Ue. Tajani alla raccolta fondi progetto umanitario World Food Programme

di Carlo Corazza *

Il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani ha preso parte alla raccolta fondi del progetto umanitario, sezione Italiana, del World Food Programme (WFP/PAM). In occasione dell’evento Tajani ha dichiarato: “Ringrazio Formula-E per aver promosso questa raccolta fondi a favore del progetto Food assistance for assets, realizzato dalla sezione italiana del Programma Alimentare Mondiale (PAM).
Desertificazione, carestie, pandemie, conflitti, terrorismo, disoccupazione, instabilità politica, aggravano la fame nel mondo e l’insicurezza alimentare nelle regioni più povere del pianeta.
L’anno scorso, le Nazioni Unite hanno riconosciuto lo stato di “carestia” – per la prima volta dal 2011 – nelle regioni del Sahel, del Lago Chad e del Corno d’Africa.
Lo scorso luglio, il Consiglio europeo ha adottato una dichiarazione comune per la lotta alle carestie, sottolineando che queste emergenze umanitarie hanno raggiunto livelli senza precedenti nel corso del 2017.
In tale occasione, i Paesi membri Ue hanno denunciato l’estrema gravità delle crisi alimentari in corso in Nigeria, Yemen, Somalia e Sud Sudan, dove, complessivamente, oltre 20 milioni di persone soffrono la fame.
Nel 2017, l’Ue e i suoi Stati membri hanno erogato oltre 1,2 miliardi di euro per finanziare progetti di assistenza umanitaria nei Paesi a rischio carestia.
Ma questo non basta. Per affrontare carestie e fame serve una strategia che vada oltre pur fondamentale l’assistenza umanitaria.
Bastano alcuni dati per cogliere la gravità della situazione: 1/3 degli africani resta sotto la soglia di povertà; 1/6 è indigente e necessita assistenza umanitaria; nelle zone rurali, il 60% vive con meno di 1 euro al giorno.
Nell’Africa Sub-Sahariana 1 bambino su 5 non va a scuola, quasi il 60% degli adolescenti non frequenta corsi.
Entro il 2050, la popolazione africana raddoppierà, superando i 2,5 miliardi. E’ urgente offrire prospettive concrete ai giovani africani, affinché contribuiscano a risollevare la loro terra.
Non possiamo stupirci se i giovani africani rischiano la vita per venire in Europa, o se si fanno sedurre da chi predica violenza, in nome di Dio.
Il problema va affrontato alla radice. Senza prospettive di benessere e stabilità, a lasciare la loro terra non saranno più decine di migliaia, ma milioni.
L’ONU stima che, nel breve termine, oltre mezzo milione di persone l’anno cercheranno miglior destino in Europa.
Molti problemi si potrebbero risolvere con investimenti in educazione, infrastrutture e agricoltura moderne. Eppure, l’Africa resta il continente che attira meno investimenti: appena 80 miliardi l’anno, solo il 3% del PIL.
Per questo, in occasione del vertice tra Unione africana e Unione europea, tenuto sul finire dello scorso novembre ad Abidjan, in Costa d’Avorio, ho presentato un progetto per rilanciare e rafforzare questo partenariato.
Il piano d’investimenti per l’Africa di 3,4 miliardi di euro, è un passo nella giusta direzione. Ma non basta.
Gli sforzi del continente verso una base industriale sostenibile, un’agricoltura efficiente, fonti rinnovabili, infrastrutture adeguate per acqua, energia, mobilità, logistica o digitale, necessitano un “Piano Marshall”.
Sulla base delle conclusioni del summit di Abidjan, dobbiamo lavorare affinché, nel prossimo bilancio pluriennale Ue, il fondo d’investimenti per l’Africa sia dotato di almeno 40 miliardi. Grazie all’effetto leva, si potrebbero mobilizzare investimenti pubblici e privati per circa 500 miliardi.
L’obiettivo è creare un contesto favorevole allo sviluppo di una base manifatturiera, al lavoro per i giovani. Per questo sono utili strumenti come l’Erasmus per giovani imprenditori, che va esteso all’Africa.
Serve anche una diplomazia accademica e culturale che consenta a un numero maggiore di africani di studiare da noi, rafforzando Erasmus plus e la cooperazione tra università su progetti di ricerca e mobilità.
Al tempo stesso, dobbiamo sostenere e promuovere il ruolo delle donne africane, in quanto rappresentano la vera base dell’economia informale.
Per questo sono necessarie più risorse nel prossimo bilancio europeo. Che non gravino su cittadini e imprese, giù ampiamente tartassati, ma su chi le tasse non le paga: paradisi fiscali, giganti del web, transazioni finanziarie.
Negli ultimi mesi, il Parlamento europeo si è impegnato fermamente a svolgere un ruolo centrale per un nuovo Partenariato con l’Africa.
L’anno scorso, abbiamo adottato due dossier legislativi, in linea con gli obiettivi e l’agenda delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile: il nuovo “consenso” Ue in materia di sviluppo; il Fondo europeo per lo Sviluppo sostenibile (EFSD).
Per questo, posizioni convergenti nel quadro del dialogo Ue-Ua possono favorire un’agenda comune, globale, anche in seno al network delle Nazioni Unite, del Programma Alimentare Mondiale (PAM) e delle altre organizzazioni internazionali.

* Portavoce del presidente Tajani.