Dubai città più sicura del mondo

“A Dubai la criminalità è ai minimi mondiali, certi personaggi danneggiano solo il buon nome dell’intera comunità italiana - afferma Daniele Pescara spazializzato in company set up - Se pensi di fare il furbo con la legge, a Dubai non ci devi venire”.

Dubai non pullula di criminali, Dubai è una delle città con il livello di criminalità più basso del pianeta. A Dubai c’è il marcio esattamente come c’è a Milano e ovunque, solo che le opportunità sono vere e reali e le insidie sono solo minime eccezioni.
A dirlo è Daniele Pescara, Presidente di FenImprese Dubai (che in Italia conta 23mila imprese iscritte) e fondatore della Daniele Pescara Consultancy, azienda leader specializzata nel company set-up, che conta 24 collaboratori tra Padova e Dubai e un fatturato di oltre 12 milioni di euro.
Qualche giorno fa sul Fatto quotidiano è uscito un servizio che demonizza la metropoli emiratina facendo riferimento ad una l’inchiesta giornalistica internazionale Dubai Unlocked, condotta da 74 partner (quotidiani, televisioni e centri di giornalismo investigativo) di 58 Paesi, nella quale si evince che riciclatori, narcotrafficanti, criminali, truffatori, imprenditori sotto sanzioni, politici corrotti e altri personaggi di interesse pubblico nascondono le loro ricchezze in immobili a Dubai.
Si dice anche che comprare in contanti o utilizzando criptovalute è un gioco da ragazzi. Per l’Italia ha partecipato IrpiMedia, giornale indipendente. Il lavoro coordinato dalla testata finanziaria norvegese E24 e da Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) ha messo sotto la lente oltre 200 proprietari immobiliari considerati di rilevanza pubblica tra indagati, condannati e latitanti nel Paese arabo che sono o sono stati possessori di oltre mille proprietà immobiliari.
Ma non è la verità. Dubai è una delle città con il livello di criminalità più basso del mondo e le sanzioni per chi trasgredisce le leggi sono severissime.
È vero che il valore degli oltre 2.500 immobili posseduti da italiani a Dubai nel 2022 è pari circa a un miliardo di euro e che all’Agenzia delle Entrate ne sono stati dichiarati solo 645, per un valore di 186 milioni di euro. Una differenza che, in parte, è stata sottratta al fisco da evasori fiscali che hanno sfruttato la scarsa trasparenza in materia fiscale, societaria e bancaria di Dubai. Secondo i calcoli condotti da IrpiMedia, il buco è compreso tra i 2,7 e i 5,4 milioni di euro di imposta sugli immobili all’estero, solo nel 2022 e solo a Dubai. Inoltre, all’Agenzia delle Entrate risultano meno di 500 italiani proprietari di un immobile in tutti e sette gli Emirati Arabi Uniti. Dai dati di Dubai Unlocked ne risultano invece almeno 2.022 per uno solo degli emirati, Dubai. Di questi, solamente 175 sono certamente residenti negli Emirati.
“Ma a Dubai la criminalità è ai minimi mondiali, questi personaggi danneggiano solo il buon nome dell’intera comunità italiana – afferma Daniele Pescara – Se pensi di fare il furbo con la legge, a Dubai non ci devi venire”.
Solo pochi mesi fa, l’attenzione era concentrata sulla vicenda di Santanchè e sul misterioso fondo Negma che ha contribuito a salvare le società della ministra. Poi la vicenda di Danilo Coppola, latitante a Dubai. Questi sono solo casi isolati a Dubai, una città sicura, dove la giustizia funziona.
Il dialogo tra Italia e Dubai è più forte che mai. L’Associazione FenImprese Dubai, con la sua rete di esperti, si presenta come il partner di fiducia per gli imprenditori italiani interessati a prendere parte alla crescita nei mercati internazionali nel pieno rispetto delle leggi.
“A Dubai si fa impresa seriamente e rispettando le leggi. – conclude Pescara -. Abbiamo creato il principale network per chi vuole fare impresa all’estero nel pieno rispetto delle leggi, formato da professionisti seri che possono assisterti fianco a fianco”.
“Sulla carta gli Emirati Arabi Uniti rispettano gli standard internazionali per contrastare pratiche fiscali dannose e sullo scambio di informazioni amministrative. Formalmente sono conformi”, ha spiegato a IrpiMedia Chiara Putaturo, advisor a livello europeo Oxfam su disuguaglianze e politiche fiscali.
Pochi mesi fa si è celebrata la nascita di FenImprese Dubai, la prima associazione di categoria degli imprenditori italiani negli Emirati Arabi Uniti. Un evento senza precedenti con oltre cento illustri partecipanti tra imprenditori, avvocati e commercialisti.
