Yemen. 85mila bambini morti di fame. E molti altri a rischio

di C. Alessandro Mauceri

Le conseguenze della guerra fratricida in Yemen continuano a destare stupore e a far rabbrividire, ma non abbastanza da spingere le altre nazioni e le Nazioni Unite a pretendere di sospendere gli scontri.
Dopo i dati sull’epidemia di colera, la peggiore in assoluto a memoria d’uomo, a finire sulle prime pagine dei giornali in questi giorni è il numero dei bambini morti dal 2015 (anno di inizio del conflitto) ad oggi. Secondo Save The Children una “stima prudente” parla di 84.701 bambini morti di fame o malattia legata alla malnutrizione tra aprile 2015 e ottobre 2018. “Abbiamo paura della guerra – dice Souad, mamma del piccolo Nusair di 13 mesi – temiamo di non trovare nulla da mangiare, è sconvolgente. Quando di notte si sentono i bombardamenti, prego Dio di proteggere noi e tutta la nazione”.
Il numero delle vittime potrebbe essere sensibilmente sottostimato dato che nell’ultimo periodo le importazioni di generi alimentari sono state ridotte. Da quando la coalizione guidata dai sauditi ha posto sotto assedio lo Yemen poco più di un anno fa, intensificando il conflitto: basti pensare che, secondo il World Food Programme, sarebbero 14 milioni gli yemeniti a rischio “fame”.
Come sempre a pagare le conseguenze di scelte macroeconomiche, che non hanno nulla a che vedere nè con le libertà e la democrazia nè con la religione, sono i più piccoli. “I bambini che muoiono in questa maniera, soffrono immensamente poiché le funzioni dei loro organi vitali rallentano progressivamente per poi fermarsi. I genitori devono assistere al consumarsi dei loro figli senza poter far nulla”, ha dichiarato Tamer Kirolos, direttore di Save the Children in Yemen.
Nelle scorse settimane in Yemen è arrivato anche l’emissario dell’Onu Martin Griffiths. Il suo tentativo (l’ennesimo) di rilanciare i colloqui e porre fine al conflitto è stato accolto dalle parti che si sono dette pronte a collaborare con lui. Intanto però il paese rischia una carestia di massa. Nell’ultimo periodo le importazioni di cibo, come quelle che arrivano nello Yemen dal porto di Hodeidah, si sono ridotte di oltre 55mila tonnellate al mese, “una quantità di cibo sufficiente per soddisfare i bisogni solo del 16% della popolazione del paese: 4,4 milioni di persone, di cui 2,2 milioni di bambini” ricorda Save the Children.
Nello Yemen (ma la situazione è analoga in molte altre guerre e missioni di “pace” nel mondo), i bambini non muoiono più solo a causa delle bombe e dei proiettili. Lo dicono i numeri: per ogni bambino che muore colpito direttamente durante gli scontri armati, sono dozzine quelli che perdono la vita a causa della fame. Secondo le Nazioni Unite almeno 400mila bambini soffriranno di grave malnutrizione acuta, la forma più letale di fame estrema, nel 2018, 15mila in più rispetto al 2017. E quelli che non moriranno avranno un futuro segnato da gravi malformazioni legate proprio alle carenze alimentari sofferte durante il periodo della guerra.
La guerra nello Yemen, iniziata alla fine di marzo del 2015 con gli aerei dell’Arabia Saudita, sostenuti da una coalizione di altri otto Paesi arabi, che hanno cominciato a bombardare le postazioni dei ribelli sciiti houthi nel sud del Paese, non è stata preceduta da alcuna dichiarazione, nessun preavviso. É da allora, come ha più volte denunciato Amnesty International, che i raid sauditi sostenuti direttamente o indirettamente anche da molti paesi occidentali continuano a scaricare migliaia di bombe in modo indiscriminato anche sulla popolazione. É da allora che la vita in Yemen è diventata impossibile per tutti, ma soprattutto per le fasce più deboli della popolazione: i bambini. L’acqua corrente e l’elettricità scarseggiano, il cibo non si trova, ed il prezzo della farina, quando la si trova, è più che quadruplicato. “I miei figli percorrono ogni notte chilometri per arrivare alle sorgenti. Camminano nel buio per non essere colpiti dai raid”, ha raccontato Mohammed agli inviati delle Nazioni Unite. Il risultato è che oggi la quasi totalità della popolazione yemenita ha bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere.
