Yemen. Gli emiratini tradiscono Hadi e i sauditi: lo scopo è spaccare in due il paese

di Mohamed Ben Abdallah

Si è spaccata la coalizione a guida saudita che si oppone nello Yemen ai ribelli houthi, i quali con un golpe nel gennaio 2015 hanno rovesciato il governo di Abd Rabbo Mansour Hadi.
La coalizione, che fino ad oggi non è stata incisiva e che con i raid ha ucciso più civili che militari, provocando tra l’altro carestie ed epidemie di colera, è stata voluta da Riad e fino a poco fa comprendeva, oltre all’Arabia Saudita, l’Egitto, il Sudan, il Qatar, la Giordania, il Marocco, il Bahrain e gli Emirati Arabi Uniti. Un’occasione per “l’Onu araba,” che però si sta dimostrando un disastro.
Il Qatar è stato espulso dalla stessa coalizione lo scorso anno, a causa dei contrasti con le altre monarchie del Golfo e soprattutto la sua alleanza, necessaria per prevenire l’isolamento geografico totale, con l’Iran, paese che sostiene gli houthi, mentre il Sudan è alle prese con i suoi problemi interni che hanno portato alla caduta della trentennale dittatura di Omar al-Bashir.
Tuttavia il colpo di scena è arrivato con il ritiro dalla coalizione degli Emirati Arabi Uniti, una spaccatura fatta passare in silenzio ed addirittura giustificata con un accordo, in realtà dovuta a molteplici e gravi dissidi motivati da una serie di questioni tra le quali la presunta, ma da più parti data come cosa fatta, trattativa sottobanco degli Emirati con l’Iran tenutasi pochi giorni fa a Teheran per dividere in due il paese e consegnare il sud agli Emirati quale zona di influenza, ed il nord agli houthi, che farebbero una nazione indipendente.
La cosa si è vista in modo palese con quanto accaduto in questi giorni ad Aden, città strategica riconquistata agli houthi e trasformata da Hadi in roccaforte del governo riconosciuto dalla comunità internazionale: improvvisamente i militari emiratini sono penetrati nella città portuale, ed hanno eliminato le truppe fedeli a Abd Rabbo Mansour Hadi. Per il presidente riconosciuto Hadi si è trattato di un nuovo colpo di stato, nonché di un tradimento da parte degli Emirati.
Già nelle ultime settimane i militari di Abu Dhabi sono riusciti a conquistare importanti posizioni in diverse parti dello Yemen meridionale per portarle sotto la propria influenza, dalla città portuale di Mukalla ai terminal di petrolio e gas nel governatorato di Shabwa, impadronendosi pure dell’isola yemenita di Socotra, ma sono arrivati fino al confine con il sultanato dell’Oman. In tutte queste zone gli houthi non sono mai arrivati, per cui gli emirati si sarebbero serviti della guerra per arrivare nelle posizioni strategiche che volevano, strappando i territori al governo di Hadi. Inoltre agli Emirati preme avere un determinato rapporto con l’iran, specie in questo momento di crisi con i sabotaggi e i sequestri delle petroliere nello Stretto di Hormuz: dalla politica saudita contro l’Iran i primi ad essere penalizzati sarebbero proprio gli emiratini, i quali hanno la necessità di salvaguardare il commercio petrolifero dello stretto di Hormuz, ma anche nel Golfo di Oman e nel Mar Rosso meridionale, evitando di essere coinvolti direttamente in un conflitto con l’Iran che rientra negli interessi di Riad, ma non nei loro.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dopo che per mesi avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. Gli houthi hanno rovesciato il governo di Abd Rabbo Mansour Hadi.