Una Brexit ancora tutta da fare

di C. Alessandro Maceri

Dalle 23.00 di oggi la Brexit è ufficiale. In Gran Bretagna sono previsti grandi festeggiamenti, a Londra l’ultima ora di permanenza del Regno Unito nell’Ue verrà proiettata sul numero 10 di Downing Street. Nigel Farage guiderà una manifestazione in Piazza del Parlamento, dove alle aste delle sventoleranno le bandiere blu e rosse.
E da domani il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea. O no. La verità è che almeno per tutto il 2020 non cambierà quasi nulla. Gli accordi di transizione prevedono che il Regno Unito rimarrà nel mercato unico e nell’unione doganale fino alla fine dell’anno.
Il lavoro per mettere in atto quanto previsto dall’articolo 50 del trattato dell’Unione Europea (ovvero quello che riguarda l’uscita dall’Ue), in realtà è appena iniziato. E le 585 pagine dell’accordo firmato e più volte sventolato e sbandierato pubblicamente non fornirebbero dettagli sul cambiamento: su “cosa fare” e soprattutto “come farlo”. A definire i dettagli saranno altri incontri che non potranno cominciare prima di marzo: la Commissione europea infatti dovrebbe ottenere la firma da parte degli Stati membri in una riunione prevista il 25 febbraio. Fino ad allora non potrà fare praticamente nulla. Anche il comitato misto di rappresentanti dell’Ue e del Regno Unito incaricato di sovrintendere all’attuazione del trattato è ancora da definire, non si sa molto su temi importanti come le procedure per la nomina, il numero dei componenti o la frequenza degli incontri.
Ma soprattutto non si sa ancora niente di come saranno gestiti aspetti delicati come la quota azionaria del Regno Unito nella BCE: consentire a Bank of England, soggetto oltre che “esterno” ormai “estero”, di possedere oltre il 13% delle azioni della BCE dovrebbe richiedere analisi approfondite e scelte politiche tutt’altro che secondarie.
Altro tema scottante sono le Borse: si è fusa con la Borsa di Francoforte. Nel 2016, in occasione dell’unione tra Borsa di Londra (London Stock Exchange che già aveva acquisito, nel 2007, la Borsa di Milano) e Borsa di Francoforte, la Commissione europea aveva sollevato seri dubbi sulla manovra a causa della gestione del  Mercato dei titoli di stato. Secondo l’Antitrust europeo, Londra avrebbe dovuto prima liberarsi del Mercato dei titoli di stato (Mts). Ora la Brexit è ufficiale (almeno sulla carta), ma del problema delle Borse e dei titoli di Stato non si è più parlato.
Altro tema caldo sono gli accordi di intelligence. Lo scorso anno Neil Renwick, professore della Coventry University, dichiarò che “superficialmente Brexit sembra abbastanza semplice; ma se si scava solo un po’ più a fondo le complessità sono rapidamente evidenti. Ciò è particolarmente vero per il settore della sicurezza”. E infatti nei giorni scorsi l’ambasciatore inglese in Italia Jill Morris ha cercato di rassicurare gli animi dichiarando che i rapporti con l’Italia continueranno ad essere ottimi anche in questo settore. Il “periodo di transizione terminerà il 31 dicembre 2020” e potranno essere stretti protocolli che riguardano i rapporti tra strutture di intelligence bilaterali.
Argomento spinoso anche la cybersicurezza. Lo scorso anno l’analista di Deloitte, Martina Calleri, dichiarò che “la sicurezza cyber costituisce una sfida transfrontaliera e intersettoriale per gli Stati membri dell’Ue, le cui infrastrutture critiche sono state sempre più digitalizzate e quindi più interconnesse e interdipendenti”. “All’indomani della Brexit – ha continuato -, sarà ancora possibile per l’Ue e il Regno Unito creare fiducia, rafforzare le capacità informatiche e gestire congiuntamente le crisi informatiche? Durante i negoziati sulla Brexit non è stata formulata alcuna chiara ipotesi che indichi cosa sarà necessario modificare per mantenere il Regno Unito nel quadro della sicurezza informatica dell’Ue”.
Ieri il Parlamento europeo ha messo in scena uno spettacolo commovente e toccante. Tra pianti e cori d’addio nessuno di loro si è preoccupato di dire ai propri elettori che in realtà i veri lavori per la Brexit sono appena iniziati e che per molti aspetti non si sa affatto quali decisioni verranno prese. Eppure molti di loro si sono mostrati commossi, con un fazzoletto in una mano e nell’altra la mano del collega europarlamentare, mentre nell’aula veniva intonato il tradizionale canto scozzese “Auld Lang Syne”. Senza sapere forse che proprio la Scozia è l’unica regione del Regno Unito che sarebbe voluta rimanere nell’Ue.