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di C. Alessandro Mauceri –
Per il conflitto in Ucraina, iniziato ben prima del 2022, aveva rinnegato la tradizionale vocazione pacifista e mediatrice dell’Unione Europea, preferendo la linea della guerra e lasciando a famiglie e imprese grattacapi economici e energetici. Nonostante ciò la 65enne Ursula von der Leyen è stata rieletta alla presidenza della Commissione europea con 401 voti a favore, 284 contrari e 15 astenuti. “Non so come ringraziare per la fiducia tutti gli eurodeputati che mi hanno votata per un mandato di altri 5 anni”, ha scritto su X von der Leyen, e tra le molte congratulazioni è arrivata quella del ministro degli Esteri Antonio Tajani: “siamo fieri del grande lavoro di squadra del Ppe per sostenere la tua conferma alla guida della Commissione”. Nonostante gli arretrati di appiattimento totale, gli eurodeputati di Fratelli d’Italia hanno invece votato contro, vista la ricerca di consenso di von der Leyen a sinistra, persino dalla parte dei Verdi, pur di rimanere al potere. Carlo Fidanza, capogruppo di FdI, ha osservato che non viene dato seguito al forte messaggio di cambiamento uscito dalle urne il 9 giugno, ma forse il vero messaggio è l’alto astensionismo di un elettorato ormai disilluso da un’Ue sempre più distante.
C’è poi una questione fresca, freschissima, che pesa sull’elezione di von der Leyen: in questi giorni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una netta condanna per la Commissione. I giudici hanno infatti condannato la Commissione guidata dalla von der Leyen per non aver “concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio ai contratti di acquisto di vaccini contro la Covid-19”. L’infrazione riguarda in particolare “le clausole di detti contratti relative all’indennizzo nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini”.
Durante la pandemia del 2020/2021, la Commissione europea ha stipulato contratti di acquisto miliardari per dosi di vaccini contro la Covid-19 prodotti da alcune imprese farmaceutiche. Circa 2,7 miliardi di euro rapidamente resi disponibili per effettuare un ordine di milioni di dosi di vaccino, una parte delle quali poi inutilizzata e buttata via. Nel 2021, sulla base del regolamento sull’accesso ai documenti, alcuni eurodeputati dei Verdi e dei liberi cittadini avevano chiesto di visionare tali contratti e i documenti relativi per assicurarsi che l’interesse pubblico fosse tutelato. Ma l’accesso agli atti era stato negato. Da qui l’avvio della procedura presso la Corte di Giustizia con due ricorsi: uno da parte di un gruppo di cittadini, guidato da Fabien Courtois, e l’altro da parte di un gruppo di eurodeputati dei Verdi, presentato dalla danese Margrete Auken. La Corte condannato la Commissione per aver protetto gli interessi delle aziende e per non aver fornito prove sufficienti della necessità di tale protezione.
In merito alle accuse mosse nei suoi confronti la Commissione ha affermato che “ha dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, quello all’informazione e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti” sui vaccini anti-Covid-19, “che avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti”. La sentenza appena emessa potrebbe aprire la strada agli indennizzi. Circa le clausole dei contratti relative all’indennizzo delle imprese farmaceutiche da parte degli Stati membri per eventuali risarcimenti da pagare in caso di difetto dei loro vaccini, la Corte ha sottolineato che il produttore rimane responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto e che tale responsabilità non può essere soppressa o limitata da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità ai sensi della direttiva 85/374. Ma la direttiva 85/374 non vieta che a rimborsare gli importi pagati a titolo di risarcimento da un produttore a causa della difettosità del suo prodotto possano essere soggetti terzi. La Corte ha ricordato che la ragione per la quale le clausole relative all’indennizzo erano state riportate nei contratti era stata avallata dagli Stati membri ed era di dominio pubblico. Un motivo in più per concedere un accesso più ampio possibile a tali clausole, cosa che la Commissione non ha consentito. Questo avrebbe causato un pregiudizio a favore di alcune imprese.
Nel disposto si legge anche che la Commissione non ha fornito spiegazioni sufficienti che consentissero di capire in che modo l’accesso alle definizioni di “dolo” e di “ogni ragionevole sforzo” in taluni contratti e alle clausole dei contratti relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a tali interessi commerciali.
La sentenza arriva mentre è ancora in discussione un’altra procedura che vede coinvolta sempre la von der Leyen: quella per la mancata trasparenza sul prezzo per dose dopo che alcune rivelazioni giornalistiche avevano affermato che Pfizer aveva spuntato prezzi più alti di circa il 25 per cento rispetto al prezzo normale. Dagli atti era emerso che la presidente della Commissione aveva trattato direttamente con l’amministratore delegato di Pfizer via sms.
Per l’eurodeputata dei Verdi Kim van Sparrentak è “importante che la Corte di Giustizia dell’Ue abbia confermato la rilevanza della trasparenza, poiché è fondamentale nella lotta allo scetticismo sui vaccini e alla sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche”. La sentenza, ha aggiunto, è “significativa per il futuro poiché si prevede che la Commissione intraprenderà più appalti congiunti in settori come la sanità e la difesa” e la nuova Commissione “deve ora adattare la gestione delle richieste di accesso ai documenti per essere in linea” con la pronuncia del Tribunale.
Un procedimento che però non è l’unico: un paio d’anni fa lo stesso Parlamento europeo aveva avviato un procedimento nei confronti della Commissione. E nel maggio scorso un gruppo per i diritti umani, accompagnato da eminenti accademici ed esperti di diritto penale internazionale, ha invitato il procuratore della Corte Penale Internazionale ad indagare su Ursula von der Leyen per complicità nel conflitto tra israeliani e palestinesi, ritenendo che il sostegno incondizionato a Israele, militare, economico, diplomatico e politico, da parte della presidente della Commissione europea avrebbe reso possibili i crimini di guerra e genocidio a Gaza e per i quali Israele è già stato condannato. Nella comunicazione inviata all’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale (CPI), oltre ad essere esposte in dettaglio le prove, si dice che la von der Leyen sarebbe stata complice di violazioni degli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma attraverso una serie di atti positivi e omissioni proprio nella sua veste ufficiale di presidente della Commissione europea.
L’eurogruppo della Sinistra (The Left) aveva chiesto di rimandare il voto dopo la sentenza della Corte di Giustizia europea sui contratti di vaccini stipulati dalla Commissione durante la pandemia, ma la richiesta è stata respinta con 531 voti contrari, 101 a favore e otto astensioni. Oggi, nonostante questa sentenza e le pesanti accuse che gravano sul suo curriculum, la von der Leyen è stata rieletta.
Tra i favorevoli al secondo mandato della politica tedesca anche i Verdi, che nonostante la denuncia che aveva portato alla condanna della Commissione, entrano così formalmente nella maggioranza. “Come parte della maggioranza quadripartita (popolari-socialisti-liberali-verdi, ndr) abbiamo garantito impegni sul Green Deal, rendendo l’Unione Europea più socialmente equa e proteggendo la democrazia. Manteniamo l’estrema destra fuori dal potere”, si legge in una nota del gruppo.