Unione militare europea. Tra mito e realtà

di Filippo Sardella

L’idea della creazione di un esercito europeo, che il presidente francese Emmanuel Macron ha paventato come panacea per tutti i mali che attulamente attanagliano l’Unione Europea, pur sembrando un progetto difficilmente raggiungibile nel breve termine in realtà ha già mosso da tempo i passi fondamentali verso la cooperazione militare dei paesi facenti parte l’Unione Europea.
Bisogna ricordare che l’idea di unione militare (seguita da quella economica, la prima ad essere realizzata) fu il motivo primario e principale secondo cui, già ad inizio secolo, si auspicava un unione dei popoli europei.
Il sogno dei padri fondatori europei era quello di integrare (tramite un’unione militare prima e monetaria poi) quei popoli che nei primi cinquantanni del ‘900 erano stati promotori di due conflitti mondiali, rendendosi responsabili delle guerre più sanguinose della storia.
Ma se per i politici del Dopoguerra l’unione militare era un traguardo difficilmente raggiungibile, e l’idea era bocciata da vari parlamenti nazionali primo tra questi quello francese, per i governi contemporanei inizia a diventare un passo fondamentale in attesa di un’Unione Europea che ancora vede distante la realizzazione di un federalismo tout court.
Nel corso degli ultimi mesi sono stati molti i segnali che hanno fatto evincere la seria volontà di muoversi verso un’unione militare europea; infatti la Commissione europea, organo esecutivo, ha proposto un fondo di difesa da 13 miliardi di euro per il bilancio a lungo termine; Michael Gahler, membro tedesco del Parlamento europeo, dopo l’approvazione di un fondo da 500 milioni di euro per la ricerca e lo sviluppo di prodotti industriali per la difesa ha affermato che “Solo insieme siamo forti, solo uniti gli europei potranno affrontare le sfide che provengono dalla Russia, dagli Stati vicini e sfortunatamente, dalla politica estera e di sicurezza americana, attualmente incalcolabile”; il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, spingendo per una maggiore integrazione strategica, ha dichiarato che “il soft power da solo non è abbastanza potente in un mondo sempre più militarizzato”.
Tuttavia,nonostante i buoni propositi e la volontà di voler costituire un esercito di difesa pan-europeo, potrebbe essere un progetto realizzabile, oggi, l’unione militare europea? Assolutamente no, e questo a causa di fattori endogeni ed esogeni all’Unione stessa.
Tra i primi è facile annoverare tutte quelle scelte che vengono compiute dalle politiche interne di un Paese o dalla formazione del governo dello stesso. Basti citare ad esempio il caso dell’Italia, che in pochi mesi ha visto la transizione da un governo pienamente filo-Bruxelles ad uno più nazionalistico, rivolto principalmente allo sviluppo di relazioni bilaterali con i paesi del Mediterraneo e al recupero delle storiche relazioni diplomatiche con la Russia.
Stesso discorso lo si potrebbe fare anche per l’Austria e per la Svezia, di quest’ultima le legislative dello scorso settembre hanno dimostrato quanto possa essere suscetibile di varizaione la politica di un governo nei confronti dell’Unione.
I fattori esogeni invece si possono riassumere con la politica estera degli Stati Uniti e della Russia, da sempre ostili ad un’Europa unita, sopratutto militarmente.
Sia gli Stati Uniti che la Russia, nonostante le loro relazioni siano sempre state contraddistinte da fasi in cui si alternavano buoni rapporti a periodi di crisi diplomatica, hanno sempre mantenuto una comune visione in politica estera, cioè evitare che il continente europeo, uscito come attore di secondo piano dalla Seconda Guerra Mondiale, riacquistasse un ruolo di primo piano sul panorama internazionale.
Mentre da una parte abbiamo la Russia, che a ragion d’essere teme l’unifacazione militare europea visto che dopo l’invasione mongola del X secolo gli eserciti invasori sono sempre giunti da occidente, fin dagli albori dell’impero zarista fino alla caduta dell’URSS la frontiera polacco-balcanica è stata una delle più incandescenti d’Europa; dall’altra invece abbiamo gli Stati Uniti che con l’unificaizone militare europea vedrebbero fortemente messa in discussione la loro egemonia e la loro leadership militare sul continento europeo (attualmente le basi controllate dall’esercito statunitense in Europa sono 30), creando così un serio competitor militare per la Nato.
A giustificare tale preoccupazione, la Commissione europea inoltre ha stanziato fondi per il 2019-20 al fine di finanziare i progetti di ricerca industriale nel settore della difesa, che secondo un funzionario europeo della Nato contribuirebbero a ridurre la dipendenza da Washington; tale fondo sarà destinato, dopo l’incontro tra i vari ministri della difesa dei paesi membri, al finanziamento di alcuni dei 33 progetti già presentati dagli stessi paesi membri con l’obiettivo di stilare una lista per l’approvazione entro dicembre 2018.
In conclusione la proposta promossa da Emmanuel Macron non rappresenta altro che l’ennesima forma di collaborazione sovranazionale in cui il ruolo dell’Italia così come quello degli altri partner europei, ad esclusione ovviamente del già consolidato asse franco-tedesco, appare nebuloso e poco chiaro. Del resto un esercito europeo, al contrario del soft-power come avviene anche nelle più grandi democrazie contemporanee, ha bisogno di un unico comandante in capo e con la nascita di una forza militare europea si rischierebbe di assoggettare un intero continente ai voleri delle cancellerie di Parigi e Berlino.