia di esclusiva competenza degli Stati membri, la Commissione ha il compito di facilitare un approccio concertato per ridurre al minimo l’impatto sui viaggi transfrontalieri nell’UE. A tale scopo sono stati diffusi orientamenti, generalmente in maniera tempestiva. La Corte ha rilevato però che tali orientamenti sui controlli alle frontiere interne non erano abbastanza pratici o attuabili.
La Commissione ha inoltre dato vita a iniziative per coordinare le misure con un’incidenza sulla libertà di circolazione. Una di queste è la piattaforma “Re-open EU”, avviata il 1° giugno 2020 per sostenere la ripresa sicura dei viaggi e del turismo in Europa. A distanza di oltre un anno, però, nove Stati membri (Bulgaria, Danimarca, Germania, Estonia, Francia, Romania, Slovenia, Finlandia e Svezia) non avevano ancora fornito informazioni aggiornate. Analogamente, gli sforzi della Commissione per compensare la mancanza di una qualsiasi struttura organizzativa di crisi mediante l’istituzione del gruppo d’informazione COVID-19/Coronavirus non si sono tradotti in un approccio coerente. Le restrizioni di viaggio imposte durante la pandemia di COVID-19 sono rimaste per lo più non coordinate, sostiene la Corte, e la Commissione non è riuscita ad impedire la composizione di un mosaico di misure individuali, estremamente diverse tra uno Stato membro e l’altro.

In base al trattato sull’Unione europea “L’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone”. I cittadini dell’UE considerano la libertà di circolazione uno dei principali traguardi raggiunti in seguito all’integrazione europea. La libertà di viaggiare, studiare e lavorare ovunque nell’UE è il traguardo dell’Unione più frequentemente riconosciuto dai cittadini, al primo posto nei sondaggi in tutti gli Stati membri, davanti all’euro e alla pace.
La libera circolazione delle persone all’interno dell’UE va distinta dall’abolizione dei controlli alle frontiere interne nello spazio Schengen. I cittadini possono circolare liberamente entro lo spazio Schengen senza essere soggetti a controlli alle frontiere interne. I cittadini dell’UE godono della libera circolazione in tutta l’Unione, compreso verso e in provenienza da Stati membri dell’UE che non hanno (ancora) abolito i controlli alle frontiere interne.
La relazione speciale 13/2022 “Libera circolazione nell’UE durante la pandemia di COVID-19 – La vigilanza sui controlli alle frontiere interne è stata limitata e le azioni intraprese dagli Stati membri non sono state coordinate tra loro” è disponibile sul sito internet della Corte.
Entro la fine dell’anno la Corte intende inoltre pubblicare una relazione speciale sulle iniziative dell’UE volte a favorire la sicurezza degli spostamenti durante la pandemia di COVID-19.
La Corte presenta le proprie relazioni speciali al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE, nonché ad altre parti interessate, come i parlamenti nazionali, i portatori di interessi del settore e i rappresentanti della società civile. La grande maggioranza delle raccomandazioni formulate nelle relazioni della Corte è posta in atto.