Ue. Violenza sulle donne: sì del Parlamento europeo alla Convezione di Istanbul

di C. Alessandro Mauceri

Il Parlamento europeo detto “sì” all’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne, nota come Convenzione di Istanbul, per cui ora il Consiglio potrà andare avanti nella conclusione della procedura di ratifica.
Il documento che prevede per gli stati aderenti l’obbligo di introdurre servizi di protezione e supporto per contrastare la violenza contro le donne, come un adeguato numero di rifugi, centri antiviolenza, linee telefoniche gratuite 24 ore su 24, consulenza psicologica e assistenza medica per le vittime. La Convenzione invita le autorità a garantire l’educazione all’uguaglianza di genere, alla sessualità e alle relazioni sane.
In realtà l’Unione europea aveva già votato a favore dell’adesione alla Convenzione di Istanbul. Lo aveva fatto in blocco nel 2017. Ma, nonostante i molti appelli del Parlamento Europeo, tale adesione non era mai stata ratificata a causa del rifiuto di paesi come Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania, Lettonia, Slovacchia. La Turchia, paese extra-Ue, si ritirata dalla Convenzione (la Turchia).
Nell’ottobre 2021 la Corte di Giustizia dell’Ue aveva anche confermato la possibilità per l’Ue di ratificare la Convenzione di Istanbul anche in mancanza di un accordo unitario di tutti gli stati membri. In linea con questo principio, nei giorni scorsi, i deputati europei hanno votato per la ratifica della Convenzione di Istanbul. Lo hanno fatto in due votazioni separate. La prima riguardante le istituzioni e la pubblica amministrazione dell’Unione (approvata con 472 voti favorevoli, 62 contrari e 73 astensioni) e la seconda relativamente alla cooperazione giudiziaria in materia penale, asilo e non respingimento (con 464 voti favorevoli, 81 contrari e 45 astensioni).
A destare sorpresa la decisione di due dei tre partiti di governo italiani che hanno scelto di non votare a favore della ratifica della Convenzione. Ad astenersi sono stati la Lega e Fratelli d’Italia. Una decisione sorprendente dato che, come singolo stato, l’Italia aveva già sottoscritto questo documento nel 2013, addirittura prima che entrasse in vigore ufficialmente, fatto avvenuto l’anno successivo, nel 2014. Ora, stranamente, la maggioranza ha deciso di seguire la strada intrapresa dai paesi dell’Est Europa e non ha votato a favore.
Due le giustificazioni ufficiali fornite per spiegare questa decisione, una di merito e una di metodo. Il capo-delegazione di Fratelli d’Italia al parlamento europeo Carlo Fidanza e l’eurodeputato di FdI Vincenzo Sofo hanno definito “problematico il fatto che per accelerare la ratifica della Convenzione da parte dell’Unione Europea si sia deciso di procedere a maggioranza qualificata e non più all’unanimità”. Una questione tecnica giudicata “un precedente pericoloso per future decisioni su nuovi accordi internazionali” dato che nei meccanismi dell’Unione europea prevale da sempre la logica del voto all’unanimità.
Sul fronte del “merito” invece la giustificazione è stata che “con la nostra astensione abbiamo voluto ribadire la nostra preoccupazione sulle tematiche legate al gender”. La Convenzione di Istanbul infatti è stata la prima a dare una definizione di genere che comprende i ruoli socialmente costruiti, comportamenti, attività e attributi che una data società ritenga appropriati per le donne e gli uomini. Di fatto è essa stessa a distinguere tra genere maschile e femminile.
Scuse che non hanno evitato al Parlamento di dare il via libera al Consiglio per ratificare la Convenzione di Istanbul.