Ue. Traballa l’accordo sul clima

di C. Alessandro Mauceri

I ministri dell’Ambiente dei paesi dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo per rendere legalmente vincolante l’obiettivo 2050 delle emissioni inquinanti. Ma il documento sottoscritto, che doveva essere il primo passo verso il Green New Deal voluto dalla Commissione europea e che venne annunciato, con mille polemiche, al Parlamento europeo a pandemia già iniziata alla presenza della piccola Greta Thunberg, è solo parziale.
Il piano europeo per abbattere le emissioni di gas a effetto serra ha già ricevuto numerose critiche. La prima è che gli obiettivi previsti sono completamente diversi da quelli convenuti dai paesi delle Nazioni Unite durante le varie COP che si sono succedute e da quelli contenuti nell’Agenda 2030. I nuovi obiettivi dell’Ue prevedono di eliminare completamente le emissioni nette di CO2, ma non prima del 2050. Come dimostrano i precedenti storici, fissare obiettivi così a lungo termine equivale a non averne. A dimostrarlo il fatto che, non appena ai ministri dell’Ambiente è stato chiesto di raggiungere un accordo intermedio per il 2030, l’Unione si è spaccata e non è stato possibile raggiungere alcun accordo. La decisione è stata rimandata a dicembre.
“Nella riunione del 15 e 16 ottobre il Consiglio europeo ha discusso la comunicazione sul piano per l’obiettivo climatico 2030, compresa la proposta di un obiettivo di riduzione delle emissioni di almeno il 55% entro il 2030, e ha deciso di tornare sulla questione nella riunione di dicembre al fine di concordare un nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 e di comunicare all’UNFCCC, entro la fine dell’anno, l’aggiornamento del contributo determinato a livello nazionale (NDC) dell’UE”, si legge nel testo finale approvato dai rappresentati dei ventisette paesi. “La presidenza ritiene pertanto che il testo della proposta modificata della Commissione relativa a un nuovo obiettivo climatico per il 2030 (che figura nel doc. 10868/20) debba rimanere tra parentesi quadre fino all’adozione della decisione politica e che al momento non faccia quindi parte della proposta di compromesso”.
L’obiettivo intermedio, quello per il 2030, è stato più volte cambiato. Inizialmente si era parlato di ridurre le emissioni del 40% (rispetto al 1990). Poi di “almeno il 55%”. Poche settimane fa i deputati europei, con 392 voti favorevoli, 142 astensioni e 161 contrari, hanno rilanciato e hanno chiesto di ridurre ulteriormente le emissioni entro il 2030: del 60%. Un obiettivo intermedio troppo vicino dal punto di vista temporale e che spacca in due l’Unione europea: per alcuni paesi è facile da raggiungere, per altri quasi impossibile.
Il punto è che l’accordo sottoscritto dai ministri potrebbe dare a Bruxelles “la possibilità legale di agire quando coloro che fanno promesse non mantengono le promesse”, come ha detto il capo della politica climatica dell’Ue Frans Timmermans durante la riunione di venerdì. In altre parole, si tratterebbe di un impegno vincolante con sanzioni rilevanti per chi non dovesse raggiungere gli obiettivi previsti.  
Tutti i paesi concordano nel voler eliminare le emissioni di CO2 entro il 2050, ma quando si parla di ridurre le emissioni entro il 2030 c’è un altro motivo per non fissare questi limiti. Farlo richiederebbe centinaia di miliardi di Euro di investimenti: un impegno che nessun paese europeo, con i bilanci oberati dalle spese per far fronte alla pandemia, è pronto a sottoscrivere. Non è un caso se i ministri hanno convenuto che l’Unione europea potrebbe fissare l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni non per il 2030, ma per il 2040. E che l’esecutivo possa prendere in considerazione nuove misure legislative di decarbonizzazione se quelle esistenti non dovessero risultare all’altezza.
A rappresentare l’Italia non c’era il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, bensì il sottosegretario Roberto Morassut, che ha parlato dell’accordo come di un “grande risultato che va salutato con soddisfazione. L’Italia si muove con determinazione nella direzione della neutralità climatica e sostiene l’obbiettivo del raggiungimento del 55% di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 con i fatti”.
Purtroppo il rapporto Italy for climate report, dice che non è così e rileva un netto rallentamento del nostro paese sulla strada della decarbonizzazione: se tra il 2005 e il 2014 le emissioni sono diminuite del 27%, dal 2014 al 2019, questa riduzione è stata di appena l’1,6%. Complessivamente dal 1990 al 2019 in Italia le emissioni di gas serra sono state ridotte del 19%, da 516 a meno di 420 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, MtCO2eq. “Centrare i target sulle emissioni in linea con la comunità scientifica e con le indicazioni europee (-55% al 2030 rispetto ai livelli del 1990 e neutralità carbonica al 2050) richiede per l’Italia un netto cambio di passo. L’Italia dovrebbe infatti tagliare ogni anno 17 MtCO2 eq da qui al 2030 e 12 MtCO2eq nei vent’anni successivi, mentre negli ultimi anni, tra il 2014 e il 2019, la riduzione è stata di appena 1,4 MtCO2eq/anno”, si legge nel rapporto.
Numeri che rendono il traguardo della riduzione delle emissioni del 55 o del 60% entro il 2030 lontano e difficile da raggiungere.