Brexit. May va da Juncker per tentare la quadratura del cerchio

di Elisabetta Corsi

La premier Theresa May ci riprova, ed oggi si è recata a ancora una volta a Bruxelles per tentare di rinegoziare il Backstop. Un nodo questo non ancora risolto a poche settimane dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, con il rischio sempre più forte di una separazione senza accordo. Lo scoglio del confine nord irlandese è costato alla premier britannica la sfiducia al suo piano in gennaio da parte del parlamento, e nelle istituzioni europee non hanno mai dato segno di voler concedere un cambiamento. Il portavoce della Commissione europea ha dichiarato che “L’Unione dei 27 non vuole riaprire l’accordo” e che “Non possiamo accettare nessun limite di tempo per il Backstop o per un accordo di uscita unilaterale”. La May si trova sempre di più sulla “graticola”, ha ottenuto la decima bocciatura ai Comuni su una mozione presentata dal governo per la Brexit, perdendo con 303 voti contrari su 258 a favore. Avrebbe perso a causa dei più fervidi sostenitori della Brexit che hanno rinunciato a votare perché nella mozione veniva esclusa categoricamente un’uscita senza accordo, che molti di loro apprezzerebbero.
Un’uscita senza accordo sarebbe la soluzione peggiore in quanto porterebbe a un danno inimmaginabile all’economia e al lavoro. Theresa May si è recata a Bruxelles per dialogare con Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione, il quale ha già commentato che “siamo nelle mani di Dio”. Anche Jeremy Corbyn ha fatto sapere che si recherà domani a Bruxelles per discutere con Michel Barnier, il negoziatore della Brexit per l’Unione Europea. Il leader dei laburisti vuole portare le proposte del suo partito, incluse l’unione doganale e una collaborazione stretta con il mercato unico, considerati una necessità per evitare di togliere l’accordo dal tavolo delle trattative.
Una parte dei conservatori riunita nel Gruppo di Lavoro per un’alternativa al Backstop ha discusso con Michel Barnier, lunedì, sulla possibilità di trovare un’alternativa e si è pensato al cosiddetto “Malthouse Compromise”, proposto da pro Brexit e contro Brexit, che consisterebbe nell’allungare il periodo di transizione fino al 2021 e proteggere così i diritti dei cittadini comunitari.
La premier si trova sempre di più tra due fuochi: il Parlamento che la boccia in tronco anche all’interno del suo partito quindi non trova un’unità che potrebbe contare qualcosa per appellarsi a Bruxelles, mentre per l’Unione Europea l’accordo va bene così come stipulato e quindi non fare concedere concessioni, in pratica le chiude le porte.
La prossima votazione in parlamento avverrà il 27 febbraio e già ci sarebbe pronta una coalizione di partiti contrari a un’uscita senza accordo che punterebbero a costringere il governo a escludere un “no deal”, oppure a prolungare la data di uscita.