Altro che Primavera araba, la fine della Libia di Gheddafi aveva un nome ed un colore: oro blu!

di Ehsan Soltani –

Fin dal 1930 gli italiani avevano cercato il petrolio in Libia, ma furono gli americani ad individuare grandi risorse di oro nero e a produrlo nel paese africano durante gli Anni ’50. Sempre gli americani scoprirono nel 1953 enormi giacimenti di acqua fossile, ovvero di acqua rimasta nel sottosuolo, fra le faglie, per milioni di anni; l’area interessata dalla riserva acquifera è compresa fra l’Egitto, il Ciad, il Sudan e la Libia, paese quest’ultimo che ne detiene la parte principale.
Secondo gli studiosi, il volume complessivo di acqua fossile nell’area è di circa 150.000 km. cubi, ovvero un’estensione grande come la Germania con 100 mt. di profondità e, nonostante il valore che ha ogni goccia d’acqua nel Nordafrica, soltanto negli Anni ’80 se ne è iniziato lo sfruttamento.
Con la nazionalizzazione del petrolio, il colonnello Gheddafi fece entrare in Libia capitali con i quali iniziare lo sfruttamento delle risorse idriche fossili, il cui progetto venne chiamato “Grande fiume artificiale” o “Great Man – Made River”, abbreviato in Gmar.
L’idea era quella di trasportare ogni giorno 6 milioni e mezzo di metri cubi di acqua dalle zone di  Jabal, Kufra e Tazerbo, nel sul del paese, fino a Tripoli, Bengasi, Tobruch e Sirte; per quest’operazione servivano 1.300 pozzi, 4.000 km di tubazioni di un diametro capace di ospitare un camion e basi di pompaggio.
All’inizio sembrava che il progetto sarebbe stato portato a termine entro i 10 anni, con un budget di 30 mld. di dollari, ma si è arrivati poi a 30 anni, con l’impiego della ditta sudcoreana, Dong-Ha, la quale realizzava il progetto dell’americana Brown and Rooth.
L’inaugurazione dell’opera era prevista per il 2012, ma la caduta del Rais e la guerra civile di Libia hanno portato a problemi interni e a cambiamenti degli equilibri politici che hanno fatto ulteriormente slittare l’apertura dei rubinetti.
Diversi analisti geopolitici hanno ritenuto che se si fosse arrivati all’inaugurazione dell’acquedotto, l’influenza della Libia nell’area nordafricana sarebbe cresciuta in modo esponenziale: nessuno avrebbe potuto prevedere l’evolversi del potere con le leve del petrolio e dell’acqua in mano a Gheddafi e sicuramente avrebbe dato filo da torcere all’Europa ed al mondo occidentale.
Perchè Gheddafi, capace di mettersi in vista e di sfruttare la sua immagine, ha trattato con un certo riserbo la questione dell’approvvigionamento idrico?
Va tenuto presente che, forse temendone l’utilizzo come via di fuga, gli aerei della Nato hanno bombardato fin dall’inizio del conflitto l’acquedotto nei punti nevralgici, danni che oggi si stanno riparando grazie ad un contratto con l’Olanda, la quale intende anche portare a termine l’opera; tuttavia la fine del regime libico ha comportato il riaffiorare delle antiche inimicizie tribali: infatti le regioni che sono interessate dall’acquedotto del Grande fiume artificiale minacciano di continuo la secessione dal governo di Tripoli.