Afghanistan oggi: sicurezza e sviluppo economico. Intervista all’ambasciatore Helena Malikyar

a cura di Giuliano Bifolchi *

L’Afghanistan svolge un ruolo strategico fondamentale sulla scena internazionale, come evidenziato dalla teoria dell’Heartland di Mackinder che sottolinea il ruolo del paese asiatico di hub logistico e punto di interconnessione. Per la sua importanza geopolitica nei secoli passati le potenze straniere hanno tentato di conquistare e controllare il territorio afgano affrontando l’opposizione della popolazione locale e creando rivalità con attori regionali e internazionali.
Nel corso del XIX secolo l’Afghanistan è stato il teatro della competizione tra l’impero zarista e quello britannico dando vita allo scontro politico e diplomatico descritto dal capitano Arthur Conolly come il Grande Gioco. Nel XX secolo il territorio afghano ha visto il fronteggiarsi tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti durante il periodo della Guerra Fredda con Mosca intenta a combattere i mujahidin afghani supportati dalla Casa Bianca durante la Guerra Russo – Afghana (1979 – 1989).
Oggigiorno l’Afghanistan è divenuto il “campo di battaglia” a livello militare, economico, politico-diplomatico di Stati Uniti, Russia e Cina, il cui obiettivo è quello di influenzare le dinamiche locali, controllare un’area geografica connessa con l’intero continente asiatico e ricca di risorse naturali.
Anche se a partire dal 2001, dopo rovesciamento del regime talebano, la NATO Resolute Support Mission ha lottato per stabilizzare il paese, l’Afghanistan è ancora un territorio incerto dove le forze di sicurezza locali combattono quotidianamente i talebani in un conflitto che ha generato pesanti perdite tra la popolazione civile (leggi Taliban attacks increased in Afghanistan in the last quarter of 2019). Vista l’importanza a livello geopolitico e strategico dell’Afghanistan e la necessità di creare stabilità nel paese da parte della comunità internazionale, abbiamo incontrato Helena Malikyar, ambasciatrice dell’Afghanistan in Italia, per discutere questioni relative a sicurezza, stabilità, sviluppo economico e sfide future del paese.

– Sebbene dal 2001 la NATO abbia combattuto una guerra prolungata in Afghanistan, ci sono ancora aree sotto il controllo dei talebani. Qual è lo stato attuale e reale dell’Afghanistan in termini di sicurezza e stabilizzazione? Quanto ancora il governo di Kabul deve lavorare per portare sotto il proprio controllo l’intero territorio afgano?
“La situazione in Afghanistan iniziò a cambiare nel 2008-2009 quando i talebani riemersero dopo essere fuggiti nel 2001 quando le forze della coalizione internazionale a guida Stati Uniti sono venute nel nostro paese. Nel 2001, infatti, i talebani non vennero sconfitti definitivamente, ma trovarono rifugio nel vicino Pakistan da dove si riorganizzarono per perpetrare attacchi.
Quando nel 2014 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama annunciò il piano iniziale per il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, come evidenziato da molti analisti ed esperti del settore, i talebani intensificarono le loro attività vedendo nel disimpegno statunitense un’opportunità per imporsi in Afghanistan in assenza delle forze internazionali.
Vorrei sottolineare come le forze di difesa e sicurezza nazionali afghane hanno svolto un lavoro straordinario nel contrastare sia i talebani che altri gruppi terroristici registrando perdite notevoli nel periodo 2015 – 2016. Credo che nessuno prevedesse che le nostre forze di sicurezza potessero avere un tale successo nel loro compito di lotta al terrorismo.
Quando Donald Trump venne eletto presidente degli Stati Uniti dichiarò di voler rimanere in Afghanistan e vincere la guerra, e così la Casa Bianca intensificò il numero delle operazioni militari spingendo i talebani a cambiare le loro tattiche e a incrementare il livello di violenza attraverso l’organizzazione di attacchi suicidi in luoghi affollati o il tentativo di prendere sotto il proprio controllo i capoluoghi di provincia afghani. Esito di questo acutizzarsi della violenza è stato un aumento del numero delle vittime.
