Bielorussia. Intervista all’ex ministro Piotr Kuzmich Kravchenko

a cura di Giuliano Bifolchi

La Bielorussia è un paese che sta acquisendo una importanza strategica nello scacchiere euroasiatico, perché attira gli interessi dell’occidente in prospettiva antirussa, mantiene rapporti con Mosca e ha aperto il proprio mercato agli investimenti cinesi che mirano a cementare la Belt and Road Initiative. La Bielorussia di oggi è decisamente differente dal paese sotto il dominio sovietico e dalla neonata repubblica che negli anni ’90, a seguito dell’indipendenza, dovette trovare un proprio percorso economico e posizionamento nell’arena delle relazioni internazionali. Notizie Geopolitiche (in partnership con ASRIE) ha avuto l’opportunità di incontrare Piotr Kuzmich Kravchenko, ministro degli Esteri bielorusso negli anni 1990-1994, diplomatico e membro del mondo accademico bielorusso, ed amante del Bel Paese dove è stato nel 2018 insignito dell’Ordine della Stella d’Italia dal presidente italiano Sergio Mattarella.
Questa intervista è una opportunità di scoprire e rivivere i momenti cruciali e difficili del passaggio tra RSS Bielorussa e Repubblica di Belarus attraverso le parole di chi ha vissuto questo periodo in prima linea e anche di analizzare l’attuale ruolo internazionale bielorusso con uno sguardo ovviamente all’Italia.

– Ripercorrendo la storia del suo paese, può descriverci quelli che sono stati gli ultimi giorni di vita della RSS Bielorussa e le difficoltà iniziali della neonata Repubblica di Bielorussa nel campo delle relazioni internazionali?
“Ho lavorato come ministro per quattro anni dal 1990 al 1994. Fino al 8 dicembre del 1991 il nostro paese aveva tre problemi principali da risolvere. Il primo era che la Bielorussia rappresentava una ‘terra incognita’, perché quando eravamo parte dell’Unione Sovietica nessuno la conosceva. Minsk, ad esempio, veniva nominata come città dell’URSS, però la Bielorussia non era citata nelle carte geografiche, nei codici di leggi internazionali, nei francobolli, e mancava un personaggio o artista bielorusso che potesse promuovere la nostra nazione. Così, quando sono divenuto ministro, scelsi come figure rappresentanti e promotori della Bielorussa Francesco Skorina, primo editore della Bibbia nel ‘500, e Marc Chagall, pittore conosciuto a livello mondiale.
Un altro problema più grave era la mancanza di una vera sovranità, perché la Bielorussa non era riconosciuta completamente nei manuali di diritto internazionale. Sebbene nel 1944 il nostro paese aveva partecipato alla Conferenza di Dumbarton Oaks, e nel 1945 – alla Conferenza di San Francisko dove aveva sottoscritto la Carta delle Nazioni Unite, in realtà eravamo nell’ombra dell’Unione Sovietica. Infatti, durante il periodo sovietico esisteva il ministero degli esteri bielorusso dove lavoravano soltanto 29 persone, ma mancavano accordi bilaterali ed ambasciate all’estero. Fino alla nostra indipendenza la Bielorussa aveva sottoscritto soltanto due accordi con la Bulgaria grazie ai rapporti tra i leader del partito comunista dei rispettivi paesi e con la Slovenia con cui avevamo un gemellaggio.
Il terzo problema principale derivava dal disastro di Chernobyl, perché l’autorità centrale di Mosca non aveva fornito adeguato sostegno finanziario e umanitario lasciandoci soli nell’affrontare problemi come l’assenza delle cure per i bambini e le persone colpite dagli effetti di Chernobyl. Per questo motivo, durante la mia missione diplomatica a New York a capo di un gruppo di lavoro di diplomatici ed esperti di alto livello dell’URSS, SSR Bielorussa e SSR Ucraina, siamo riusciti a far firmare la prima risoluzione dell’ONU che ponesse l’attenzione sul carattere universale di Chernobyl in modo da riunire gli sforzi di tutti i paesi per almeno minimizzare (vista l’impossibilità di eliminare) gli effetti di questa catastrofe. Per quanto riguarda l’aspetto umanitario devo ringraziare lo Stato e il popolo italiano, perché l’Italia è stata il primo paese al mondo che ha accolto e riabilitato i nostri bambini, circa 500 mila, dato superiore a tutti gli altri.
Questi tre problemi, ossia mancanza di riconoscimento internazionale, assenza di sovranità, e le conseguenze di Chernobyl, furono affrontati a seguito dell’8 dicembre quando la Bielorussia iniziò il suo percorso come paese indipendente. Dal dicembre 1991 fino all’agosto 1994 sotto il mio incarico di ministro abbiamo firmato 973 accordi internazionali, sono state aperte più di 30 ambasciate in paesi esteri e sono stati firmati 110 accordi di mutuo riconoscimento con gli stati esteri”.

