Usa e Russia: a rimetterci sarà comunque l’Europa

di Dario Rivolta * –

Nel discorso che tenne vicino al confine polacco con l’Ucraina il presidente Usa Joe Biden affermò che la guerra non sarebbe finita fino a che Vladimir Putin non fosse stato eliminato dal suo ruolo di presidente della Russia. Subito il dipartimento di Stato lo smentì sostenendo che l’obiettivo degli americani non fosse il cambio di regime a Mosca. Biden, si sa, non è nuovo a lasciarsi scappare frasi su verità che sarebbe opportuno non pronunciare a voce alta, ma la smentita del suo ministero degli Esteri non ha convinto nessuno. A conferma che si trattò di “voce dal sen fuggita poi richiamar non vale” arrivano in questi giorni le dichiarazioni da parte di Austin, il ministro della Difesa americano: “Vogliamo una Russia indebolita al punto da non poter più fare altre guerre”.
Queste frasi tolgono ogni dubbio a chi ancora non aveva capito che quando si afferma che la guerra dovrà continuare “sino alla vittoria”, non si intende altro che il continuare ad armare gli ucraini. L’obiettivo non è la sconfitta militare della Russia sul campo di battaglia (cosa piuttosto improbabile) bensì la speranza che, oltre ai morti nell’esercito russo che suscitano il dolore delle loro famiglie, in quella popolazione cresca un sempre maggiore malcontento causato dalle sofferenze economiche cui i russi sono vieppiù costretti. Oggettivamente, nonostante gli sforzi del Cremlino di minimizzare le conseguenze negative delle sanzioni, il Paese è vittima di una crisi economica evidente e i provvedimenti che hanno colpito molti dei russi più ricchi (i famosi “oligarchi”) stanno contribuendo a ridurre sensibilmente il sostegno di cui Putin ha goduto finora. E’ pur vero che il russo medio quando si sente attaccato dall’esterno riscopre un forte nazionalismo (più nelle campagne che nelle città), ma non è garantito che la sfiducia non possa prevalere.
La speranza americana (e di chi consapevolmente condivide con loro la stessa meta) è che nasca una qualche “rivolta di palazzo” che estrometta Putin e lo sostituisca con altri personaggi più “accomodanti” verso un nuovo status quo tale e quale quello voluto da Oltreoceano. Il (o i) personaggio (i) ideale potrebbe essere un qualcuno a metà strada tra il Gorbaciov, che fece crollare l’Unione Sovietica cercando di riformarla (pur mantenendola “comunista”), e lo Eltsin degli ultimi tempi, talmente debole politicamente da cadere totale vittima del potere economico degli oligarchi di allora. La colpa di Putin dal punto di vista americano non è quella di aver invaso l’Ucraina, bensì di non aver mai accettato che la NATO, cioè gli USA, rimanesse indisturbata la sola potenza in un mondo unipolare. La crescita della Cina e la rinascita del multilateralismo dal punto di vista americano hanno solo peggiorato le cose. Una Russia relativamente forte che avesse potuto stringere rapporti virtuosi con l’Europa avrebbe impedito a Washington di affrontare la Cina da un punto di forza maggiore. Una stretta vicinanza economica tra Mosca e Bruxelles (e soprattutto Berlino) avrebbe potuto trasformarsi in una collaborazione politica che avrebbe potuto diventare un fastidioso terzo incomodo nel crescente confronto con Pechino. Piuttosto di subire questa prospettiva, negli USA si è stati perfino disposti a sopportare un avvicinamento della Russia con i cinesi. E’ chiaro a tutti che il Cremlino ha dovuto, seppur malvolentieri, guardare alla Cina come alleato obbligato, dopo essere stato rifiutato e penalizzato dall’occidente, ma a Mosca esiste la consapevolezza che tra i due, per ovvi motivi economici e di dimensione delle rispettive popolazioni, a guidare sarebbe evidentemente Pechino. Proprio su questa potenziale incompatibilità contano i politologi d’oltreoceano che, così come preferirebbero i russi se lo potessero, auspicano l’attuale vicinanza di Putin e di Xi Jingping come contingente e non strategica. Un’alleanza tra Russia ed Europa invece avrebbe assunto in breve tempo carattere strategico anche se non esplicito e ciò avrebbe implicato la fine dell’egemonia americana sul vecchio continente. Putin deve cadere, dunque, e non importa quanto la guerra dovrà durare e quanti ucraini sacrificheranno la loro vita per ottenere quel risultato.
Di certo nelle guerre e nella politica internazionale le variabili sono sempre così tante che è impossibile fare previsioni sicure. Tuttavia se questa ipotesi si avverasse, quali sarebbero le conseguenze per l’Europa e per il mondo? Possiamo proporre qualche ipotesi.
