BRASILE. Giochi mondiali dei popoli indigeni. Ma non mancano le polemiche

di C. Alessandro Mauceri –

indios awaPochi giorni fa a Palmas, in Brasile, si sono conclusi i primi giochi mondiali per i popoli indigeni. All’evento hanno partecipato circa 2mila atleti di 24 gruppi indigeni diversi provenienti da tutto il mondo.
Varie le prove in cui si sono misurati i partecipanti: dal tiro con l’arco, al lancio dell’asta, dal canottaggio alla corsa nella foresta. Sono stati organizzati anche tornei che ricordavano sport antichissimi come il xikunahity, un gioco con la palla che i giocatori possono colpire solo con la testa, un’eredità del gioco più popolare per i popoli centroamericani. Ma durante l’evento che molti hanno considerato più un modo per attirare l’attenzione sul problema dei popoli indigeni che una competizione sportiva, si sono svolte anche sfilate di bellezza. “Non si tratta di un concorso, ma di una maniera di mostrare la bellezza femminile caratteristica di ogni tribù”, ha detto l’organizzatore dei Giochi, Carlos Terena.
E come in tutti gli eventi internazionali che si rispettino non sono mancate le polemiche: un gruppo di aborigeni ha denunciato lo sperpero di denaro per l’organizzazione dei giochi. Soldi che, secondo la loro opinione, avrebbero potuto essere spesi per migliorare le condizioni delle tribù indigene. A protestare è stata anche Narube Werreria, della tribù Karaja, che ha denunciato la strumentalizzazione dell’evento al fine di nascondere la reale situazione in cui vivono molte delle tribù aborigene. Popolazioni che l’espansione della civilizzazione, spinta dagli interessi per lo sfruttamento delle risorse del territorio, è causa di povertà e di discriminazione. “In Brasile le piante di soia sono trattate meglio degli indiani”, ha denunciato Cacique Doran, leader della popolazione Tupi Guarani, gruppo indigeno dell’Amazzonia.
Stando a quanto riportato dal secondo il Consiglio Missionario della Chiesa cattolica per i Popoli Indigeni (Cimi), lo scorso anno sarebbero stati uccisi ben 138 indigeni. La causa di queste morti è stata una sola: la conquista di nuovi territori da sfruttare. Cléber Buzzato, segretario esecutivo della Cimi, ha detto che “Il governo sta cercando di promuovere l’idea che noi celebriamo i popoli indigeni, mentre in realtà entrambi i loro diritti e, talvolta, i loro corpi reali sono sotto attacco”.
L’ultimo caso nei giorni scorsi: un manifestante degli Enawene Nawe, dello stato centro-occidentale del Mato Grosso, è ucciso nel corso di uno scontro con un gruppo di agricoltori e autotrasportatori.