Ahmadinejad interviene in aula facendosi beffa dei parlamentari e di Khamanei

di Ehsan Soltani –

Si è finalmente presentato in Parlamento ieri, 14 marzo, Mahmoud Ahmadinejad per rispondere alle domande dei deputati iraniani, dopo le continue polemiche che lo hanno interessato, specialmente nei rapporti sempre più complicati con il capo religioso e politico Seyed Ali Khamenei.
Il suo intervento, durato circa un’ora, è stato caratterizzato da un linguaggio scherzoso e poco consono all’occasione, tanto che, una volta lasciato l’aula insieme al suo gruppo, vi sono state vive manifestazioni di protesta dei parlamentari, i quali hanno dichiarato senza mezzi termini di essere stati presi in giro. Addirittura, alle domande che gli venivano rivolte in assemblea, Ahmadinejad rispondeva: ‘venite, vorrei scherzare un po’ con voi: siamo vicini al capodanno, dobbiamo essere felici e festeggiare!”.
Tuttavia fra le parole di derisione o comunque offensive, vi sono alcuni punti che non possono passare inosservati e che mostrano le profonde spaccature ai vertici del potere della repubblica islamica.
In risposta al deputato di Teheran Ali Mottahari, il quale chiedeva chiarimenti in merito all’allontanamento del ministro degli Esteri Manuchehr Mottaki in umiliante, durante una missione in Senegal, il presidente ha risposto che il motivo della sua scelta è stato determinato dal fatto di non essere stato lui ad inviare in Africa il ministro degli Esteri: “Se volete sapere chi è stato ad inviare Mottaki in Senegal – ha affermato – dovete cercare altrove. Se poi vi metteranno in prigione, verremo a visitarvi, ma dovete cercare più in alto”. Evidente l’allusione alla guida suprema, sulla quale Ahmadinejad cerca di scaricare la colpa dei molti problemi che affliggono l’Iran, compreso il licenziamento del ministro degli Esteri di cui è in realtà lui stesso l’autore.
Anche l’allontanamento del ministro dei Servizi segreti, Heidar Moslehi, nomina di competenza di Khamanei, ha visto una dura contrapposizione fra i due, tanto che per arrivare allo scopo, Ahmadinejad si era rinchiuso in casa per 11 giorni, in una sorta di sciopero.
Alla fine del suo intervento il presidente dell’Iran ha detto di non voler scherzare ulteriormente, poiché il governo da lui presieduto “ha cose più importanti da fare che di rispondere all’assemblea parlamentare” e quindi ha lasciato l’aula fra le grida e le proteste dei parlamentari, dei quali non ha evidentemente nessuna o poca considerazione.