Supponiamo innanzitutto che Putin e la sua cerchia ristretta si rendano conto che il loro sistema stia per crollare e cerchino di resistere ad ogni costo. E’ possibile in questo caso che a prevalere nel Cremlino siano i falchi e che decidano di giocarsi il tutto per tutto come ultima chance per la loro sopravvivenza. Il risultato sarebbe un’ulteriore accentuazione degli sforzi bellici. Non solo gli obiettivi militari e logistici saranno allora oggetti dei loro bombardamenti ma, nell’intento di dare il colpo di grazia alla resistenza ucraina, lo diventeranno anche le maggiori città del Paese. In questo caso non ci sarebbe da stupirsi se la Nato, invocando i crimini contro l’umanità, aumenti a sua volta l’impegno nella fornitura di armi moderne e letali o addirittura, si muova direttamente. A quel punto a Mosca sarà evidente che l’unica possibilità di evitare la sconfitta totale sarà l’impiego dell’arma atomica. Tutti sappiamo che perfino i topi quando non vedono via d’uscita diventano disposti a tutto e ci sarebbe da stupirsi se i russi, messi in angolo, non giochino tutte le carte in loro possesso. E’ inutile fantasticare, poiché è evidente quali sarebbero le conseguenze per l’intera umanità.
L’altra possibilità, per tutti noi apparentemente migliore, è che non siano i falchi a prevalere al Cremlino, bensì chi già aveva nutrito dubbi in merito alla guerra contro l’Ucraina. Se costoro riuscissero nel loro golpe contro l’attuale dirigenza, Putin verrebbe eliminato (politicamente o fisicamente) e il suo posto sarà preso da gruppi che concorderanno immediatamente la fine delle ostilità, il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino e la ricerca di un nuovo rapporto con l’occidente.
A questo punto potremo aspettarci delle conseguenze, alcune immediate e altre che seguiranno nel corso dei mesi o degli anni:
– il Donbass, e probabilmente anche la Crimea, torneranno sotto la totale sovranità di Kiev.
– l’Ucraina entrerà subito nella NATO e le si apriranno le porte dell’Unione Europea.
– Bruxelles, la Banca Europea e la Banca Mondiale stanzieranno ingenti fondi per la ricostruzione delle infrastrutture ucraine distrutte dai bombardamenti russi e a Mosca sarà richiesto di pagare enormi cifre come indennizzo per i danni causati.
– nonostante le promesse di aiuti (comunque condizionati), la crisi economica che attanaglierà la “nuova” Russia aumenterà il malcontento dei molti e soprattutto delle frange più povere della popolazione.
– nasceranno nuovi gruppi nazionalisti che si sentiranno defraudati e umiliati. Nasceranno anche in Russia, così come esistono in Ucraina, delle formazioni estremiste che non accetteranno senza reagire un sistema “democratico”. Ci saranno disordini continui e il nuovo regime non riuscirà a spegnere tutti i focolai. E’ difficile calcolare su quali e quante armi questi fanatici potranno contare ma è certo che non si limiteranno a manifestazioni pacifiche.
– La Russia non è uno Stato unitario bensì una Federazione. Le spinte separatiste nelle varie Repubbliche, già presenti ai tempi di Eltsin e represse dal regime putiniano (soprattutto nel Caucaso e nella Siberia più ricca), riprenderanno vigore. I vari governi locali saranno “aiutati” in nome della democrazia nelle loro rivendicazioni da ONG occidentali, alcune delle quali finanziate da multinazionali desiderose di poter finalmente mettere le mani sulle enormi ricchezze del sottosuolo russo.
– come successe all’Unione Sovietica, anche la Russia si spezzerà in numerosi staterelli indipendenti, ciascuno dei quali sarà gestito da nuovi oligarchi, magari in combutta con “colleghi” americani, europei o perfino cinesi.
– la Cina non interverrà mai direttamente, ma la già forte presenza di operatori economici cinesi nell’estremo oriente russo consentirà a Pechino di accaparrarsi le zone più ricche di materie prime, indispensabili per nutrire la propria crescita economica e militare.
– è impossibile immaginare, nonostante gli USA faranno di tutto per averne il controllo, chi potrà mantenere la totale autorità sulle armi atomiche disseminate su tutto il territorio dell’attuale Russia. Già alla caduta dell’URSS proliferarono vendite sottobanco di materiali in varia misura radioattivi e il rischio che “bombe” improprie cadano nelle mani di malintenzionati resta sempre enorme.
– l’egemonia americana sul continente europeo uscirà molto rafforzata dalla vittoria ottenuta. Nonostante l’Europa sia quella che avrà pagato di più per le sanzioni inflitte alla Russia e sia preda di una nuova crisi economica, i veri vincitori di questo confronto con la Russia sono e resteranno gli americani.
– l’ingresso dell’Ucraina nella UE andrà a rafforzare il numero di Paesi già membri che (a parte i soldi in arrivo da Bruxelles) sono più attenti alle esigenze americane che a quelle comunitarie e ciò renderà definitivamente impossibile la costruzione di una maggiore unità politica del continente. I partiti sovranisti nei vari Paesi europei acquisiranno nuova linfa.
– a quel punto, il mondo sarà di nuovo bi-polare con la Cina che avrà occupato il posto dell’ex Unione Sovietica e l’Europa che dovrà dire addio a ogni ambizione d’indipendenza.
A questi due possibili scenari credo sia inutile, almeno per ora, aggiungerne altri. Se questo dovesse essere il futuro che ci attende, ognuno valuti, se crede, quale sarà il risultato per ogni Paese dell’attuale Europa.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.