In Afghanistan la sicurezza e la stabilità sono minacciate da diversi attori e fattori: innegabilmente ora ci sono diversi gruppi talebani, gruppi che sono fuoriusciti del movimento originale, che godono del sostegno di attori regionali e sono usati per perpetrare gli interessi stranieri. A questi si deve aggiungere la minaccia rappresentata dallo Stato islamico, in gran parte contenuta, da al-Qaeda e dai gruppi terroristici arabi, pachistani, cinesi, e centroasiatici.
Un altro problema rilevante è la questione della produzione di droga e del narcotraffico da parte di gruppi terroristici per finanziare le loro attività. Ci sono ovviamente stranieri e alcuni influenti afgani che beneficiano anche del redditizio commercio di droga”
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– Crede che l’accordo tra Stati Uniti e Talebani possa portare a un successo duraturo considerando che l’ultimo trimestre del 2019 il numero degli attacchi talebani è aumentato del 17% secondo il rapporto trimestrale pubblicato dall’Ispettore Speciale per la Ricostruzione in Afghanistan (SIGAR)?
“L’idea di un accordo con i talebani fonda le sue radici maggiormente nella polita nazionale statunitense ed ha come riflesso le prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Da quando i negoziati tra Stati Uniti e i talebani sono iniziati il numero di vittime tra i civili (in particolare donne e bambini) è aumentato perché i talebani hanno voluto mettere in mostra la propria forza in modo da poter avere una posizione vantaggiosa nei negoziati.
Non c’è dubbio che tutti gli afghani sono stanchi per più di quattro decenni di guerra e vogliono e hanno bisogno di pace. Ma anche molti afgani che hanno beneficiato di opportunità di istruzione, pari diritti e libertà non vogliono compromettere questi valori per un tenue accordo di pace. L’ormai rieletto presidente Ashraf Ghani ha elaborato un quadro concettuale per un processo di pace nel marzo 2018, ma una pace duratura richiede un approccio multilaterale che prenda in considerazione diversi fattori ed elementi del conflitto. Questo è il motivo per cui quello che inizialmente è stato definito un “accordo di pace” a Doha ha finito per essere un accordo tra Washington e i talebani per consentire un passaggio sicuro ai militari statunitensi durante il loro ritiro.
Un approccio serio che porti la pace in Afghanistan invece dovrebbe considerare ogni aspetto del problema ed evitare la semplificazione. Infatti se si semplifica eccessivamente il problema, la soluzione che si può trovare risulta essere inefficace e non portare a nessuna pacificazione definitiva del conflitto in essere.
È anche vero però che nel testo dell’accordo tra Stati Uniti e i talebani sono riportate alcune misure che possano favorire un dialogo tra la popolazione afghana e i talebani stessi (dialogo “intra-afghano2). In effetti però dovrebbe essere il governo eletto del paese, che è il rappresentante costituzionalmente legittimo dello Stato afghano, a negoziare con i talebani”
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– È innegabile che l’Afghanistan eserciti un ruolo fondamentale nella geopolitica eurasiatica e attiri gli interessi dei principali attori regionali e mondiali. Se la Casa Bianca è direttamente coinvolta nel suo paese sin dal 2001 attraverso la NATO, in che modo Mosca e Pechino hanno cercato di operare all’interno del territorio afghano e collaborare con il suo governo?
“Come ben sapete l’Afghanistan è un paese che ha avuto molti conflitti per decenni a partire dall’invasione dell’URSS. Dopo la sconfitta dell’esercito sovietico da parte dei mujahidin afghani, appoggiati dagli Stati Uniti, l’Afghanistan ha sperimentato una guerra per procura dall’inizio degli anni ’90 che ha coinvolto attori regionali e internazionali. Poiché molte persone erano stanche del conflitto tra i mujahidin, l’ascesa dei talebani fu accolta come una soluzione fino a quando la popolazione locale non scoprì la vera natura del loro governo.
Sfortunatamente questi “ex clienti” delle potenze regionali sono ancora in Afghanistan e negli ultimi due decenni hanno ricevuto aiuti e sostegno da potenze straniere creando così una finestra di opportunità per loro stessi, che li hanno portati all’arricchimento, a monopolizzare il mondo degli affari e influenzare l’arena politica. Se negli ultimi cinque anni questi “ex clienti” hanno iniziato a perdere terreno, dalle ultime elezioni e sin dall’inizio dei colloqui di pace di Doha hanno ripreso vitalità.