Sopravvivere a quella che forse passerà alla storia per la più crudele guerra degli ultimi decenni. L’appoggio insufficiente promesso dagli Stati Uniti e dall’Egitto oltre che dai Paesi del Golfo al presidente Abdel Rabbo Monsour Hadi, non è bastato a consentirgli di avere il controllo su tutto il paese né è stato sufficiente per avviare le riforme promesse che forse avrebbero potuto ottenere questo risultato. E dal 2011 gli houthi, appoggiati dall’Iran continuano ad avanzare richieste di autonomia. Una richiesta inizialmente pacifica alla quale l’Arabia Saudita e i suoi alleati (diversi Stati del Golfo, la Giordania, l’Egitto, il Marocco e il Sudan) hanno risposto con i bombardamenti. Alle spalle di questa strage di innocenti non c’è la lotta tra arabi sunniti e l’Iran sciita. In molti dicono che è dai tempi della guerra del Golfo che Riad teme l’espansione dell’Iran, il che spiegherebbe il comportamento di certi paesi occidentali, da sempre vicini all’Arabia Saudita, nei confronti della Repubblica Islamica, e punta a riaffermare la propria leadership nel mondo arabo. Quella che l’Arabia Saudita ha scatenato, definendola. non senza richiamare un’altra guerra dello scorso secolo. la “Tempesta decisiva”, non ha portato a una vittoria rapida.
Quali che siano le giustificazioni addotte (quando mai una guerra è stata giustificabile?), sono altri i veri motivi per cui da anni si fa strage di innocenti in Yemen. Il primo è che questo paese si trova in una posizione strategica: controlla mezzo stretto di Bab el Mandeb, che collega il Mar Rosso con il Golfo di Aden e che è una via di commercio importante, anche per il passaggio del petrolio. E poi la più volte discussa presenza di al-Qaeda in Yemen, forse proprio la divisione più efficiente, ed Obama aveva definito gli attacchi coi droni contro al-Qaeda in Yemen un “modello riuscito” di guerra al terrorismo.
A pagare il prezzo di questa bramosia di conquista e controllo del territorio sono i bambini. Prima con il colera: i casi nella regione di Hodeidah in Yemen si sono aumentati vertiginosamente negli ultimi mesi. In soli tre mesi, secondo Save the Children, il numero dei sospetti casi di colera ha registrato un aumento del 170%, passando da 497 a giugno a 1.342 ad agosto. “La situazione a Hodeidah è insostenibile a causa del conflitto. Sto vedendo arrivare sempre più bambini con sospetto colera”, ha dichiarato Mariam Aldogani, manager di Save the Children a Hodeidah. “La situazione a Hodeidah è diventata insostenibile a causa del conflitto. Vedo sempre più bambini che arrivano con casi sospetti di colera. Ho incontrato una donna, madre di due bambini, che ci ha raccontato che tutta la sua famiglia è stata colpita da diarrea acuta perché non hanno più accesso all’acqua pulita. Bevono tutti da un pozzo aperto e non hanno abbastanza denaro per comprare il gas da cucina necessario a far bollire l’acqua contaminata che raccolgono. Suo marito non riceve lo stipendio dall’anno scorso e sa che sta mettendo a rischio la salute dei suoi figli. Ma cosa può fare quando i bambini piangono perché hanno sete? Quindi bevono e sperano che non accada nulla”.
Il 30% dei casi di colera riguarda bambini di età inferiore ai cinque anni, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Per questo nelle scorse settimane il direttore esecutivo del World Food Programme (WFP), David Beasley, ha descritto la situazione in Yemen come “un disastro”, “la peggior crisi umanitaria del mondo”. Un disastro di cui sono corresponsabili molti paesi del mondo. Responsabili di aver trasformato lo Yemen in un inferno dantesco.
E dopo colera ora è la mancanza di cibo il nuovo tema portante di questo girone infernale che si chiama Yemen. Un inferno in cui decine di migliaia di bambini muoiono senza neanche sapere perché. E senza che nessuno nel mondo pare voler fare realmente qualcosa per fermare questa strage di innocenti.