Bielorussia. Lukashenko sotto pressione, apre a nuove elezioni

Solo dopo ‘una riforma costituzionale’.

di Guido Keller

Dopo nove giorni di manifestazioni, con piazze affollatissime, violenze, migliaia di arresti e scioperi, il presidente-padrone della Bielorussia Alezander Lukashenko sembra sul punto di cedere, ed ha accettato una nuova consultazione elettorale “ma solo dopo una riforma costituzionale”.
Lukashenko, eletto in modo discutibile con l’80,23% delle preferenze per la sesta volta alla presidenza (vi sono stati seggi con più voti che iscritti), si è inaspettatamente trovato sotto una pressione senza precedenti, mentre dalla sua ha solo lo storico alleato Vladimir Putin, questi più interessato a tenere lontano la Bielorussia dalle mire di Ue e Nato che a sostenere il paese nelle sue difficoltà economiche e politiche.
Alle centinaia di migliaia di oppositori scesi in piazza e alle ventilate sanzioni di Bruxelles si sono aggiunti in questi giorni gli esposti di quasi un migliaio di manifestanti arrestati senza ragione, picchiati duramente e lasciati per giorni senza cibo. Ma soprattutto a pesare per Lukashenko sono gli scioperi in corso in tutto il paese, fino alla magra figura della sua visita di ieri alla fabbrica di trattori di Mink, dove è stato contestato dai lavoratori al grido di “vattene!”, “dimettiti”. In quell’occasione aveva tra l’altro garantito che non vi sarebbero state nuove elezioni, ma già medici e infermieri stavano incrociando le braccia, come pure i dipendenti della Belteleradiocompany, l’azienda che raccoglie le emittenti di Stato. Per alcuni momenti la tv pubblica aveva trasmesso la fredda scena di una stanza con un divano vuoto: era la risposta agli ordini di non trasmettere le immagini della maxi-manifestazione che si stava svolgendo nella capitale e di mandare in onda una fila di bus con manifestanti pro Lukashenko. Fermi anche i lavoratori di diverse aziende cruciali per l’economia del paese, come nel caso della Belaruskali, che produce un quinto dei fertilizzanti a base di potassio del mondo e che rappresenta una delle entrate principali del paese.
Il quotidiano on line Tut.by ha riportato che a fermarsi, nonostante gli inviti a riprendere il lavoro dei dirigenti, sono stati anche i lavoratori di importanti aziende come la Naftan (idrocarburi), la MZKT (veicoli pesanti), la MTZ (trattori) e la BMZ (acciai).
Persino l’ambasciatore bielorusso in Slovacchia si è schierato con chi manifesta e con chi è vittima della repressione.
A scioperare anche gli orchestrali, ma più di tutti hanno pesato quei poliziotti e quegli agenti della sicurezza che si sono tolti la divisa per unirsi alla protesta.
I lavoratori chiedono la fine della repressione, giustizia per coloro che hanno subito violenze, il rilascio dei prigionieri politici, la consegna dei responsabili dei tre morti durante gli scontri ed ovviamente nuove elezioni con nuovi candidati.
La Procura generale ha fatto sapere che la maggior parte dei 6mila fermati delle manifestazioni sono stati liberati, ma ben 76 persone risultano disperse.
Per domani il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha convocato un vertice Ue straordinario sulla crisi, con la Germania, presidente di turno Ue, schierata apertamente per nuove sanzioni.
Resta del tutto imprevedibile la reazione della Russia, e già alcuni media hanno parlato di “uomini verdi” in arrivo su camion senza insegne. La cosa è stata smentita sia da Mosca che da Minsk, ma di certo Putin cercherà di non perdere uno degli ultimi stati cuscinetto per di più parte importante della sua Uee (Unione economica euroasiatica), e magari di ritrovarsi in un nuovo caos ucraino per via di una Nato pronta a mettere la bandierina fin sotto le porte del Cremlino.