Come sapete, esiste una rivalità tra Cina e Russia come potenza dominante in Asia. La Cina è da molto tempo amico e partner del Pakistan e la loro relazione è divenuta sempre più stretta negli ultimi anni a causa del terribile stato dell’economia pakistana e dell’incapacità di Islamabad di pagare i propri debiti internazionali. La Cina in questo caso è venuta in soccorso del Pakistan investendo pesantemente nel paese.
Dal 2001 Pechino ha avuto un ruolo piuttosto neutrale in Afghanistan e durante il primo mandato presidenziale di Ashraf Ghani esisteva una buona cooperazione con la controparte cinese in termini di sicurezza e di lotta contro i gruppi terroristici. Recentemente però la situazione è mutata perché la Cina ha iniziato ad esplorare un ruolo più attivo nel trovare una soluzione per il conflitto afghano visto il bisogno del Pakistan.
Anche la Russia ha svolto un ruolo piuttosto neutro ma positivo in Afghanistan, ma ultimamente è diventata più attiva nell’avere un ruolo nel futuro del nostro paese. Infatti in allineamento con il team di negoziazione degli Stati Uniti, Mosca ha ospitato un gruppo di talebani e politici afghani con lo scopo di creare un dialogo per iniziare a parlare di pace.
Il problema principale dell’Afghanistan è dato dal fatto che le potenze regionali e mondiali hanno sempre avuto obiettivi diversi e talvolta mutevoli che hanno influenzato negativamente il nostro paese e il futuro della nazione”
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– Nel mese di gennaio il ministro italiano della difesa Lorenzo Guerini ha effettuato una visita ufficiale in Afghanistan confermando l’impegno dell’Italia nel sostenere le operazioni della NATO. Quali sono le relazioni tra Italia e Afghanistan in termini di diplomazia e cooperazione?
“Le relazioni diplomatiche tra Afghanistan e Italia sono iniziate ufficialmente nel 1921 e la prima ambasciata afhgana in Italia è stata aperta nel 1923 nello stesso edificio in cui siamo oggi. L’Italia fu la prima potenza occidentale a riconoscere l’indipendenza dell’Afghanistan dagli inglesi nel 1919. La prima tappa di re Amanullah Khan nel suo grande tour europeo nel 1927-28 fu Roma.
Dal 2001 l’Italia, in quanto membro della NATO e dell’Unione Europea ma anche bilateralmente, ha dato un grande sostegno al nostro paese e credo che l’Afghanistan sia il maggiore destinatario di aiuti esteri da parte del governo italiano. Ci sono più di 800 truppe italiane nella provincia di Herat coinvolte nell’addestramento e nella guida delle forze di sicurezza afgane.
Ci sono inoltre anche molte organizzazioni non governative (ONG) italiane in Afghanistan e la più importante è Emergency che ha costruito e gestisce due ospedali di emergenza, principalmente al servizio delle persone ferite dagli attacchi suicidi e dal campo di battaglia.
Allo stesso tempo l’Italia è uno dei paesi che sostiene maggiormente i valori costituzioni afghani, il sistema democratico, la difesa delle donne e delle minoranze e i diritti umani”
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– Quando parliamo di Afghanistan di solito la nostra mente focalizza l’attenzione sulla sicurezza e sui conflitti dimenticando però altri aspetti che riguardano il sistema paese. Ad esempio, può descrivere il processo democratico afghano?
“Il processo democratico è iniziato nuovamente dopo decenni di guerra come un accordo temporaneo nel 2001 per poi essere sancito dalla Costituzione del 2004. Voglio sottolineare il fatto che, sebbene molte persone in Occidente ritengono che il sistema democratico sia iniziato in Afghanistan solo di recente, la Costituzione adottata nel 1963 si basava sugli stessi valori che abbiamo oggi. Questo dimostra che abbiamo nel nostro passato e sistema i valori democratici di pari diritti e libertà come dimostrato dal parlamento eletto e dal potere giudiziario indipendente che abbiamo avuto fino alla metà degli anni ’70.