– Come vede attualmente il posizionamento della Bielorussia nello scacchiere geopolitico euroasiatico? Nello specifico, crede che le “accuse” rivolte al governo di Minsk di essere troppo legato a Mosca stiano perdendo valore negli ultimi tempi se si pensa al tentativo di avvicinamento bielorusso a Bruxelles e all’apertura nei confronti di Pechino e della Belt and Road Initiative oppure il legame russo-bielorusso ha basi storiche, culturali e politico-economico così forti da esserne impossibile il superamento?
“Sembra che attualmente la Bielorussia stia dimostrando la capacità di bilanciare i rapporti tra l’Occidente e l’Est dando però una preferenza a quest’ultimo. Durante la mia carriera politica sono stato uno dei maggiori promotori dell’integrazione bielorussa nell’Unione Europea: il mio sogno, infatti, era che la Bielorussia potesse divenire il 27esimo paese dell’UE entro il 2005/2007. Anche se non sono riuscito a raggiungere questo obiettivo, si può comunque dire che il mio contributo a questo processo sia stato in qualche modo ripagato.
Infatti sotto la mia direzione, comprendendo che il nostro governo da solo non potesse divenire un membro dell’UE, avevo prospettato l’idea di creare insieme a Russia, Ucraina e Kazakistan una sorta di Unione Economia d’Europa Orientale. A seguito della dissoluzione dell’URSS avevamo bisogno di una trasformazione economica insieme alle altre repubbliche dello spazio post-sovietico in modo da creare una nostra economia di mercato in quell’area geografica che oggigiorno vede invece l’esistenza dell’Unione Economica Euroasiatica. Quindi, anche se la mia visione potrebbe essere definita ‘romantica’, alcune delle mie idee e dei miei progetti trovano conferma nella contemporaneità.
Condivido totalmente l’approccio della nostra amministrazione nel diversificare la nostra bilancia commerciale per raggiungere un ideale e bilanciato rapporto con Russia, UE e resto del mondo così da rendere la Bielorussa equidistante ma cooperante con ogni centro di potere politico e economico.
Nel settore umanitario credo che dobbiamo lavorare per essere inseriti all’interno del Consiglio d’Europa.
Voglio sottolineare come già negli anni ’90 la Bielorussa aveva dichiarato il proprio concetto della multi-direzionalità, implementato solo negli anni 2010-2011 fino ai giorni nostri quando, a seguito della Crisi Ucraina, è stato dato vita al processo di Minsk che ci ha fornito maggiormente un carattere internazionale e multidirezionale. Oggigiorno, non attendiamo le indicazioni dalla Russia, ma invece siamo completamente autonomi nella politica estera rispetto a Mosca e infatti non ripetiamo tutte le posizioni del Cremlino come ad esempio quelle su Ossezia, Abkhazia, Crimea e Donbass.
Il nostro principio base nella diplomazia internazionale e nella politica bielorussa dagli anni ’90 fino ad oggi è stato quello della successione. Infatti, il formato di Minsk del 2014 non è stato una iniziativa partita da zero, ma aveva come predecessore il gruppo di Minsk dell’OSCE per la risoluzione del conflitto nel Nagorno-Karabakh. Questo evento è stato il nostro primo passo nella creazione di processi risolutivi a cui è seguito il gruppo sull’Ucraina. Il nostro ruolo, infatti, è quello di mediatore tra le parti. Il diritto internazionale riconosce tre gradi nella mediazione internazionale: attualmente la Bielorussa è nel primo grado, ma l’auspicio è che si possa lavorare per raggiungere il secondo”.

Piotr Kuzmich Kravchenko.

– Nel 2018 è stato insignito dell’Ordine della Stella d’Italia, onorificenza che viene data ai cittadini italiani o stranieri che hanno acquisito particolari meriti nella promozione dei rapporti di amicizia e collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi. Qual è il suo rapporto con il Bel Paese?
“Uno dei miei libri si intitola ‘Le persone scelte dall’eternità’ e il sottotitolo di questo libro è ‘Con l’Italia nel cuore’. Tra gli eroi menzionati in questa opera posso citare Francesco Skorina e Michal Oginski, compositore, diplomatico e insorgente che ha combattuto contro l’impero zarista, i quali hanno entrambi vissuto in Italia. E anche io come loro posso dire che l’Italia è nel mio cuore e la posso considerare come la mia seconda patria.
Negli ultimi anni ho lavorato a quattro progetti il cui obiettivo era la commemorazione di importanti figure storiche bielorusse in Italia. Grazie a questa attività sono riuscito a inaugurare il memoriale di Francesco Skorina nell’Università di Padova dove lo stesso Skorina ha difeso il suo dottorato, il secondo è quello di Oginski nella Basilica di Santa Croce a Firenze dove è sepolto, e il terzo è a Roma nella Basilica di San Clemente in onore dei Santi Cirillo e Metodio che hanno inventato l’alfabeto cirillico. Il quarto progetto a cui sto lavorando è il memoriale nell’Università di Bologna di Nicola Husovski, diplomatico bielorusso, canonico, segretario dell’ambasciatore polacco il vescovo Erasmo Vitellius, il quale ha scritto su richiesta del Papa Leone X il poema in lingua latina Carmen Bisontis (Canto sul bisonte) La scelta della città di Bologna è dovuta al fatto che Husovski insegnò e ottenne il suo dottorato presso l’Alma Mater Studiorum.
Da queste attività si può comprendere il mio operato nella propaganda della cultura bielorussa in Italia. E l’onorificenza ottenuta dal presidente italiano è invece dovuta al mio lavoro di diffusione della cultura italiana nel mio paese. Ho ricercato a lungo in merito agli italiani che avevano vissuto o lavorato in Bielorussia come ad esempio Teofilo Eugenio Boretti, il fondatore della fotografia di paesaggio romantica in Bielorussia, Lituania e Polonia che ha dato la vita al movimento della fotografia romantica riuscendo inoltre nei suoi lavori ad immortalare oggetti e costruzioni bielorussi che nel tempo abbiamo perso e che soltanto grazie alle sue fotografie siamo riusciti a riprodurre”.

– Secondo Lei perché l’Italia dovrebbe interessarsi maggiormente alla Bielorussia e quali potrebbero essere le direttive da seguire per rafforzare i legami diplomatici, politici e commerciali?
“Posso rispondere a questa domanda in modo molto semplice, ma anche con una piccola provocazione. A mio parere, gli italiani dovrebbero scegliere molto più spesso la Bielorussa come partner politico, economico e culturale…”.