L’associazione ha evidenziato l’impegno e la serietà verso le eccellenze italiane, mettendo in risalto le numerose opportunità in un mercato in continua crescita come quello degli Emirati Arabi Uniti.
“L’assenza di efficaci meccanismi per l’estradizione sottolinea il modo in cui Dubai protegga i criminali con grandi patrimoni”, dice John Christensen, esperto di giustizia fiscale ed ex consulente di Jersey, dipendenza della corona britannica con un regime fiscale molto agevolato. “A questo si aggiunge una lista di professionisti, tra cui avvocati, banchieri e agenti immobiliari, che si fanno beffe dei requisiti internazionali per segnalare le transazioni sospette e conoscere le origini del patrimonio dei clienti per cui lavorano”.
“Non è vero, Dubai ha tolleranza zero verso l’inadempienza dagli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio. La città non è un rifugio per criminali e fondi sporchi. È un rifugio per il commercio legale, per grandi lavoratori legittimi che hanno guadagnato ciò che possiedono. Ricordiamoci che esistono i paradisi fiscali, perché in primis esistono inferni fiscali”, afferma Pescara l’imprenditore veneto, che da oltre un decennio si occupa di italiani e non solo, che desiderano trasferire le proprie risorse a Dubai, e svela la trafila di certi imprenditori che, prima di scegliere come loro meta definitiva il Medio Oriente, hanno girato a lungo.
Prima la Svizzera, da sempre baluardo degli italiani che trasferiscono soldi all’estero che però ha perso il suo smalto a seguito della scoperta, nel 2014, di 130.000 titolari di conti correnti svizzeri, presunti evasori fiscali, tra i quali spuntarono anche 7.000 italiani depositari di oltre 6,5 miliardi di euro nella Confederazione Elvetica.
Poi Malta, che però, vicina al gioco d’azzardo, alle associazioni mafiose e al narcotraffico, non ha fatto altro che attrarre a sé la malavita italiana e internazionale.
Per restare in Europa c’è chi ha provato con il Liechtenstein, teatro però delle più catastrofiche chiusure bancarie nazionali dell’ultimo secolo: basti pensare alla fine fatta dalla Lgt, la banca controllata dalla famiglia regnante del Paese, chiusa a seguito delle accuse di celare fondazioni segrete utilizzate come scudo fiscale e di essere strumento per aiutare i grandi possidenti ad evadere le tasse.
Da Panama sono scappati quasi tutti, soprattutto dopo gli scandali del Panama Papers, che ha rivelato una mole gigantesca di denaro dirottata da studi legali internazionali e banche verso il Paese per conto di criminali, leader politici e membri dell’intelligence.
Le Isole Cayman, per molti anni inserite nella blacklist fiscale Ue e che tutt’oggi sono considerati una delle fiscalità agevolate più aggressive al mondo e, pertanto, maggiormente sotto i riflettori internazionali.
Ed ecco perché i Globetrotter del fisco hanno trovato finalmente pace a Dubai, l’Emirato che per eccellenza attira i più oculati ricchi da tutto il mondo. I Paesi del Golfo Persico rappresentano la congiunzione tra mondo occidentale ed orientale: mettono d’accordo tutti.
Con sistemi bancari e strumenti finanziari ad hoc, tutelano la privacy di chi cerca il miglior tasso di opacità finanziaria. Una burocrazia agile e la sicurezza di un territorio dall’economia florida e sempre in crescita.
“Oggi ogni imprenditore che si rispetti possiede più passaporti e più conti correnti: in vari Stati si può acquistare un passaporto e tra i più gettonati troviamo sicuramente Panama, Uruguay, Santo Domingo e Liberia; tuttavia, si può fare tutto in regola ed essere anche più tutelati – continua Pescara -. Dubai sta diventando molto selettiva, ma con i giusti agganci governativi e bancari si può ancora beneficiare dei vantaggi fiscali unici al mondo che da sempre offre”.
Attenzione però, a Dubai la burocrazia è agevolata e il fisco è investor friendly, ma tutte le procedure devono essere portate a termine con professionalità.
Per essere sicuri di affidarsi a chi è esperto del settore, bisogna prediligere un consulente che si occupa solo di company set-up e unicamente a Dubai.
“Ogni giorno ricevo nuovi clienti disperati perché incappati sotto la guida inesperta di personaggi poco affidabili che a basso costo aprono società inutilizzabili per i malcapitati utenti che poi si ritrovano tra le mani solo scatole vuote”, conclude Pescara.