World Food Day 2017. “Cambiare il futuro dell’immigrazione investendo in sicurezza alimentare e sviluppo rurale”

di Vanessa Tomassini –

Il 16 ottobre di ogni anno l’Organizzazione per l’Agricoltura e l’Alimentazione, in inglese Food and agricultural organization da cui l’acronimo Fao, celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione per commemorare la sua fondazione nel 1945. In oltre 150 paesi del mondo si organizzano eventi che lo rendendo uno dei giorni più celebri del calendario delle Nazioni Unite. Tali eventi, a livello mondiale, sono volti alla sensibilizzazione ed alla mobilitazione per chi soffre la fame e per garantire sicurezza alimentare e diete nutrienti per tutti. L’obiettivo di sviluppo sostenibile dell’organizzazione delle Nazioni Unite è quello di raggiungere Fame Zero entro il 2030. Quest’anno l’evento viene celebrato in Italia, a Roma, presso la sede Fao. Durante la cerimonia, il direttore generale, Josè Graziano De Silva, sarà affiancato da un’ospite d’eccezione: Papa Francesco. Inoltre saranno presenti i Ministri dell’Agricoltura dei Paesi del gruppo “G7”. Tradizionalmente, il pontefice partecipa attraverso un messaggio che veniva consegnato durante il World Food Day, ma quest’anno ha deciso di intervenire di persona per chiedere alla comunità internazionale di agire affinché cambi il futuro dell’immigrazione, vera sfida di questo inizio secolo.
La presenza dei ministri dell’Agricoltura, invece, sta a testimoniare lo stretto collegamento tra la sicurezza alimentare, lo sviluppo rurale e l’immigrazione, nell’agenda politica. “Dalla seconda guerra mondiale ad oggi – si legge in un comunicato stampa dell’organizzazione – sempre più persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, a causa di un maggiore conflitto e instabilità politica. Ma la fame, la povertà e un aumento degli eventi climatici estremi legati al cambiamento climatico sono altri fattori importanti che contribuiscono alla sfida della migrazione. Oggi grandi movimenti di persone presentano sfide complesse, che richiedono un’azione globale. Molti immigrati arrivano nei paesi in via di sviluppo, generando tensioni dove le risorse sono già scarse, ma la maggioranza, circa 763 milioni, si sposta all’interno dei propri paesi piuttosto che all’estero. Tre quarti dell’estremo povero basano le loro forze di sostentamento sull’agricoltura o altre attività rurali. Creare condizioni che consentano alle persone rurali, in particolare dei giovani, di rimanere a casa quando si sentono sicuri di farlo e di avere mezzi di sopravvivenza più elevati, è una componente cruciale di qualsiasi piano per affrontare la sfida della migrazione”. Lo sviluppo rurale quindi può affrontare fattori che costringono le persone a migrare, creando opportunità di business e posti di lavoro per i giovani nella filiera alimentare e della produzione agricola, che consentirebbero anche una maggiore sicurezza alimentare, un migliore accesso alla protezione sociale e una riduzione del conflitto sulle risorse naturali, riuscendo a porre così valide soluzioni al degrado ambientale e al cambiamento climatico. Il programma proposto dalla Fao, che da anni lavora con i governi, le agenzie delle Nazioni Unite, il settore privato, la società civile e le comunità locali, sfrutta le potenzialità dei flussi migratori per sostenere lo sviluppo e costruire la resilienza delle comunità sfollate ed ospitanti, “ponendo così la base per il recupero a lungo termine e la crescita inclusiva e sostenibile”. È evidente che l’immigrazione, dovuta anche al gap tra nord e sud del mondo, fa ormai parte del processo di sviluppo, in quanto le economie subiscono trasformazioni strutturali, dovute al fatto che la gente cerca continuamente nuove opportunità di impiego all’interno e nei diversi paesi. La nuova sfida sta nell’ affrontare i fattori strutturali di grandi movimenti di persone per rendere la migrazione sicura, ordinata e regolare, mettendo fine così a morti, sofferenze e contrasti tra culture.