Inoltre, nel processo democratico si deve tenere conto anche il sistema tribale afghano che si basa sui valori democratici e per molte persone potrebbe essere una sorpresa sapere che anche il re in Afghanistan era considerato solo il primo tra gli uguali. Infatti, pur essendo il leader del paese era vincolato dalle esigenze dei suoi cittadini il cui supporto era fondamentale per legittimare il suo potere. Il meccanismo della Jirga (assemblea locale tradizionale) e della Loya Jirga (grande assemblea nazionale) sono dei mezzi di consultazione tra i leader e cittadini, elementi che indicano come i valori democratici sono sempre stati presenti nel nostro paese e che i cittadini afghani non hanno reali problemi nel comprendere l’essenza della democrazia.
Secondo me il problema principale dell’intervento straniero negli ultimi due decenni è che gli Stati Uniti e i loro alleati si sono concentrati troppo sulla stabilità a spese della giustizia e dello stato di diritto. Tradizionalmente la giustizia, o lo stato di diritto in termini moderni, rappresentano la pietra angolare della legittimità dello stato agli occhi del popolo afghano. La compromissione dello stato di diritto, in particolare durante il primo decennio dell’intervento USA, ha causato la corruzione pandemica, la debolezza delle istituzioni statali e, in effetti, l’ascesa dei talebani.
Ma la società afghana di oggi ha anche fatto un uso molto positivo della finestra di opportunità che si è aperta a loro dal 2001. Abbiamo un numero senza precedenti di nostri figli nelle scuole, una massa critica di giovani afghani con istruzione universitaria, molti in possesso di master in rinomate università mondiali, una notevole massa di donne impegnate in diversi settori del paese, la libertà dei nostri media non ha eguali nella regione e la nostra classe media sta crescendo rapidamente”
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– Parlando di economia, quali sono i settori che attraggono più investimenti diretti esteri (FDIs)? E in termini di logistica e mercato, quali sono le potenzialità dell’Afghanistan?
“Per quanto riguarda lo sviluppo economico, la quantità di denaro che è stata versata in Afghanistan non ha precedenti e sono state costruite molte infrastrutture con aiuti esteri e assistenza tecnica.
Gli investimenti esteri hanno comportato anche molta corruzione e spreco di denaro come documentato da SIGAR che nei suoi rapporti ha evidenziato molto bene come l’aiuto economico degli Stati Uniti è stato ampliamente usato e spesso abusato. Spero che anche altre nazioni esaminino l’efficacia degli aiuti dei loro paesi in Afghanistan. In effetti, l’attuale situazione sottolinea una mancanza di visione coerente e di una stretta collaborazione tra i paesi che ci supportano economicamente. La mancanza di una linea comune ha comportato una riduzione dell’efficacia degli aiuti esteri anche se l’Afghanistan ha fatto molta strada dai tempi dei talebani nella seconda metà degli anni ’90.
È possibile dire che siamo sulla buona strada per lo sviluppo economico e l’autosufficienza. Per raggiungere questo scopo l’attuale governo ha progetti solidi e strategie per allontanarsi gradualmente dall’attuale livello di dipendenza dall’assistenza straniera e diventare sempre più autosufficiente grazie alle risorse naturali presenti nel territorio afghano come gas naturale, minerali preziosi e semipreziosi, marmo, terre rare e metalli. Con una buona pianificazione e una saggia gestione, l’Afghanistan potrà attrarre investimenti internazionali nelle nostre ricchezze minerarie e trarne enormi benefici anche se il settore minerario, come be sappiamo, ha bisogno di tempo per generare dei profitti.
L’agricoltura è alla base dell’economia afghana e con ingenti investimenti in questo settore è possibile sfruttare il suo enorme potenziale. Diversi prodotti agricoli afghani (zafferano, pinoli, liquirizia, ecc.) si stanno facendo strada verso i mercati internazionali ottenendo buoni risultati anche nel mercato interno.
La nostra posizione geografica è anche una risorsa economica. L’attuale governo sta lavorando attivamente per trasformare l’Afghanistan da cortile di guerre per procura regionali nel “bivio dell’Asia” in termini di commercio. Con i sistemi stradali migliorati e l’estensione delle ferrovie con i paesi vicini, il presidente Ghani ha come obiettivo quello di trasformare l’Afghanistan in un hub logistico di transito per il commercio in Asia centrale, meridionale e occidentale”
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* Research Manager ASRIE Analytica / Notizie Geopolitiche.