Biloslavo: chi ha paura di Joshua Wong

a cura di Gianluca Vivacqua

Intervista a Fausto Biloslavo, giornalista, inviato di guerra e analista: Joshua Wong, leader della Protesta degli ombrelli del 2014, è oggi attivo nelle dimostrazioni che da mesi attraversano Hong Kong per denunciare la graduale erosione dell’autonomia locale e di quel “due Stati, due sistemi” promesso nel 1997, quando l’ex colonia britannica passò alla Cina.

– Fausto Biloslavo, lei che di interpretazione del punto di vista dei poteri autoritari se ne intende, perché Pechino teme così tanto uno studente 23enne?
“Perchè è un simbolo delle rivolte ad Hong Kong. La Cina teme non tanto le manifestazioni per la democrazia ad Hong Konk, ma che si espandano nell’entroterra nelle grandi città cinesi”.

Non ha il ghigno alla Zuckerberg da sbruffoncello impunito, sembra semmai la versione più giovane e con gli occhi a mandorla di un Bill Gates pacifico e distaccato dal mondo. Un nerd dalla precisione implacabile ma sostanzialmente inoffensivo, così apparirebbe al profano. Ma se è possibile che una tigre possa soffrire di miopia, allora il tenero Joshua della Open University di Hong Kong, con studi cristiani alle spalle, il manto venato di giallo e di nero lo tiene nascosto sotto l’epidermide. Non sentite come inesorabile risuona il suo nome?, direbbe il vecchio poeta seduto su una riva del fiume delle Perle. Wong, Wong, Wong: come un rintocco di campane a morto per la Cina.

– Che tipo di leader ribelle è Wong e quale pensa sia stata la sua crescita carismatica dalla Rivoluzione degli ombrelli? E’ più un ideologo o un capo operativo?
“Durante la Rivoluzione degli ombrelli ha avuto anche un ruolo operativo, ma è cresciuto come ideologo e come “portavoce” anche a livello internazionale. Per questo la Cina fa di tutto per non farlo invitare, come è capitato in Italia”.

Bandiera e ambasciatore delle proteste anti-cinesi a Hong Kong, dunque. In questo agevolato di certo dall’età, che ne fa un enfant prodige con pochi uguali nella storia dei leader rivoluzionari. A soli 18 anni “triumviro” della Rivoluzione degli ombrelli per l’ottenimento del suffragio universale insieme ad Alex Chow e Nathan Law, un po’ più grandi di lui (Chow è classe 1990, Law 1993). E ora, all’età che fu fatale al santo patrono degli studenti, capo delle proteste studentesche contro l’odiato emendamento alla legge sulle estradizioni, oltre che leader di un partito da lui fondato, il Demosisto. E se soltanto non gli avessero impedito di partecipare alle amministrative… Ma a proposito di giovani leader che stanno esplodendo…

– Ci fa un parallelo tra Wong, Thunberg e Santori, i tre esponenti di questa strana “primavera mondiale dei leader” sbocciata nel 2019?
“Wong combatte per difendere veramente la democrazia da un sistema politico comunista a partito unico, che ha solo aperto al mercato. Greta farebbe meglio a tornare a scuola e Santori vede pericoli “fascisti” dietro l’angolo, che non ci sono. Ovviamente hanno tutti e tre la libertà di manifestare le proprie idee”.

E aggiungeremmo: Wong alla sua età si è fatto anche una discreta esperienza nelle patrie galere. In genere, se non è invocato da una piazza giustizialista come somma punizione per il leader esecrato, il carcere serve a formarlo, il leader. E a farlo maturare più in fretta”.

Fausto Biloslavo. (Foto: Notizie Geopolitiche).