Yemen. Gli Houthi lanciano ancora missili sull’Arabia Saudita: vacilla la mediazione Onu

di Guido Keller

I ribelli yemeniti Houthi sono tornati ad attaccare con droni “di tipo k2” l’aeroporto di Abha, città turistica saudita posta a 200 chilometri dopo il confine, dopo che solo due giorni fa vi avevano lanciato un missile da crociera, che aveva causato il ferimento di 26 persone. Le autorità saudite al momento non smentiscono ne’ confermano la notizia, mentre il comunicato ufficiale degli insorti riporta che “L’intera flotta saudita è stata bloccata”.
Non si tratta del primo attacco del genere da quando la coalizione della Lega Araba a guida saudita ha preso ad attaccare gli Houthi: il 20 maggio l’emittente saudita al-Arabiya e altri media panarabi hanno riportato che i sistemi di difesa di Riad hanno intercettato due missili balistici provenienti dal territorio yemenita e diretti uno verso la città santa de La Mecca e l’altro contro il porto occidentale di Gedda, sul Mar Rosso; nel marzo dello scorso anno un missile balistico sfuggito al sistema di intercettazione è caduto sulla capitale Ryad, uccidendo una persona, mentre in precedenza missili sono caduti sull’aeroporto della stessa città.
Tali attacchi sono la risposta dei ribelli yemeniti ai raid che i sauditi continuano a compiere sullo Yemen, azioni che spesso hanno più l’effetto collaterali di uccidere civili e persino di distruggere scuole ed ospedali che di centrare obiettivi militari.
Certo è che le trattative tra le parti condotte in Svezia e a Ginevra dall’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Martin Griffiths, a cui hanno preso parte il negoziatore dei ribelli Houthi, Mohammed Abdelsalam, e il ministro degli Esteri del governo yemenita riconosciuto, Khaled al-Yamani, non sembrano essere andate oltre la stretta di mano, se non per la consegna spontanea dei ribelli della città portuale strategica di Hodeida, attraversata da asperrimi scontri.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dietro al quale vi sarebbe l’Iran, che però nega: per mesi i ribelli avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. L’intervento della coalizione a guida saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti, ha permesso la ripresa di una parte dei territori, in particolare del governatorato di Aden, roccaforte del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, mente la capitale e la zona dei principali impianti petroliferi resta saldamente in mano ai ribelli sciiti, che sostenevano l’ex presidente Ali Abdallah Saleh, ucciso da loro stessi dopo che aveva cercato un compromesso con i sauditi.
Nel paese perversa una gravissima crisi umanitaria, con una pandemia di colera, 14 milioni di persone a rischio di morte per fame, un’intera popolazione allo sbando e più civili che ribelli uccisi nei bombardamenti sauditi. Spesso faticano ad arrivare gli aiuti umanitari per i blocchi navali dei sauditi. Oggi l’Unicef ha denunciato che Yemen una donna e 6 neonati muoiono ogni due ore a causa di complicanze durante la gravidanza o il parto: “Dare alla luce un bambino in Yemen – ha spiegato la direttrice Henrietta Fore – può troppo spesso trasformarsi in una tragedia per intere famiglie. Decenni di sottosviluppo e anni di intensi combattimenti hanno lasciato sull’orlo del collasso totale i servizi pubblici essenziali, compresa l’assistenza sanitaria fondamentale per le madri e i bambini”.
In merito all’attacco all’aeroporto saudita la Farnesina ha twittato che “L’Italia condanna l’attacco contro l’aeroporto di Abha che ha causato numerosi feriti fra i civili ed esprime solidarietà all’Arabia Saudita e al suo popolo, confermando pieno sostegno al processo di pace Onu e invitando le parti alla massima moderazione”.